Parla Tina Anselmi

La lotta alla P2? Una lotta per la democrazia!

Intervista a Tina Anselmi
Nuova Politica - La lotta alla P2? Una lotta per la democrazia! pagina 4
Nuova Politica - La lotta alla P2? Una lotta per la democrazia!
«Sono convinta che nella gente comune è radicato il senso della democrazia e a questo popolo politici onesti possono anche chiedere sacrifici per il bene di tutti». «Voi giovani del MGDC avete una grande possibilità tra le mani: nella saldatura con le giovani generazioni sta il futuro della nostra democrazia».

Ore 8.30. Palazzo San Macuto, Roma. Ad un orario così poco «romano» l'on. Tina Anselmi, Presidente della Commissione di inchiesta sulla loggia P2, è solo alle prime prese con un'altra giornata densa di incontri e conferenze, che forse la impegnano più oggi che quando si trattava di preparare gli atti conclusi,; del lavoro della commissione d'inchiesta.

Le richieste di presenza ad un dibattito tra amici di partito o nelle scuole. tra scolaFesche di medie, licei, e perfino elementari, sono moltissime. me le mostra con evidente orgoglio. ed anche credo con legittima preoccupazione, perché se volesse partecipare ad ognuno di quegli incontri. l'anno dovrebbe essere di almeno 24 mesi!

Tanto affetto e tante parole di stima da gente semplice, di ogni colore politico. di tutto il Paese, nascono dallo stile con cui l'On. Anselmi ha assolto al suo compito, «tirando dritto» anche di fronte ad epiteti poco piacevoli per chi crede nella politica come confronto (vedi l'accusa di essere un «ayatollah»!).

 

On. Anselmi, sia Bocca che Scalfaro, commentando un libro che parla della lotta clandestina a Milano, hanno considerato il bilancio politico di chi allora credeva in un mondo di valori nuovi, una delusione. senza appello. Alla luce di questo impegno, lei si ritiene delusa da questi anni di democrazia, sono tanto meno puliti di come se li aspettava da partigiana?

Ho scelto di fare politica non solo per combattere contro il fascismo ed il nazismo, ma anche per rovesciare la tendenza che, negli anni della dittatura non permetteva soprattutto una presenza personale, individuale, nella vita politica. La dittatura è infatti proprio il veto ai singoli a contribuire alle grandi scelte del Paese, e in questo senso il passaggio dalla Resistenza al Partito fu quasi inevitabile, come grande scelta personale, e questa scelta la ritengo ovviamente tuttora valida. In quegli anni per la prima volta scoprimmo l'intreccio tra la vita personale e la politica, intesa come vita comunitaria.

È chiaro che oggi si può aprire un confronto su quanto di quegli ideali, di quelle tensioni, di quelle volontà si è realizzato; come prima cosa credo nel fatto che nonostante tutto oggi la democrazia ha messo salde radici nel paese, determinando un'ampia partecipazione democratica del nostro paese. Di fronte, infatti, anche a fenomeni «forti» come il terrorismo il nostro paese non è stato alla finestra si è confrontato con esso, lo ha fronteggiato, lo ha sconfitto, senza ledere i principi fondamentali della democrazia. Non abbiamo diminuito la libertà nel Paese, né a livello di cultura, né a livello giuridico. La normativa d'emergenza, dovuta a quegli anni tragici non ha leso la cultura democratica del paese che è rimasta intatta in quanto a valori democratici. Ed in questo senso democratico diffuso è il legame con la Resistenza.

Anche la stessa realtà del mondo giovanile, che conosco per i molti dibattiti nelle scuole a cui sono stata chiamata, esprime a mio avviso molte affinità con le generazioni di allora. Quando gli ho letto le lettere dei condannati a morte della Resistenza, ho notato grande interesse e vitalità attorno ad una politica che non era un «giochino da ragionieri», ma una scelta di vita, un rischio affrontato con consapevolezza. E se il mondo politico non recupera questa credibilità morale soprattutto, perderà sempre più limpidezza agli occhi dei giovani.

Dunque è chiaro che ci sono delle pecche in ciò che abbiamo realizzato rispetto a ciò che sognavamo allora, ma il problema di una nuova credibilità della politica non nasce da riforme istituzionali, non solo da quelle almeno, bensì da un modo di far politica diverso che riconcilii le istituzioni con i cittadini.

 

Ecco, stiamo entrando già in un tema che avrà toccato con mano, il rapporto con la gente comune; quale è stato il suo rapporto con la gente comune durante questi mesi, che l'hanno resa così popolare?

Questi che vedi, sono pacchi di lettere, ne giungono anche 40 al giorno, e che mi fa un piacere immenso poter leggere tutte quante, perché ognuna, dal povero come dal ricco dal colto come dal meno colto, esprimono il segno tangibile che il «paese reale» è spesso migliore di come lo immagina la classe dirigente del paese. Dalla letterina del ragazzino della scuola a quella di massoni convinti della loro idea e contrari a Gelli, a quelle di gente sconosciuta di ogni dove, tutte esprimono con chiarezza non solo una stima in termini di emotività, ma la grande capacità di comprendere le ragioni della democrazia da part del popolo italiano. La gente che mi ha critto credo non lo abbia fatto solo per simpatia ma perché ha compreso bene i pericoli che erano insiti nella «Loggia P2». E per questo che sono più che convinta che a questa gente così sensibile alla democrazia politici seri, onesti e preparati potrebbero chiedere impegni e sacrifici per il bene comune. Se cioè si tornasse a scoprire che la politica altro non è che il «bonum humanum simpliciter».

 

Entrando un po' «in casa nostra»: durante il suo lavoro nella commissione d'inchiesta che rapporto c'è stato con il partito? Come ha reagito, dalla segreteria nazionale alla base dei militanti, al suo lavoro?

Debbo dire con chiarezza che sin dall'inizio del mio lavoro ho ricevuto un'ampia delega ed un mandato fiduciario pieno. Non ho mai ricevuto né condizionamenti, né richieste di «chiarimenti». Di questa totale disponibilità ne sono grata alla segreteria, al gruppo parlamentare, al partito nella sua interezza. Ritengo che nella scorsa tornata elettorale i provvedimenti adottati per le candidature siano stati giusti e rispettosi sia delle risultanze del lavoro della commissione di inchiesta, sia del decoro del partito. Il gruppo democristiano ha votato compatto la relazione finale. Mi auguro che la DC ricavi da questi lavori della Commissione le valutazioni attraverso cui, insieme agli altri partiti, con fatti concreti inequivocabili, si possa procedere al disinquinamento dalla «P2» della vita politica italiana. Il futuro di tanto lavoro è nelle mani di tutti coloro che debbono rendere la vita politica e pubblica in genere più trasparente, e in questa opera di pulizia la DC può e deve essere protagonista, per la sua storia, ed i suoi valori di base.

 

Scendendo ancora più nel particolare, il movimento giovanile DC risorto a Maiori dopo qualche anno di silenzio e di sbiadimento, sin dall'inizio ha visto in Lei l'esempio di un modo di fare politica che vorrebbe essere il futuro di questa che è ormai la «quinta generazione»; è consapevole di questa responsabilità?

Io credo che voi vi avviate alla gestione di un momento favorevolissimo ad una ripresa politica seria dei giovani.

Dalle esperienze di cui ti parlavo prima ho la consapevolezza di una nuova realtà giovanile libera finalmente da fanatismi, dal plagio ideologico che troppo spesso, in questi ultimi anni, ha fatto premio sulla ragionevolezza. Mi pare di comprendere nel mondo giovanile una nuova volontà di comprendere, di ricercare il dialogo, matura sotto il punto di vista critico. Con ciò non voglio ovviamente fare del giovanilismo, che i danni di chi lo ha esercitato dal '68 ancora li abbiamo sotto gli occhi! Queste mie idee nascono da fatti: ho avuto dibattiti ed incontri durati ore ed ore più del previsto, e domande concrete, critiche, piene di maturità. Questi giovani però diffidano spesso di tutti i partiti e della milizia politica in genere. Sarà vostro compito spiegare non con sofismi ma con l'esempio di vita che non vi è al mondo esperienza politica senza partiti, ovviamente sani, che concorrano alla formazione delle scelte per tutti. Se voi e il sistema politico in genere, non riuscirete a superare questa diffidenza si apre in inquietante punto interrogativo sul futuro democratico del nostro Paese ed i partiti perciò non devono rinchiudersi, ma anzi aprirsi e cercare di rimuovere le cause di tanta diffidenza. Questo è proprio un punto non contingente, ma fondamentale, per la nostra democrazia: la saldatura con le nuove generazioni è la vera risposta politica del futuro. In questo il MGDC può avere un ruolo importante se sa uscire dagli schemi dei «piccoli burocrati da partitino» per incontrare un mondo giovanile che sa porre con coscienza critica e già per questo democratica, domande difficili, a cui rispondere con onestà, alla luce del sole.

(si ringrazia per la sua disponibilità Marco Frittella, Ufficio stampa Gruppo Parlamentare Dc)

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Giovani dc
Non è mai troppo tardi
Simone Guerrini

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