La riforma del partito
Documento del Centro nazionale del Movimento Giovanile dc sulla Conferenza nazionale del partito
A noi giovani dc pare indispensabile ricondurre l'analisi della crisi della politica attorno al tema della legittimazione della politica stessa. Al di là delle provocazioni di settori forti del mondo economico a noi pare centrale il recupero della dimensione etica della politica: una politica che sappia ordinare gli interessi e sia in grado di non lasciarsi trascinare dai medesimi può avere l'ambizione di interessare la pubblica opinione altrimenti disattenta o stanca di politica politicante.
La definizione in negativo dell'esperienza democristiana come anticomunista non è da tempo più sufficiente a legittimare l'esperienza del nostro partito. Sul terreno laico del confronto sulle strategie del futuro sviluppo che tenga conto delle grandi sfide europee tra sistemi e tra entità sovranazionali, si gioca la credibilità delle proposte politiche. Paradossalmente, il nuovo ruolo del cattolicesimo democratico può essere proprio quello, nel superamento delle opposte opzioni ideologiche, di una preliminare rilettura delle trasformazioni intervenute negli scorsi 40 anni di vita democratica alla luce dei nuovi bisogni di giustizia internazionale e, successivamente, di una visione della modernità in cui trovino spazio valori condivisibili anche laicamente magari, ma dei quali oggi si avverte l'assenza. Perciò, noi riteniamo che occorra una preliminare analisi sull'identità cattolico-democratica, per partecipare, con precisione, alla ricostruzione delle fondamenta etiche dello Stato Italiano oggi fortemente disgregato.
A nostro avviso, alla ricostituzione etica debbono concorrere tre elementi di fondo.
1. Il primo riguarda la consapevolezza dei risultati raggiunti da questo sistema politico che ha saputo allargare gli spazi democratici e l'arco delle forze in grado di essere alternative nel sistema che è riuscito a realizzare obiettivi di crescita economica creando nel contempo equilibri per i deboli, che ha saputo reagire e ancora reagisce a sfide terribili come il terrorismo e la criminalità organizzata. Lo sfascismo di turno è pericoloso e storicamente porta acqua solo al qualunquismo generista ed inconcludente, capace solo di confondere la denuncia di problemi seri e magari reali, con la loro soluzione.
Ma, mentre cresceva la democrazia crescevano le degenerazioni delle istituzioni e si inceppava la rete dei proficui rapporti fra la società che si automizzava ed i partiti chiusi nella morsa degli interessi forti. Così la politica perdeva la sua progettualità anche per la crisi del modello delle coalizioni e la società scopriva la sua autonomia creando anche centri di potere fuori dalle sedi politiche. Sono questi gli anni in cui crescono tra i giovani ma anche tra gli adulti, fenomeni associativi monotematici talvolta anche più maturi ma che sempre reclamano la loro autonomia dalla politica partitica.
Parallelamente notiamo un pericoloso irrigidimento del sistema politico, uno scollamento crescente tra l'esercizio del consenso e le soluzioni del governo della comunità ed una gerontocrazia delle forze politiche incapaci di ricambio o perché mai all'opposizione o perché mai al governo.
2. Un secondo elemento di confronto con cui misurare la Dc italiana è rappresentato dalla trasformazione della percezione della politica da parte della pubblica opinione. Occorre, allora, adeguare i meccanismi della vita di partito alla sete di governo, stabilità, che pare prevalere nell'elettorato.
3. Sarebbe fuori luogo scindere – ed è questa la nostra terza considerazione – le riforme dei partiti e della Dc in modo particolare, con la questione delicata degli assetti istituzionali. La degenerazione ed il fragile equilibrio tra le istituzioni sconvolte da gelide e pericolose folate di vento prive di senso della misura, pongono il tema della praticabilità della politica nel quadro istituzionale italiano. Poiché riteniamo che i partiti, ma non questi partiti, debbano rimanere perno del sistema politico, la nostra opzione sul tema delle riforme elettorali va alle proposte che, garantendo la rappresentatività, stimolino, con correttivi sostanzialmente maggioritari, la formazione delle coalizioni responsabilizzandole. Ma poiché non siamo per soluzioni autoritarie, mentre matura (speriamo non sia già tardi!) la consapevolezza della urgente riforma elettorale, non possiamo rinunciare ad una modifica sostanziale delle regole del gioco dentro i partiti. Noi crediamo che la Dc possa autoriformarsi ma avvertiamo gli adulti del partito che per molti di noi Milano rappresenta un appuntamento finale, una sorta di resa dei conti.
Dobbiamo dimostrare all'esterno contro i minimalisti del cambiamento, ciechi di fronte all'incapacità democristiana di interloquire con la società odierna che sappiamo e vogliamo cambiare, che possiamo rinunciare alle posizioni di difesa e di retroguardia.
Le nostre proposte operative
Sulle proposte operative, il Mgdc immagina tre livelli di intervento ed, in specifico, il livello istituzionale, il livello di regolamentazione legislativa minima della vita politica ed il livello statutario vero e proprio.
1) È necessario, infatti, far seguire all'autoriforma del Partito una riforma delle Istituzioni e della legge elettorale che ricrei effettivamente l'equazione consenso, potere, responsabilità; ogni autoriforma della Dc, che non sia seguita a breve termine da tali modifiche, si rivelerebbe effimera o nella migliore delle ipotesi di scarsa incisività.
2) Al livello istituzionale segue il livello legislativo che stabilisca, in maniera vincolante, per tutti i Partiti e, quindi, non solo per la Dc, le regole democratiche minime affinché i partiti politici rispondano in maniera adeguata al ruolo che la Costituzione repubblicana assegna loro. Le disposizioni di legge sui partiti devono indicare in primo luogo dei criteri minimi di democraticità interna che li rendano più trasparenti ai cittadini. In concreto, va disciplinata, in maniera compiuta, la parte sulle risorse finanziarie a disposizione dei partiti sia essa di provenienza pubblica o privata. Le spese elettorali dei Partiti e, in special modo dei singoli candidati, vanno limitate per legge. Va posto uno specifico divieto alla pubblicità televisiva nelle campagne elettorali dei singoli candidati.
Vanno rese più severe le norme riguardanti l'inelleggibilità per quei cittadini che abbiano riportato condanne o che siano oggetto di inchieste penali per reati contro la Pubblica Arnministrazio-
ne o di stampo mafioso o per quei reati che, in genere, comportano una scarsa affidabilità circa le qualità di buon amministratore della cosa pubblica.
3) Sul piano delle riforme statutarie interne alla Dc va, in primo luogo, dato un giudizio estremamente negativo sul tesseramento. Il tesseramento della Dc, quando non è altro che un elenco di nomi presi a caso dall'elenco telefonico, rappresenta non certo in maniera compiuta il mondo che ad essa fa riferimento. I nostri soci non sono altro che le quote azionarie detenute da una ristretta oligarchia che sta occupando il Partito impedendo ogni effettivo rinnovamento della classe dirigente. La base elettorale interna va riequilibrata a favore degli eletti che, in ogni caso, sono legittimati da un consenso più ampio e più democratico, venendo scelti direttamente dall'elettorato democristiano. Tutto questo non basterebbe, però, se ad eletti ed iscritti non venisse affiancato il ruolo degli esterni alla Dc e che intendono contribuire alla risposta ai bisogni del Paese. Iscritti ed eletti, infatti, da soli non sarebbero sufficienti ad aprire il Partito a quella parte matura e disponibile di una società civile pluralistica quale è quella italiana. Va altresì cambiata radicalmente la struttura del Partito abolendo tutti, o quasi, i dipartimenti e gli uffici sostituendoli con un coordinamento di esperti che sia realmente al servizio dei gruppi consiliari e parlamentari. Tale struttura più agile ma al contempo più qualificata contribuirebbe in maniera più significativa sia a coadiuvare gli organi elettivi del Partito nella loro attività ordinaria sia alla predisposizione del programma elettorale della Dc. Vanno inoltre disciplinati diversamente i rapporti tra Partito e gruppi consiliari e parlamentari. Mentre al Partito deve spettare la formulazione del programma e l'indicazione della eventuale coalizione di governo, ai gruppi consiliari e parlamentari spetterà, a differenza di quanto avviene oggi, l'indicazione sia delle delegazioni governative o di giunta, ivi compreso l'eventuale Presidente o Sindaco, e la designazione di tutti gli uomini di area democristiana da collocare negli organismi di secondo livello o comunque di nomina parlamentare o consiliare. A tale criterio va affiancato anche un regolamento che stabilisca, nella maniera più oggettiva possibile, i titoli e le qualità di questi amministratori. Va introdotta l'incompatibilità tra incarichi di governo e mandato parlamentare per evitare una confusione di ruoli e per modificare l'attuale criterio di selezione oggi tutto basato sul consenso elettorale per spostarlo di più sulle effettive competenze.
Un ultimo richiamo va fatto sulla selezione della rappresentanza parlamentare, regionale, e negli enti locali e sul suo rinnovamento generazionale. Va introdotto un limite rigido al numero di mandati che un eletto può effettuare ai vari livelli non intendendo così mandare a casa qualcuno, ma immaginando che così si possa verificare, con maggior facilità, il ricambio dei ruoli della nostra classe dirigente.
























































