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Nuova Politica - Il segno del comando
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Nuova Politica - Il segno del comando
Ripercorriamo la storia del partito ricordando le figure dei segretari politici.

Sono passati 43 anni dal primo Congresso della rinata Dc – apertosi a Roma il 24 aprile 1946, alla vigilia delle prime elezioni democratiche per la Costituente – e durante questo periodo la Dc ha sempre ricoperto un ruolo di primissimo piano nella vita politica nazionale. Fare un sommario storico di questa esperienza nel breve spazio di un articolo, presenta senz'altro rischi di insufficienza. Per questo motivo quello che presentiamo è solo un tentativo di analisi della presenza della Dc, attraverso il succedersi dei Congressi e delle figure dei segretari.

 

Alcide De Gasperi

Il primo Congresso si svolse a Roma dal 24 al 27 aprile 1946. L'Italia era appena uscita dalla dittatura, dalla guerra fascista e dalla lotta di liberazione. Fondato in un momento in cui l'Italia era ancora divisa, occupata da eserciti stranieri, sconvolta dalla guerra civile, il partito si riunisce per definirsi, stabilire i propri programmi, chiarire i rapporti con gli altri partiti. Si disse giustamente che il primo Congresso fu la Costituente del partito e fu caratterizzato dal problema istituzionale, con in primo piano la questione referendaria per la scelta tra monarchia e repubblica.

Alcide De Gasperi era segretario politico eletto il 31 luglio del 1944 dal Congresso Interregionale di Napoli, cui parteciparono i Delegati delle organizzazioni della Dc delle provincie liberate. Il Congresso si svolge a poco più di un mese dalle elezioni generali del 2 giugno, le prime del dopoguerra. Subito dopo il 2 giugno, De Gasperi gestisce il ruolo speciale della Dc con particolare vigore e con sicura abilità, utilizzando i risultati elettorali per un'operazione tattica di grande rilievo: la presentazione della Dc, che è l'asse portante dello schieramento conservatore, come un partito al centro del panorama politico italiano. Egli guida inoltre il difficile passaggio dei poteri conducendo personalmente le trattative con Umberto di Savoia il quale, dopo l'iniziale accettazione, intende sollevare obiezioni sulla legittimità della vittoria repubblicana. Notevole è il contributo personale del leader della Dc alla risoluzione della crisi senza gravi tensioni.

Attilio Piccioni

Quando si riunì il secondo Congresso, nel novembre 1947, i lavori per la Costituente volgevano al termine: si profilava quindi una nuova battaglia elettorale per la prima legislatura repubblicana, cui sarebbe spettato il compito di organizzare il nuovo assetto istituzionale e di impostare la ricostruzione del paese. Il secondo Congresso impostò la battaglia politica per le elezioni del 18 aprile sul terreno della difesa dello Stato democratico, in armonia con il dettato costituzionale. Anche dopo il referendum istituzionale era stato attuato il tripartito per consentire la riprova sperimentale delle effettive possibilità di governo con il Pci ed il Psi.

Attilio Piccioni che era stato eletto segretario politico il 22 settembre 1946, nella sua relazione conferma il fallimento del tripartito, non essendo un vero tripartito, in quanto «Pci e Psi se non una vera identità costituivano un blocco compatto in seno al Governo». Dalle elezioni politiche del 18 aprile scaturirono alcuni fatti di determinante portata politica: il successo della Dc, la fine del fronte popolare, la riduzione del Blocco nazionale. Ed è proprio movendo dalla valutazione e dall'analisi del risultato elettorale delle elezioni del 1948, che durante il terzo Congresso, svoltosi a Venezia dal 2 al 5 giugno 1949, il dibattito si trasforma in riflessione sulla natura del partito e sui rapporti tra partito e governo. Di particolare interesse la tesi sostenuta da Giuseppe Cappi, segretario di partito da quando Piccioni è vicepresidente del consiglio, e da Piccioni stesso, secondo i quali le elezioni del 1948 avevano visto le forze democratiche italiane a fianco della Dc per la difesa dell'ordine democratico. La presenza di un partito della forza e del dinamismo del Pci esigeva dalla Dc una strategia di larga convergenza democratica, al fine di mantenere i risultati elettorali.

Guido Gonella

Dopo la vittoria democratica del '48, le amministrative del '51 avevano rilevato nell'elettorato una tendenza alla flessione e al frazionamento. La nuova situazione rimetteva in discussione, con l'avvicinarsi delle politiche del '53, gli schemi in base ai quali poté essere conseguita la vittoria del 18 aprile. Era riapparsa sulla scena italiana, sotto la sigla Msi, una formazione di carattere neofascista, mentre nel sud il !aurismo dava espressione politica alle vecchie consorterie monarchiche. Il Congresso del 1952 fu caratterizzato dal problema della collaborazione tra i partiti democratici e da quello del consolidamento delle istituzioni democratiche, da effettuarsi attraverso un Governo stabile che risolvesse le questioni più assillanti.

La ricostruzione economica e politica della democrazia aveva percorso un lungo cammino. Era tuttavia chiaro che per incidere con maggiore efficacia nei settori economici e sociali occorreva uno Stato forte, capace di far fronte ad ogni ostacolo. Ecco quindi gli interrogativi che furono oggetto del IV Congresso, svoltosi a Roma nel novembre del 1952, e che furono trattati nella relazione del segretario politico Guido Gonella: conciliare il concetto di Stato forte con quello di democrazia. La fase sociale della coalizione centrista trova una conferma nell'ingresso dei dossettiani alla Direzione del partito, avvenuto nell'aprile 1950

quando Guido Gonella viene chiamato alla guida del partito con Dossetti come vice segretario, con l'incarico di coordinare l'attività dei gruppi parlamentari: un incarico di rilevante importanza nel momento in cui la politica riformista avrebbe impegnato le aule parlamentari. Ma il tentativo di riforma incontrò notevoli ostilità, proprio quando si accresceva la preoccupazione per la situazione internazionale a causa della guerra di Corea.

Alcide De Gasperi

Il quinto Congresso Dc (giugno 1954) è l'ultimo dell'età Degasperiana. Per la prima volta il leader trentino si presentò ad un Congresso in qualità di segretario politico, e non di presidente del consiglio. Nella sua relazione De Gasperi non assunse il centro democratico come formula immutabile per il consolidamento delle istituzioni, insistendo che il partito doveva essere espressione della società nazionale nel suo insieme.

Amintore Fanfani

La scelta di Trento per il sesto Congresso fu fatta in onore di De Gasperi. I problemi della Dc furono discussi sulla base della relazione del segretario politico Amintore Fanfani, che era stato eletto il 16 luglio 1954. I gravi avvenimenti internazionali ed in modo particolare la primavera polacca e la rivolta ungherese avevano influito notevolmente sulla politica interna del nostro Paese, dal momento che tali eventi riproponevano all'attenzione i rapporti tra socialisti e comunisti e davano una svolta nuova al dialogo per l'unificazione tra le tendenze socialiste e alla prospettiva dell'apertura a sinistra.

Per la Dc il periodo tra il V e il VI Congresso era stato difficile. Scartata l'ipotesi di nuove elezioni a breve distanza dal giugno '53, i governi Scelba e Segni si erano trovati a poter contare solo su esigui margini di maggioranza in Parlamento. Tuttavia il bilancio dell'azione governativa era positivo. Nella sua relazione al Congresso, Forlani mise in risalto i problemi posti dalla seconda rivoluzione industriale. Nel dibattito che ne seguì fu evidenziata la necessità del superamento dei metodi propri della prassi dello Stato liberale per l'attuazione del programma politico della Dc.

Aldo Moro

Nel marzo del '59, in una sessione del consiglio nazionale era stato eletto segretario Aldo Moro. Il settimo Congresso, che era stato fissato per il dicembre 1958, si svolse invece nell'ottobre del '59, a pochi mesi di distanza dalla caduta del governo bipartitico Fanfani (conseguenza di una nuova scissione all'interno del Psdi) e dalle dimissioni dello stesso Fanfani da segretario politico.

Il Congresso di Firenze costituì un momento di grande rilievo nella vita interna del partito. Nella sua relazione Moro, traendo le conclusioni dell'ampio dibattito svoltosi nel Paese negli ultimi due anni, indicò nel centro-sinistra la nuova scelta strategica della Dc.

Firenze chiuse quindi il periodo delle alleanze di centro ed aprì nuove prospettive alla democrazia italiana. La formula del centrosinistra si concretizzò nel difficile incontro tra Dc e Psi, un rapporto che aggravò col persistere degli storici squilibri economici esistenti nel Paese.

Nel momento in cui si apriva l'ottavo Congresso era in corso l'esperimento delle giunte amministrative del centro-sinistra. Al consiglio nazionale del febbraio del '61, l'on. Moro dichiarò che le giunte di centro-sinistra avevano carattere di sperimentazione e che era opportuno «saggiare... la possibilità di allargamento dell'area democratica sul terreno amministrativo» come «il più adatto a tentare la differenza tra i due partiti e l'isolamento del Pci».

Si delineava inoltre la possibilità di formare un Governo tripartito, appoggiato dall'esterno dal Psi. Uno dei tratti caratterizzanti il dibattito fu la riflessione intorno a quelle che Moro chiamò «Le caratteristiche proprie della Dc», suggerita dagli avvenimenti del mondo cattolico sotto il Pontificato di Giovanni XXIII.

La Dc aveva saputo fronteggiare il contraccolpo dell'apertura a sinistra nelle elezioni politiche della primavera del '63. Nel '64 il I Governo Moro era caduto per il voto negativo del Parlamento sul bilancio della pubblica istruzione, alla. crisi era seguita la formazione del Il Governo Moro. Era inevitabile che in una simile situazione riprendesse vigore la polemica contro la linea politica del centro-sinistra.

Mariano Rumor

Il IX Congresso si aprì proprio al1'indomani della formazione del Il Governo Moro, quando ormai la partecipazione del Psi al Governo era un dato di fatto.

La relazione si svolse sulla base dell'intervento di Mariano Rumor, succeduto a Moro alla Segreteria. Rumor, oltre che come segretario si presentò al Congresso come leader della corrente «Impegno democratico», nata dall'unione di diverse correnti interne al partito. Il Congresso si concluse con la riaffermazione della volontà di proseguire nella linea di centrosinistra, che era stata accettata dalla maggioranza del Partito. Fu inoltre·riaffermata la chiusura al Pci e l'impossibilità di una collaborazione tra comunisti e cattolici. Al X Congresso fu nuovamente confermata la necessità della coalizione di centro-sinistra ed il dibattito riguardò i metodi per renderla più efficace, al fine di risolvere i problemi più urgenti quali la scuola, il Mezzogiorno e le Regioni. Infine il Congresso confermò la linea politica della segreteria e del Governo Moro, permettendo al partito di affrontare le elezioni dell'anno seguente.

Flaminio Piccoli

I risultati elettorali del 19 maggio furono favorevoli alla Dc, ma non al partito socialista unificato, che subì la perdita di più di un quarto dei voti ottenuti dai due partiti socialisti nel '63.

Alle elezioni seguì il disimpegno dei socialisti alla coalizione di centro-sinistra.

Nel gennaio '69 il consiglio nazionale aveva eletto Flaminio Piccoli segretario politico.

Al Congresso della Dc del giugno del '69, l'undicesimo, Piccoli nella sua relazione introduttiva analizzò la situazione del centro-sinistra, che aveva permesso l'avanzamento del sistema politico italiano, allontanando il pericolo di un fronte popolare, anche se «l'allargamento dell'area democratica si è realizzato a livello governativo e parlamentare e non compiutamente a livello della società».

Arnaldo Forlani

Al consiglio nazionale della Dc del 28 marzo 1972, il segretario politico Arnaldo Forlani stabilì il programma della Dc in vista della campagna elettorale: la netta contrapposizione al Pci e al Msi, evidenziando i limiti di entrambi i partiti.

Forlani, facendo riferimento agli ex alleati di Governo, sottolineò che la collaborazione al Governo con il Pri era entrata in crisi, mentre diede atto ai socialdemocratici di coerenza e di rispetto della solidarietà democratica. Indicò infine nel Pci un sicuro alleato per il futuro equilibrio politico del Paese. Nel giugno 1973 si tenne il dodicesimo Congresso: il centrosinistra si trovava in una situazione di crisi. Uno dei temi di questo congresso, come era stato per l'undicesimo, fu l'analisi del rapporto con i socialisti e la possibilità di recuperare il consenso di più ampi strati popolari.

Amintore Fanfani

Nella relazione del segretario politico Forlani, come negli interventi dei delegati, viene dato ampio spazio al dibattito sull'identità del partito e sull'importanza dell'ispirazione cristiana.

La conferma di tale importanza viene anche dalla grande maggioranza delle diverse tendenze del partito come anche risulta dalla relazione di Forlani e dall'intervento di Fanfani, che sarà eletto segretario politico dal nuovo consiglio nazionale e dall'intervento Moro, dopo che Forlani aveva dichiarato la propria intenzione di non ripresentare il proprio nome. Il periodo che segue è caratterizzato dal trauma del referendum sul divorzio e dal distacco delle correnti di sinistra.

Fallisce il tentativo di Fanfani e del Senatore Spagnolli di ricostruire il centro-sinistra.

Le amministrative del 15 giugno '75 rendono ancora più difficoltoso il progetto dc. Deciso spostamento a sinistra dell'elettorato; Fanfani osserva che è stata cancellata «la lieve ammissibilità di formule centriste palesata dal voto politico del 1972 e che non è più possibile un ipotetico incontro bipartito tra la Dc e il Psi; è invece da ricercarsi «un nuovo incontro tra le forze democratiche».

Le sinistre dc in questo modo mettono in discussione la Segreteria Fanfani e chiedono un profondo cambiamento di linea politica.

Benigno Zaccagnini

Il consiglio nazionale apertosi il 19 luglio '75, non approva la relazione di Fanfani che si dimette. La reggenza provvisoria (5 giorni) passa a Franca Falcucci. Dopo una difficile ricerca di un nuovo equilibrio politico, il 26 luglio 1975 Benigno Zaccagnini viene eletto segretario. Per dare un più preciso significato politico alla sua elezione, Zaccagnini incarica Selci, Bodrato e Galloni di collaborare con la Segreteria politica in questa fase critica della storia del nostro Paese, caratterizzata da gravissimi problemi di ordine pubblico e di crisi economica. L'Europa Comunitaria attraversa una crisi involutiva che colpisce le istituzioni e turba la solidarietà tra i 9 Paesi membri, favorendo il prevalere di visioni egoistiche nazionali. Zaccagnini, riferendosi all'intuizione sturziana, ribadisce che «la Dc è un partito di cattolici che rappresenta quei cittadini cattolici o no che ne accettano il programma politico e la sostengono con il loro suffragio».

La Segreteria Zaccagnini vive uno dei periodi più difficili della storia del nostro Paese: il nuovo rapporto tra Dc e Pci; lo sforzo di uscire – da parte della Dc – dall'isolamento creatole nel 1976; i cambiamenti nel Psi e vari mobilissimi suoi atteggiamenti; le impennate e le indecisioni del Pri e del Psdi; la crisi del Pii; la rottura della destra; il rapimento e la tragedia di Moro e della sua scorta; il terrorismo; gli avvenimenti nel mondo della Chiesa; morte di Paolo VI, di Giovanni Paolo I, elezione al Pontificato di Giovanni Paolo Il; le dimissioni da capo dello Stato del sen. Giovanni Leone; tutti grandi fatti che segnano limiti di un importante e drammatico periodo storico.

Sollecitata a fornire indicazioni di fermezza e di chiarezza, quali la situazione richiedeva alla responsabilità del partito di maggioranza relativa e a rispondere esaurientemente alle proposte degli altri partiti per contribuire essa stessa ad una chiarificazione politica che sarebbe stato grave errore rimandare, la Dc giunse il 15 febbraio 1980 al XIV Congresso nazionale. Dopo Aldo Moro, il mondo cattolico piangeva Vittorio Bachelet, vice presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, ucciso dalle Br alla vigilia congressuale.

Flaminio Piccoli

Zaccagnini, che venne al Congresso confermando la decisione di non voler ripresentare la candidatura alla guida del partito si fece interprete del profondo turbamento che agitava le coscienze e lasciò, nella sua lunga relazione, una specie di «testamento spirituale» ai democristiani. Era l'indicazione di una possibile frase nuova della politica italiana che fece a lungo discutere il Congresso. Alla relazione del segretario uscente seguì infatti una lunga serie di interventi, mentre l'atmosfera cresceva di tono per un'iniziativa tendente a riportare in sede di consiglio nazionale, l'elezione del segretario politico. La proposta veniva accolta con una maggioranza del 65%. Il dibattito si sviluppava intanto sempre acceso, mentre, dietro le quinte si svolgeva intensa la trattativa pèr la soluzione unitaria che compendiasse in un unico documento politico da presentare al voto del Congresso le linee delle varie liste presentate. Particolarmente attivo Donat Cattin, promotore di un'iniziativa che proponeva di collegare le mozioni di ciascun gruppo nell'accettazione di un unico «preambolo». Il documento non venne però accettato dagli amici di Zaccagnini e da quelli di Andreotti. Il Congresso si concluse il 20 febbraio con le votazioni: il «preambolo» ottenne il 58% dei suffragi dei delegati. Il 5 marzo successivo si riunì il consiglio nazionale e Flaminio Piccoli, doroteo, venne eletto con 100 voti favorevoli e 75 schede bianche: quelle degli «zaccagniniani» e degli «andreottiani». Quando all'alba del 21 febbraio 1980, dopo 6 giorni di acceso dibattito, si spegnevano i riflettori sul XIV Congresso della Dc, il nuovo gruppo dirigente non immaginava certo le difficoltà che di lì a poco avrebbe incontrato. La Dc vive così uno dei periodi più tormentati della sua storia: ben tre crisi di Governo, due importanti tornate amministrative, il voto sui referendum, la strage di Bologna, il terremoto in Catania e Basilicata, l'attentato al Papa, lo scandalo della P2, l'ingresso a Palazzo Chigi di un Presidente laico. Il tutto sullo sfondo di una crisi economi-

ca dalle proporzioni sempre più drammatiche e di una recrudescenza del terrorismo che con i sequestri di D'Urso, Cirillo e Dozier, le uccisioni di Walter Tobagi e Taliercio, il sacrificio di numerosi tutori dell'ordine e di alcuni valorosi magistrati tocca punti assai preoccupanti. Si apre con il 1981 un capitolo nuovo per il partito: quello legato alla necessità di un suo rilancio attraverso un concreto rinnovamento di tutto il partito. Era questo, del resto, il presupposto sul quale, «preambolo» da un lato, sinistra dc e Andreotti dall'altra, erano riusciti a superare le divisioni congressuali dell'anno precedente.

Le modalità di un tale rinnovamento vennero affidate ad una conferenza nazionale che si svolse a Roma il 2 e il 3 aprile, in concomitanza con le celebrazioni per il centenario della nascita di De Gasperi. Nei mesi successivi però il quadro politico si segnalava per un'animata vigilia del voto sui referendum, in particolar modo di quelli sull'aborto; per lo scandalo della P2 che coinvolse improvvisamente esponenti del mondo politico, militare, giuridico, economico, giornalistico; per le dimissioni di Forlani con la successiva costi-

tuzione del primo governo a guida laica retto da Spadolini. Ciò che soprattutto preoccupava la dirigenza democristiana era la spaccatura determinatasi durante i giorni del XIV Congresso. Nella prospettiva del rinnovamento e della ricomposizione interna il periodo 80-82 segna due anni di confronto e di grande tensione.

Ciriaco De Mita

Il 4 luglio venne diffuso un documento firmato da una quarantina di deputati e senatori appartenenti a quasi tutte le componenti tramite cui era richiesto il dimissionamento degli organismi direttivi e la convocazione di un'assemblea straordinaria per fare emergere una classe dirigente nuova. Preceduto da una grande assemblea nazionale tenutasi a Roma alla fine dell'81, il XV Congresso Dc registrò due grandi novità: l'elezione diretta del segretario politico e la partecipazione attiva del mondo esterno alla Dc, aspetto questo totalmente nuovo e destinato a creare all'interno della Dc un serrato dibattito. Il XV Congresso si è caratterizzato per la volontà di cccambiare pagina» che animava i delegati, e per la piattaforma programmatica dell'unico candidato presentatosi prima dell'inizio dei lavori congressuali, Ciriaco De Mita, che venne eletto da una Dc che intendeva rinnovarsi, cambiare le vecchie logiche interne di partito, affrontare con maggiore determinazione i rapporti con le altre forze politiche specie con un Psi «grintoso». La politica demitiana iniziata 7 anni fa, avrebbe consentito di superare l'appiattimento del partito nel quale fu abbandonato nel 1980, dopo che fu posto fine alla Segreteria Zaccagnini. Furono anni di arretramento durante i quali la Dc sperimentò un periodo negativo. 'Il successo di De Mita non fu un fatto immediato e scontato; il nuovo segretario dovette, difatti, farsi carico del pesante insuccesso dopo le elezioni politiche dell'83: una sconfitta comunque che non riuscì a smantallare le nuove basi politiche che il partito aveva già saputo porre. De Mita fu al centro di pesanti dispute fra coloro che sostenevano la sua fine politica e coloro che affermavano la validità della sua condotta. Due successivi Congressi nazionali; quello del 1984 e del 1986, sancirono la vittoria di De Mita, l'affermazione della sua piena legittimità alla guida del partito e una nuova immagine della Dc capace di dare nuove risposte alle attese della collettività. Risposte, comunque, che sembrano essere ancora in attesa di una definizione completa quel disegno complessivo che non si è ancora esaurito.

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