40 anni di manifesti della SPES
La storia della SPES, attraverso le immagini di quarant'anni, diventa in qualche modo un grandangolo della storia della comunicazione politica tra il maggiore partito italiano e la gente, ma anche uno squarcio di quarant'anni di democrazia nel nostro Paese, garantita per così larga parte dalle scelte e dai valori della tradizione democratico-cristiana.
Questa rassegna, che presenta una selezione di oltre duecento manifesti sui circa 1.100 prodotti della SPES dal 1946 ad oggi e conservati a palazzo Sturzo spesso solo per personale iniziativa dei funzionari centrali, è certamente un omaggio ai «primi quarant'anni della nostra vita» – per usare le parole di Giulio Andreotti – ma vuol essere anche un documento, sia pure necessariamente parziale, che testimoni la continuità di una presenza della Democrazia Cristiana nella comunicazione politica, da non lasciar cadere o affidare alla precarietà della testimonianza orale e del ricordo personale.
La trasformazione profonda che hanno subito le comunicazioni in questo quarantennio non è riuscita a decretare la morte del manifesto pur riducendone l'importanza in relazione ad altri strumenti più sofisticati e penetranti. Si sono raffinate le tecniche grafiche, si ricorre all'«affiche» in sinergia con altri media, si modulano la linea e la simbologia prescelte in più varianti, si utilizzano tecniche di affissione organiche e amplificate, ma il manifesto non tramonta. Soprattutto – e qui è la differenza con il messaggio pubblicitario commerciale – non tramonta laddove la sua presenza sui muri si carica di altri significati simbolici: la volontà di confermare una presenza e una identità politica; la sottolineatura di una proposta o di una posizione politica specifica; la dimostrazione della propria forza e militanza (dove l'affissione personale diventa parte integrante del messaggio); la discussione comunitaria che precede e accompagna la creazione di un'immagine o di uno slogan.
Di qui una necessaria considerazione: la scelta della linea comunicazionale e della sua forma, discende direttamente dalla identità di un partito (reale o presunta dagli elaboratori della propaganda), dalla individuazione dei destinatari prescelti, dalla priorità delle questioni cui si vuol dare risposta, dai contenuti essenziali della propria filosofia (o ideologia) politica che si vogliono ribadire, dalla percezione complessiva del clima politico e dell'aspettativa sociale in cui quella comunicazione si colloca.
In un certo senso, dunque, possiamo dire ai tanti detrattori dell'immagine democristiana che proprio la sua centralità nello scenario della democrazia italiana la sua indiscutibile natura popolare, la «domesticità» del suo linguaggio con la gente, hanno reso possibile la fiducia di così larga parte del popolo italiano, che alla confezione dei prodotti guarda, forse, ma bada soprattutto al contenuto.










































