Un partito più trasparente
Lo sviluppo e l'occupazione si svolgeranno da qui in avanti secondo tendenze completamente differenti dall'esperienza del passato: non sono soltanto la centralità della classe operaia o l'avanzata dei ceti medi e del terziario a caratterizzare il presente ma il tipo di attività lavorativa, la qualità e la modalità del lavoro, le tipologie professionali nuove e soprattutto la flessibilità, la mutevolezza e la nuova dinamicità del mercato del lavoro.
Ai giovani di oggi-e di domani si presenteranno tante e diverse occupazioni nell'arco della loro vita e le conoscenze necessarie dovranno essere continuamente aggiornate: le distinzioni antiche, non soltanto fra cultura tecnologicà e scientifica e cultura umanistica, ma anche quelle fra lavoro intellettuale e lavoro manuale, sono superate, da un profilo nuovo di operatore dèlla complessità e dello scambio fra conoscenze ed esperienze di segno diverso.
La società post-industriale ha bisogno di una programmazione dello sviluppo strettamente condizionato dall'innovazione e dalla tecnologia, richiede una scuola a misura dell'occupato di oggi e di domani e non un'area di parcheggio per un apprendimento generico, un sistema di patto sociale e di relazione fra lavoratori, imprenditori ed istituzioni che ricerchino il consenso e definiscano le condizioni per una crescita omogenea.
Non occorre più mercato e meno stato secondo la moda del neo-mercantilismo ma una ridefinizione del ruolo dello Stato ai fini di alleggerire gli oneri dell'erogazione indiscriminata a beneficiari anonimi, assicurando la rigorosa difesa delle posizioni più deboli perchè un partito solidarista d'ispirazione cristiana deve scongiurare il rischio della «società dei due terzi» che metabolizza l'emarginazione permanente di una sua componente.
La ricerca di alleanze politiche per garantire la governabilità è affidata quindi alla riconferma della identità riformista della Democrazia Cristiana e alla qualità della nostra proposta di cambiamento e di ammodernamento: stiamo nel pentapartito non per una pigra gestione del potere e per la spartizione delle spoglie ma per concorrere ad un disegno di rinnovamento della società e delle istituzioni democratiche.
Sappiamo che la governabilità richiede anche nuovi meccanismi istituzionali perchè la politica di solo schieramento è insufficiente a gestire lo scambio politico fra le istituzioni e la società.
La democrazia avviata al traguardo degli anni 2000 non può applicare le vecchie regole di un gioco che è radicalmente mutato nella posta e nei concorrenti.
La riforma istituzionale non è soltanto la modifica di procedure e regolamenti parlamentari, ma inanzitutto il superamento di quella democrazia consociativa con la quale abbiamo rimosso il peccato originale di una democrazia incompiuta, priva di alternanza al governo, imponendo la pratica dell'assemblearismo perpetuo, della confuzione fra maggioranza e opposizione, di un'indistinzione fra responsabilità di chi governa e di chi controlla.
Da qui derivano le incertezze sui programmi e sugli schieramenti possibili di governo, al momento delle elezioni, le distorsioni dell'economia e la dilatazione della spesa pubblica dietro spinte corporative compensantesi, l'assenza di programmazione per lo sviluppo, la difficoltà di adeguare al mutamento il sistema delle autonomie locali essenziali per la stabilità democratica e la partecipazione popolare.
Se il nostro Congresso parlerà di tutto questo, se preparerà il partito non alle dispute con Craxi su Palazzo Chigi ma ad affrontare le situazioni nuove che potranno maturare da eventi come la revisione ideologica e culturale del PCI e dallo stesso cambiamento dello scenario internazionale, avremo corrisposto alle nostre responsabilità di democratici cristiani riuniti a Congresso. Se ci affascineremo per le percentuali dei singoli gruppi, se inventeremo fragili espedienti per mascherare di presunta unità le differenze che sono il sale di un partito democratico e pluralista, se interpreteremoil Congresso come un referendum sul Segretario e poi nulla più, dimostreremo di non avere ancora il partito all'altezza del tempo che viviamo.
L'invito del Segretario politico a scomporre i vecchi gruppi per ricomporre una diversa rappresentatività, più autentica e qualificata, delle diverse esperienze, sensibilità e culture presenti fra di noi, non è l'indicazione di un unanimismo fondato sul conformismo e sull'ambiguità.
Si tratta di contribuire all'elaborazione di una linea politica e di gestirla nella comunicazione esterna, senza la mediazione dei sensali del consenso e dei curatori della democrazia di cooptazione che sono i capi corrente, a livello locale e nazionale.
Un partito di uomini liberi, pluralistico pre rappresentatività sociale, seleziona la classe dirigente con il criterio del valore individuale, della capacità di proposta, dello spirito di servizio; le correnti non più centri di riflessione culturale e politica ma amministratici del potere hanno prodotto troppi yse-men che ahnno nello zaino, a somiglianza dei marescialli di Napoleone, gli incarichi amministrativi e governativi.
Il partito deve conoscere le aggregazioni che nascono non dalla convenienza ma dal comune sentire sulla linea: la maggioranza intorno al Segretario deve essere vasta ma non a scapito della chiarezza della proposta e senza riaprire il gioco dei condi:z.ionamenti di fronte ad ogni scelta, si tratti di problemi esterni o di gestione del partito, come abbiamo fatto nei due anni trascorsi.
Un partito più trasparente e unito intorno ad idee, convinzioni, progetti può parlare alla gente, può comunicare alle donne e ai giovani non nelle ridotte delle strutture di partito, ma nel mare aperto del movimento della società.
I giovani democratici cristiani stanno progettando una radicale revisione dei loro regolamenti interni: io sono per la massima deregulation, augurandomi di trovare occasioni di incontro fra giovani e la Democrazia Cristiana in una scuola, in una piazza, in una discoteca come in una fabbrica ove i giovani vivono, sperano, lavorano, confrontano se stessi con le vicende del mondo.
La Democrazia Cristiana ha le carte in regola per parlare il linguaggio di un paese moderno che vuole crescere e conosce tutti i rischi di una crescita che trascuri la libertà degli individui e la liberazione dei singoli e dei gruppi sociali dalle vecchie e nuove alienazioni.
Lavoriamo per dare al paese un partito ove il rigore morale si accompagni alla creatività della proposta politica.













































