Fase costituente
La crisi del secondo Ministero Goria ed i fatti susseguenti, al di là di ogni possibile soluzioneci pare svelino, anche ai più pervicaci e salottieri osannatori della "politica del contingente'', le dimensioni ampie e provate di una degenerazione morale della politica attuale.
Chi, come noi, ne era convinto da tempo, non ha motivo per gioirne, bensì rammarico per non essere riusciti a far comprendere appieno e per non aver, forse, saputo superare diffidenze umane e politiche nel convincere amici del partito ed avversari che le ''regole del gioco" erano saltate falsando, inasprendo ed imbarbarendo senza costrutto la vita politica italiana di questi ultimi anni.
I principi inseriti dai Padri della Patria nella Carta Costituzionale, validi a tal punto che ancora oggi costituiscono il tessuto connettivo della società italiana, per anni sono stati ignorati e ad essi si è, per prassi come si suol dire, sovrapposta una serie di leggi, norme, applicazioni della Costituzione, comportamenti di forze politiche e sociali che hanno finito per stravolgere il senso della lotta politica fino a farla divenire un intreccio di comportamenti non richiesti e non dovuti.
Tra le pieghe di questa "non politica" si sono agevolmente inseriti, negli anni passati, vecchia criminalità come la mafia e la camorra oppure taluni fenomeni mai totalmente chiariti nelle loro molteplici implicazioni, come la loggia massonica P2 o il "Supersismi". Solo alcuni esempi, i più eclatanti, di una repubblica che, se non è pienamente democratica, rischia ogni giorno di dover essere una "repubblica dei misteri".
La Democrazia Cristiana da tempo sostiene che, senza rivedere i principi ideali della Costituzione, si possono ridisegnare le regole su cui si fonda la convivenza del sistema politico che deve rappresentare una società in continua trasformazione: Parlamento, Governo, Autonomie Locali ed altre istituzioni pubbliche che, intasate nei loro canali di collegamento col cittadino, devono tornare ad essere un momento fondamentale di raccolta delle richieste della sociatà affinché divengano diritti, riconosciuti e sanciti dallo Stato. Formule magiche non esistono così come la politica del semplice schieramento al di là dei programmi pare giunta al capolinea. Esiste però la possibilità di mettere in pratica una politica di programmi e comportamenti, sia individuali che di partito, che riporti dignità alla lotta politica e ridia decoro alle istituzioni.
Il primo passo è un rientro dei partiti dall'occupazione indebita di alcuni spazi pubblici, come ebbe a dire il prof. Leopoldo Elia nell'ultimo Congresso Nazionale: i partiti tornino ai compiti loro proppri, e cioè scegliere le linee portanti su cui indirizzare la vita politica, sociale ed economica del Paese.
Il secondo passo, e a nostro avviso decisivo sul piano delle scelte strategiche per il futuro del Paese, è quello dell'apertura di una fase di nuova attenzione alle istituzioni che non si limiti al semplice confronto tra i vertici dei partiti di maggioranza, magari per cambiare semplicemente l'istituto del voto segreto o i regolamenti parlamentari.
Alla lunga, infatti, vincerà la sfida della democrazia solo chi avrà risposto al Paese, non ignorandolo né assecondandolo acriticamente, ma indicando responsabilmente una direzione di marcia e dei valori fondanti.
E dunque è forse arrivato il momento per la Democrazia Cristiana (ed è questo un compito primario entusiamante anche e soprattutto per il Movimento Giovanile e per Nuova Politica) di aprire una nuova "fase costituente". Ne Paese come nel "palazzo".
Una fase costituente in cui siano in gioco "rami alti" ma anche "rami bassi" della riforma delle istituzioni. Una fase in cui il confronto è a "tuttocampo" e al termine della quale dovremo ritrovarci con un potere democratico più diffuso e soprattutto riamato dalla gente comune.
Dieci anni fa Aldo Moro, in un clima certo diverso attorno alla DC, ma in un momento di uguale disorientamento interno fece avanzare il partito, tutto, verso un confronto con l'opposizione democratica ed in particolare con il PCI, invitandoci a navigare "in mare aperto". Questo invito, che da taluni anche al nostro interno, è stato inteso solo in senso tattico, torna oggi in tutta la sua attualità per scoprire davvero una "terza fase" del processo di sviluppo democratico del Paese, aprendoci al dialogo tra tutti i partiti dell'arco costituzionale, ma aRche allargando l'orizzonte a tutta la società, portando le riforme istituzionali nelle piazze e nei cuori della gente, affinché viva, dal basso, una nuova fase costituente.








































