Raccogliamo la sfida
La DC si astiene dal Governo Fanfani mentre i socialisti, socialdemocratici e radicali votano la fiducia «a dispetto» per prolungare l'agonia della legislatura: la gente capirà? La sostanza delle cose è molto semplice ma il castello di menzogne costruito dall'area radical-socialista è tale che la verità può venir offuscata. Ogni scontro politico è una guerra di parole ma forse mai come questa volta è necessario spiegare, ragionare, ricostruire i vari passaggi per evitare di vedere paladini del vero laddove ci sono solo furbi o volgari imbroglioni.
Cominciamo allora col precisare alcuni punti.
1. La divisione tra DC e PSI non riguarda una mera questione di poltrone, ma nasce da un modo profondamente diverso di concepire il funzionamento del sistema parlamentare e l'organizzazione delle istituzioni.
Le sempre più manifeste tentazioni peroniste dell'attuale dirigenza del PSI (presidenzialismo, svilimento del ruolo dei partiti nella democrazia rappresentativa a favore di una mitica e impraticabile democrazia diretta) hanno progressivamente allontanato questo partito dal modello democratico disegnato sulla carta costituzionale.
La DC non si stanca tuttavia di riproporre la collaborazione col PSI per la prossima legislatura, confidando che un temporaneo annebbiamento di un gruppo dirigente possa cancellare la tradizione di un partito da decenni ancorato saldamente ai valori della democrazia occidentale.
2. I referendum sulla Giustizia e sul Nucleare, pur trattando materie di notevole importanza, sono stati strumentalizzati dal cosiddetto «fronte referendario» e in particolare dal PSI per condurre in porto il proprio progetto politico.
Il PSI voleva i referendum prima delle elezioni per creare uno schieramento anti DC che, coinvolgendo tutti i partiti laici e i comunisti, creasse le premesse per: a) un aumento di consensi elettorali ai partiti del fronte referendario nelle successive elezioni b) un eventuale governo di alternativa democratica dopo le elezioni medesime c) uno schieramento che potesse funzionare anche in caso di referendum popolare per la modifica della costituzione necessaria per proporre l'elezione diretta del Capo dello Stato.
La strumentalizzazione diventa evidente se appena si considera che da una parte i socialisti fino a qualche mese fa assumevano posizioni dichiaratamente filo-nucleari e dall'altra i quesiti posti dai referendum riguardano particolari talmente secondari all'interno della strategia nucleare che avrebbero tranquillamente consentito al Parlamento di legiferare in modo «nucleare» anche in caso di vittoria del «fronte referendario».
3. I socialisti una volta sbalzati di sella da Palazzo Chigi si sono rivelati un elemento di instabilità e di ingovernabilità, giocando un ruolo esattamente opposto a quello che avevano avuto durante i 4 anni di Presidenza Craxi.
4. In queste condizioni lo scioglimento anticipato delle camere era l'unica via di uscita per sbloccare la situazione.
5. PSI, PSDI e Partito Radicale hanno cercato in tutti i modi di impedire questo sbocco razionale e per nulla eccezionale (non sono mancati persino tentativi di intimidazione nei confronti del Capo dello Stato). Infine hanno deciso di votare la fiducia a Fanfani dopo un dibattito Parlamentare che li aveva visti in contrapposizione frontale e totale col Presidente del Consiglio.
6. La DC ha così dovuto astenersi sul Governo Fanfani per evitare che gli elettori venissero privati di un diritto inalienabile, quello, cioè, di esprimere la loro volontà sovrana attraverso libere elezioni quando ciò sia divenuto inevitabile (altro che Golpe!).
In questa campagna elettorale i qualunquisti rischiano di aver buon gioco, mettendo in un unico mazzo tutti i par titi, accusandoli di essere tutti ugualmente responsabili della «commedia degli inganni» (e Spadolini con la sua ambigua equidistanza in qualche modo tenta di cavalcare questa interpretazione).
Tuttavia ciò che è avvenuto il giorno dalla sfiducia al Governo Fanfani non è stato il momento più triste della storia della nostra Repubblica.
Un primo grosso pericolo per le istituzioni democratiche è stato sventato; ciò si è verificato, si può ben dirlo, per merito principale della DC che ha avuto il coraggio di rischiare pur di ristabilire le regole del gioco democratico.
Ma un altro pericolo viene dalle urne: occorre sconfiggere il voto di protesta, la scheda bianca, il voto dei partiti destabilizzanti. Non sarà facile, ma la nostra è pur sempre una posizione onesta e responsabile, una posizione razionale che richiede tempo per essere spiegata e tempo all'interlocutore per ascoltarla senza affidarsi a sofismi e all'emotività.
Si rende necessario, quindi, spiegarla ad ogni persona, ripartendo dal «porta a porta».
Ma forse proprio l'ingarbugliarsi oltre misura di questa crisi i suoi toni accesi hanno risvegliato un interesse maggiore per la politica, la gente ha capito che in gioco ci sono «cose grosse».
Raccogliamo questa sfida.



















































