Un voto per il «Nuovo»
Sconfitti i pessimisti
Ancora una volta i sondaggi pre-elettorali non ne hanno azzeccata una. In modo particolare quanti avevano pronosticato un ulteriore calo della partecipazione al voto sono stati smentiti. Del distacco tra partiti e società si è scritto e detto molto. Le ragioni per spiegare la scarsa presenza e partecipazione della gente alla vita dei partiti non mancano. Bisognerà però ora, dopo che su 45,6 milioni di elettori 40,4 milioni (pari all'88,7%) sono tornati a votare, interpretare il perché «nonostante tutto» gli italiani mostrino un attaccamento al voto – segno di legittimazione del sistema – che non ha uguali nelle democrazie occidentali. In fondei per quanti hanno a cuore la vita della nostra democrazia rimaneva questa la preoccupazione più grande: accorgersi che le lotte tra partiti, le diverse strategie per il futuro del Paese, le idee diverse su l'uomo, la società, l'economia... che giustificano l'esistenza dei partiti, riguardassero solo poche categorie di addetti ai lavori, «ultimi mohicani» di un sistema non più legittimato quale rappresentante della comunità. Si è visto invece che gli italiani quando è l'ora di contare sanno che il loro giudizio non può mancare rispetto ad un futuro che appartiene a tutti, che non ammette disinteresse e assenze. La prima, grande lezione per quanti nei partiti lavorano e si impegnano è dunque questa: il popolo anche se non frequenta le sedi istituzionali, se non si iscrive ai partiti o ai loro movimenti giovanili, vigila sul nostro operato, sa premiare o castigare. L'impunità che a volte qualcuno sembra adombrare quando da rappresentante eletto o di partito cerca di giustificare scelte inopportune affermando «tanto non se ne accorgerà nessuno» trovano anche in questa grande adesione al voto una smentita. Immaginare per un momento queste decine di milioni di persone, ognuna con la propria storia, le proprie speranze, i propri bisogni, che diligentemente si mettono in fila per votare, dovrebbe riuscire a responsabilizzare di più quanti credendo nella democrazia, dicono di voler lavorare per il bene comune. E i partiti, anche il nostro, devono rispondere con rinvigorita disponibilità, aprendosi alle vere istanze, a questa rinnovata ma condizionata fiducia dei cittadini.
Si è votato per il «nuovo»
I dati di novità contenuti nei risultati dei singoli partiti non mancano. Gli esami dei diversi spostamenti, delle perdite e degli aumenti tra le diverse forze politiche sono noti. Evitando di ripeterli sottolineo solo alcuni aspetti. L'elettorato non ha scelto la strada dello sconvolgimento per modificare una situazione – la staticità del sistema politico – che per molti stringe la Democrazia Italiana. L'elettorato, direi con molta finezza, ha dimostrato di preferire la strada del cambiamento graduale. Ha innanzitutto bocciato il bipolarismo. Con il suo voto, punendo in modo particolare il PCI, ha dimostrato di essere stanco di attendere quella proposta di alternativa di Governo da un partito comunista ancora isolato nella contemplazione della propria «diversità». L'idea di quanti pensavano che «polo» alternativo al nostro potesse essere in eterno rappresentato da un PCI bloccato da troppo tempo «in mezzo al guado» è per ora almeno, da accantonare. È troppo presto, sicuramente azzardato vista la fluidità di cui l'elettorato italiano si è dimostrato capace, affermare che è iniziato il declino comunista ritornato con il suo 26,6% ai livelli elettorali del 1968. Ma è sicuramente corretto sottolineare, visto anche l'andamento del Comitato Centrale comunista di fine giugno, che ora nel più grande partito comunista d'occidente molto sta cambiando. Lo schema bipolare potrà ritornare a funzionare, tacitando la nostalgia di quanti tra di noi già ne avvertono la mancanza, se i mutamenti in quello che rimane il partito di 10,3 milioni di italiani saranno reali e consoni alle grandi scelte di campo da tempo compiute, soprattutto grazie alla intransigenza con la quale la DC le ha volute e difese, prima di ogni altra forza. Ma se quelle scelte verranno definitivamente compiute, come dobbiamo anche noi augurarci, il confronto politico tra quelli che per storia e radicamento sociale rimangono gli unici due grandi partiti popolari e nazionali, DC e PCI, non potrà che giovarsene esso verrà ancor più giocato su proposte capaci di garantire il massimo bene possibile per tutti i cittadini, liberandole da vecchi massimalismi, retaggi di un passato da non dimenticare ma che poco serve per costruire il futuro. Lo stesso giudizio negativo non ha colpito la DC. Anzi da una competizione difficile, apparsa a molti come una rissa tra partiti di governo, nel corso della quale solo la DC aveva con chiarezza indicato le sue proposte per le alleanze del dopo-elezioni, mentre altre forze lanciavano segnali confusi chiedendo un voto al buio ma comunque contro il nostro partito, con il proliferare di liste locali o richiamanti grandi questioni sentite da tanti cittadini (l'ambiente, le pensioni, l'esasperato localismo ecc.), la Democrazia Cristiana ottiene la riconferma, in aumento (1,4%) rispetto al tracollo del 1983, della guida politica del Paese.
Il voto dei movimenti e il voto giovane della DC
L'importanza di essere stati capiti in queste condizioni, difronte alla arroganza del PSI che mistificando la realtà, spendendo in pubblicità elettorale risorse affatto commisurate al suo peso per accreditarsi come l'unico artefice di una ripresa felice della situazione economica italiana, è enorme. Cosa saremmo riusciti ad ottenere se avessimo bloccato prima il protagonismo craxiano? Oppure quanti voti in più avremmo ottenuto se in condizioni di rispetto per la funzione e il peso delle forze del Pentapartito fossimo giunti alla naturale scadenza della Legislatura? In più il consenso giovanile alla DC e il recupero nei grandi centri – da sempre anticipatori di tendenze – lasciano intendere che per noi vi potrà essere un futuro ancor più carico di responsabilità se lo sapremo meritare.
Il risultato ottenuto dal partito si spiega certo con la bontà della proposta politica concernente le allenanze e i contenuti. Lo slogan fortunato «Fai vincere le cose che contano» che ha guidato la nostra campagna elettorale, è riuscito a rendere bene l'idea di un partito attento ai problemi veri della gente più che alle mode. Esser poi riusciti ad avere nelle nostre liste esponenti autorevoli dell'intero arco delle forze vive del cosiddetto mondo cattolico, ha dimostrato la capacità della DC a saper ancora dialogare con tali realtà. Rovinare questa corale ripresa di dialogo tra il partito ad ispirazione cristiana e le realtà del mondo cattolico, cercando di individuare quanti voti ha portato l'una e l'altra candidatura come se i voti fossero «proprietà» mobili facilmente spostabili da partito a partito e non piuttosto preferenze meritate in virtù di una personale credibilità testimoniata con coerenza nelle liste della DC, mi sembra un grave errore in cui sono caduti gli amici di C.L. e M.P.. La conta non serve nemmeno a chi crede di poterla fare in assenza di possibili verifiche diverse. Serve piuttosto coerenza e coraggio nel difendere le proprie convinzioni con gli strumenti riconoscibili della lotta politica. Se si accetta di entrare nel partito, bisogna saper rischiare la propria autonoma responsabilità di cristiano impegnato in politica, privandosi della rete di salvataggio offerta dal proprio movimento. Noi abbiamo sempre rischiato e combattuto le nostre battaglie giocando la nostra esperienza e le nostre capacità. Chiediamo a quanti scelgono di entrare nel partito di fare altrettanto.
Il movimentismo paga poco
Sulle interpretazioni del voto in verità ne abbiamo lette di tutti i colori.
«L'Unità» e Folena (FGCI) per spiegarci che il PCI è il partitq ormai votato solo dagli anziani hanno sostenuto la tesi che i voti giovani alla DC sono voti clientelari e portati da CL. Sulla stessa solfa Notari Stefano («Avanti!»), e altre interpretazioni apparse sugli organi di stampa nazionali (al solito si è distinto il «Corriere della Sera»). Tali tesi possono essere sostenute solo per polemizzare, per nascondere un dato che è omogeneo sull'intero Paese, anche dove CL non c'è, anche dove ci manca il potere per poter fare clientelismo. Tali tesi possono salvare il posto a Folena che dopo aver voluto una FGCI movimentista, autonoma dal PCI, preso sul serio da tanti giovani li ha visti lasciare i comunisti per votare altri partiti. Ma non spiega che il consenso giovanile alla DC nasce dalla sua capacità reale di interpretare meglio di altri partiti i valori in cui le giovani generazioni credono, di aver saputo rispondere alle loro vere aspettative, di aver indicato una strada percorribile per risolvere i tanti problemi che ancora affliggono i giovani. La «maturità» delle nuove generazioni è proprio quella di non lasciarsi incantare dalle sirene della politica spettacolo, dei «movimentisti» inconcludenti dei «barricadieri» alla Capanna riconvertiti alla democrazia ma in perenne attesa di una Rivoluzione che non arriva, dei «nostalgici» della destra.
I giovani che hanno scelto la DC hanno in larga parte compreso che il futuro si costruisce risolvendo i problemi di oggi, offrendo una speranza di cambiamento possibile, ancorata a valori grandi. È per noi giovani della DC una responsabilità enorme rappresentare tanti giovani nell'organizzazione della DC.
Il Partito socialista torna al '68
Il terzo dato di «nuovo» contenuto nel voto riguarda la netta affermazione del PSI che tocca quasi con il 14,3% dei voti il suo massimo storico (14,5%) ottenuto nelle elezioni del 1968. Nelle precedenti elezioni sicuramente tutti noi avremmo gioito se il PSI fosse cresciuto ai danni anche del PCI come è avvenuto in questa occasione. Oggi non può esserci tale gioia perché avvertiamo il PSI come un pericolo insidioso per la nostra funzione di forza perno del sistema democratico. Ma questa è la realizzazione compiuta di una democrazia che in attesa della conversione definitiva del PCI individua nelle due forze maggiori – anche se per ora di peso elettorale enormemente diverso – dell'area del pentapartito le possibili guide del Governo. La crescita socialista, in verità, è avvenuta a scapito delle altre forze di quell'area laica e socialista a capo della quale – non so con quale titolo – si era autoproposto il PSI. Il risultato conseguito dall'intera area è sostanzialmente uguale – con il ridimensionaento del PRI, PSDI, PLI – a quello precedente al voto. La crescita al 2,6% dei radicali non basta a questa area – come era negli intenti di Craxi - perché essa diventi la seconda forza politica (pur nella sua disomogeneità sostanziale) del Paese. La crescita ottenuta dal PSI lo porta a superare in alcune aree il PCI, in altre raddoppia esattamente le sue forze. Non sarà facile realizzare un duraturo accordo di governo con i socialisti. Ma dovremo farlo, senza cedere sui compiti e la rappresentatività come è successo nel recente passato, perché queste sono le volontà dell'elettorato che chiede un Governo – come testimoniano le dichiarazioni del Governatore della Banca d'Italia Ciampi, e di Lucchini Presidente degli Industriali – capace di governare. L'appuntamento referendario agitato strumentalmente dal PSI per ottenere, le quotidiane dichiarazioni inutilmente provocatorie di Martelli e dei Formica di turno, appartengono ad un giochetto del «mordi e fuggi» che abbiamo già sperimentato nella passata legislatura. E abbiamo visto a cosa hanno portato.
Verdi: vera quesione aperta
Infine l'affermazione dei Verdi. Pochi avevano scommesso su un successo di tali proporzioni specialmente dopo la «fuga» di molti noti ambientalisti nelle sicure liste comuniste o di altre formazioni. Quei 13 seggi alla Camera e 1 al Senato (970 mila voti) indicano un premio, che è toccato anche ad altre forze minori espressioni .di insoddisfazione diffusa, a queste nuove energie propostesi agli elettori. Gli ambientalisti, in particolare, esprimono una preoccupazione diffusa in molti cittadini, che solitamente si riconoscevano un po' in tutte le forze politiche, rispetto al problema della difesa della salute e degrado dell'ambiente in cui viviamo. Questa nuova sensibilità nella coscienza di molti era immaginabile da tempo. Ora è venuta allo scoperto con un segnale preciso anche se limitato. Ma indica una esigenza diffusa che non potrà più essere ignorata.
La moralità non conta più?
Ultima sottolineatura. La «questione morale» questa volta non ha pagato in termini elettorali. Non poteva essere agitata contro di noi strumentalmente, come fatto in passato; non poteva bastare a coprire il vuoto di proposte manifestato da PCI e PRI che in modo particolare la hanno agitata. Ma non può non farci riflettere il dato che la serie infinita di arresti di esponenti eccellenti del PSI – ultimo prima del 14 giugno quel Rocco Trane segretario dell'on. Signorile e candidato socialista alla Camera – non abbia influito, come sembra, nelle scelte degli italiani. Se poi aggiungiamo che è stato premiato il partito che attraverso il suo Segretario, Craxi, ha avuto la spudoratezza di negare l'esistenza di un accordo – il cambio del Presidente del Consiglio a marzo '87 – noto a tutti e da lui firmato, legittimando la bugia come metodo di azione politica, e completiamo il quadro con l'elezione della pornostar in Parlamento, rimangono inquietanti interrogativi su quale sia la misura oggi, per troppi italiani, della moralità politica.
Per noi giovani DC la disonestà, l'arroganza, l'immoralità, non possono venire riabilitate nemmeno se vengono elette in Parlamento.
I giovani della DC con la candidatura di numerosi giovani nelle liste del Partito che hanno ottenuto significative affermazioni elettorali, e l'elezione di Renzo Lusetti alla Camera, hanno già dato prova di grande credibilità. Ricostruire il Movimento Giovanile non è stato facile. Vincere le tentazioni di capire le frantumazioni dei «grandi», reprimendo il protagonismo esasperato, è stato un atto di maturità che ci permetterà, con il lavoro di molti, di presentare con serena, seppur contenuta soddisfazione, il nostro lavoro al Congresso del M.G. che speriamo finalmente si possa celebrare ad ottobre come deciso dalla Direzione Nazionale M.G. del 24 Giugno.
Quanti tra di noi usciranno dal M.G. in quell'occasione spero non dimentichino l'esperienza politica, formativa, di vita fatta insieme in questi anni. Il Movimento Giovanile non deve restare una parentesi nella nostra vita. Abbiamo acquisito un metodo di lavoro, una credibilità nuova, uno stile diverso nell'azione politica. Non dovremo rinnegarli.



















