Nuova Politica - Di cosa hanno paura i socialisti? pagina 5
Nuova Politica - Di cosa hanno paura i socialisti?
Nuova Politica - Di cosa hanno paura i socialisti?
Ansie, timori, paure e terrori del partito più eccentrico d'Italia. Venticinque anni di governo con la DC al centro ed il PCI in periferia, tre anni alla guida del governo ed insieme tanta critica alle istituzioni democratiche così come traspare dagli interventi del congresso di Rimini.

Neocentrismo? Chiarezza? C'è uno spettro che si aggira per l'Italia, sono sicuri a Via del Corso. È quello, aggiungono, della nuova Democrazia Cristiana, prepotente e un po' cafona, di Ciriaco De Mita, persona che a loro detta fa politica con il voto meridionale inviso agli stessi meridionali. Lo si è visto chiaramente sotto le colonne in alluminio classico messe su dal geometra Fonseca a poca distanza da dove un altro architetto fasullo, Leon Battista Alberti, aveva iniziato a lavorare tempo fa al Tempio Malatestiano.

«È in atto una battaglia per un nuovo primato politico in Italia dopo 40 anni degasperiani» ha sancito Lelio Lagorio, di cui tutti al ministero della difesa ricordano le lungimiranti analisi geopolitiche e strategiche, «quando siamo accusati di essere inaffidabili per la democrazia, molti di noi si sono chiesti se eravamo all'acme dell'offensiva o alla celebre tagliola in cui i disavveduti e gli impazienti mettono il piede». Prima paura: la DC punta alla restaurazione del neocentrismo, formula di governo che sembrava tramontata con il centrosinistra e che la segreteria democristiana intenderebbe ripristinare a detrimento della democrazia. La tagliola di cui parlava Lagorio, ha precisato Covatta, sono le elezioni anticipate come nel 1983, che furono a suo avviso la «penalizzazione politica su chi, pretendendo il riconoscimento di un primato, non si cura delle ragioni della coalizione di cui fa parte».

«Più che una manovra rivolta a favorire le elezioni anticipate, quella di De Mita ha tutto il sapore di una antica volontà di rivalsa mai sopita», ha spiegato Lenoci, «mirante a frenare le novità importanti del nuovo corso socialista, la sua caparbia ed intelligente azione che ha messo per la prima volta in crisi lo schema bipolare creando le condizioni di un ricambio e di una evoluzione democratica della società italiana».

Seconda paura: le vecchie forze e le vecchie istituzioni, pazienza se portano ancora il nome di democratiche, impediscono la crescita del nuovo verbo, questa volta realmente democratico, incarnato dai socialisti. Quello che sta cercando di fare De Mita, ha precisato Valdo Spini, con l'esattezza di chi le analisi storiche le sente fare in casa da quando era bimbetto è il «tentativo di chiudere gli anni di Pertini e di Craxi come se fossero una scampagnata di scolaretti da riportare a scuola da maestro Ciriaco». Ragazzi, diceva quella barzelletta, sotto tutti quanti, la ricreazione è finita.

Siamo alla terza paura socialista: quella di far perdere all'Italia il treno della storia. «La DC» ha aggiunto con buona volontà Dell'Unto, «non ha idee politiche, e per questo ha paura del PSI. Non ha né De Gasperi, che risolveva i problemi, né Moro che non li risolveva ma era bravo a nasconderli. Il binomio Riformismo-Autonomia è di grande forza e offre ai partiti laici e socialisti possibilità storiche».

Anche i socialisti hanno un'anima, ed un amor proprio, offeso e tradito dalle accuse di slealtà mosse al partito dalla Democrazia Cristiana. Il risentimento è la caratteristica degli interventi di De Michelis, Balzamo, dello stesso Lagorio.

Ma il più offeso di tutti, ed ha ragione di esserlo, è Rino Formica, che una volta mandò a monte un intero governo perché c'era stato chi lo aveva definito un «commercialista di Bari». La definizione di «pensatore della Magna Grecia data a De Mita esprime un giudizio sbagliato, non solo e non tanto perché i confini della Magna Grecia non hanno raggiunto l'Irpinia, ma perché i filosofi del mondo ellenistico furono l'espressione di un pensiero ad altissimo livello che animava elite, poco attratte dai problemi mondani delle società statiche» ha spiegato con la semplicità di chi sui libri di storia e di filosofia ha passato lunghi pomeriggi.

Tanto più che né De Mita, nè la DC ormai possono accampare tante pretese, perché in mano hanno ormai troppo.

«Sì vuole prolungare la condizione per cui un partito che sta al potere da 40 anni in Italia, con il 33% dei voti, amministra il 70% del potere in banche, industrie, USL, gruppi di potere. Se De Mita, dopo avere perso due milioni di voti, si aggrappa alla presidenza socialista, vuol dire che ci fa un favore» è la analisi di Martelli.

In sostanza: siamo i più giovani, siamo la punta avanzata della crescita democratica del paese, e ne siamo coscienti. Quindi fateci spazio. Altrimenti? Altrimenti muoia Sansone con tutti i Filistei.

Raccogliamo la sfida
Renzo Lusetti
Rifatti il trucco, bambola
Francesco Graziani

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