Un protagonismo possibile in questo congresso
Il XVIII Congresso nazionale della Dc sta ormai per aprirsi e molte sono le riflessioni e gli spunti di dibattito che da queste pagin vorremmo poter offrire agli amici giovani e meno giovani del nostro partito. Nell'imminenza di tale appuntamento, mi riesce difficile non ritornare indietro, con la mente, al primo congresso nazionale cui partecipai, in veste di invitato, nel 1982. La mia esperienza politica era agli inizi e mi incuriosiva lo scontro che si sviluppava in quei giorni frenetici, tra gli allora candidati alla segreteria: Arnaldo Forlani e Ciriaco De Mita. La mia preferenza era per Forlani ma De Mita uscì vincitore, prendendo in mano le redini di un partito che aveva un profondo bisogno di ritrovare se stesso, le proprie radici, le motivazioni forti del suo stesso esistere. Quanti di noi amici, non hanno vissuto sulla propria pelle l'esperienza, amara, all'interno delle scuole o dell'università, o negli ambienti di lavoro, di vedersi derisi, se non offesi, allorché dichiaravamo la nostra appartenenza, quando non solo la nostra simpatia e il nostro favore per la Democrazia cristiana? Le accuse che ci venivano rivolte erano diverse ma tutte tendevano a vedere nel nostro partito la fonte della corruzione, della cattiva gestione della cosa pubblica, della profonda immoralità che viveva in molti settori dell'apparato pubblico. Qualsiasi inefficienza, qualsiasi mancanza, qualsiasi disfunzione era da attribuirsi alla Democrazia cristiana e far parte di tale partito, nell'opinione pubblica era sinonimo di persona di pochi scrupoli, legata a scontri correntizi, desiderosa solo di arricchirsi a spese della collettività.
I fili che collegavano il partito alla società civile, sempre più esili, erano recisi in più punti, soprattutto quelli che portavano ai giovani e alle realtà giovanili, anche cattoliche, all'interno delle quali spesso la parola Dc echeggiava un collateralismo interessato e nettamente superato. Assumere la guida di un partito che stava ormai per toccare il fondo nella considerazione della pubblica opinione, poteva apparire un compito troppo difficile, forse impossibile. Bisogna ricònoscere che, al contrario, lavorando tenacemente, senza mai perdersi d'animo, De Mita, eletto segretario, cominciò, gradatamente, passo dopo passo, a recuperare dignità e credibilità per il partito, riavvicinando soprattutto «gli esterni» ossia quel mondo vasto ed estremamente differenziato, costituito da simpatizzanti e da elettori Dc che tuttavia non ritengono di partecipare ai meccanismi interni del partito. Uomini di cultura, di spettacolo, giornalisti, giuristi, magistrati, professori, liberi professionisti, così come studenti, operai e contadini, ognuno portatore della sua caratteristica, in quanto elettori Dc, erano chiamati a dare il loro contributo al dibattito e alla seguente costruzione di un partito rinnovato, non più sinonimo di lotte interne di potere, ma strumento vero per la interpretazione e la realizzazione dei bisogni e delle aspettative della
gente. Lentamente, andava crescendo in molti ambienti l'interesse a poter contribuire ad eliminare ciò che di negativo vi poteva essere all'interno della Dc, ammirandone la capacità di autocritica e il desiderio sempre più vivo di rinnovarsi liberandosi definitivamente dei retaggi rischiosi in cui rischiava di soffocare. È con questo spirito che è stato chiamato dalla segreteria a ricostituirsi, a darsi un assetto e un programma ben chiaro e definito. Si arrivò perciò all'esperienza esaltante di M. Maiori, con cui, finalmente, come giovani, provenienti da tutta Italia, da realtà giovanili più o meno attive, avevamo la possibilità di confrontarci per arricchirci gettando le basi per una nuova realtà giovanile che in questi anni, attraverso momenti estremamente significativi dal punto di vista umano-politico e soprattutto di formazione, quali il GIO' 1, il GIO' 2, la campagna di solidarietà per il Cile, «un pane per la libertà» e recentemente l'EuroGio', ha potuto, grazie all'incoraggiamento e al sostegno morale avuto dalla segreteria nazionale nel corso di questi anni, acquisire una dimensione concreta all'interno del partito per porsi come punto di riferimento reale, concreto, pronto al dialogo con tutte le componenti del mondo giovanile che vedono ormai nel nostroMgdc un interlocutore vero e un esempio nuovo del far politica, senza strumentalizzazioni, senza radifesa obbligata di interessi personali o di correnti del partito. Il Mgdc oggi infatti vuole essere uno strumento che consenta a molti giovani, impegnati a più livelli, di far politica liberamente, senza costrizioni e vincoli, fornendo un esempio di impegno civile e sociale per altri giovani che dietro l'apparente indifferenza, guardano attentamente alle nostre proposte e alle nostre iniziative, riservandosi di criticarle o di condividerle, riconoscendoci in ciò la capacità di essere riusciti a porre le basi per iniziare un dialogo diretto con il mondo giovanile.
Molti giovani hanno capito questo sforzo di rinnovamento, compiuto con l'aiuto della segreteria e lo hanno premiato attraverso il segno più tangibile della loro fiducia, il voto, che, numerosi, in tutte le ultime elezioni, hanno voluto attribuire alla Dc.
Questa fiducia ci è stata concessa per quanto siamo stati capaci di rinnovarci ma sbaglieremmo se pensassimo fosse qualcosa di assoda- 4 to e di definitivo, perché, se è vero che abbiamo recuperato incredibili
tà, è altresì vero che il lavoro di rinnovamento per la costruzione di un rapporto più solido tra il nostro partito e la società civile non è certo concluso e sbaglia completamente chi crede di potersi sedere sugli allori pensando che ormai il compito di rinnovare così come quello di chi in questi anni si è fatto carico, sulle proprie spalle, rischiando in prima persona, con molte spesso difficili e la stima, il rispetto e il riconoscimento sincero del valore per chi all'interno del partito dimostrava di avere la linea ritenuta migliore. Il momento politico delicato e l'aggressività del partito socialista che aspetta ogni nostro minimo passo falso per sferrare attacchi feroci, non ci consentono gelosie o timori di «eccessivi rafforzamenti» di un leader. Sarebbe ritornare ai vecchi metodi e al vecchio fantasma che ci auguriamo ormai sepolto, di un partito diviso da personalismi o da gruppi in lotta l'uno contro l'altro per il potere. Non è questa la Dc che come giovani vogliamo e tantomeno la Dc di cui il paese ha bisogno per una guida stabile e in grado di risolvere i non semplici problemi, quali la droga, la disoccupazione, le nuove emarginazioni oltre che quelli economici, che da troppo tempo lo tormentano, senza che si sia trovato il modo di dar loro soluzioni. Su tali problematiche purtroppo, troppo spesso, occupati in questioni di gestione di potere interno, arriviamo tardi, con proposte scoordinate e ben lontane dall'avere l'impatto che altre, di altri partiti hanno sull'opinione pubblica per la quale assumiamo il ruolo di «secondi».
Il nostro paese, al contrario, chiede a tutti noi, affidandoci un mandato in qualità di maggioranza relativa, talvolta fatte nell'abbandono e tra le critiche, di stimolare e promuovere il processo di rinnovamento, sia concluso. Sarebbe un giudizio troppo semplicistico ed estremamente superficiale.
La classe dirigente che uscirà dal XVIII Congresso, così come il segretario eletto, non potrà non avere come obiettivo primario la continuazione della linea politica che ha fatto del rinnovamento il cardine dell'azione svolta in questi anni, in cui De Mita ha lavorato, costruendo una nuova immagine, n:iolto più apprezzata, per il partito. E sulla base di tale rinnovamento che abbiamo ottenuto i risultati più apprezzabili: un maggiore rispetto nell'opinione pubblica; una maggiore disponibilità da parte delle giovani generazioni; la fiducia a continuare sulla scia del rinnovamento attraverso i successi elettorali seguiti al calo dell'83; la riacquisita centralità all'interno del sistema politico italiano in cui il nostro alleato-avversario Craxi ha poco spazio per relegarci in un ruolo subalterno. E il ritorno di un presidente dc a Palazzo Chigi è stato un ridimensionamento non di poco conto, delle ambizioni dei socialisti. La mia formazione mi colloca sin dall'inizio nell'area di centro della Dc, ma ciò non mi impedisce di ammirare e stimare De Mita per il suo enorme lavoro, perché non voler riconoscere tutti questi successi, riconosciuti già dall'opinione pubblica, o peggio volerli annullare dimenticando l'esperienza esaltante in cui tutti indistintamente sono stati chiamati a dare il proprio contributo con proposte, con idee, per ridarne dignità al partito, non può che apparire meschino. Si sà che la gratitudine è una qualità assai rara in questo mondo, ma non può, non deve mancare in un partito che fu grande perché grandi furono i suoi uomini come De Gasperi, Sturzo o Moro; che sempre si distinsero per di essere la guida, il punto di forza del gioco politico, ma ci chiede soprattutto il coraggio di essere onesti fino in fondo, facendo la scelta giusta in questo XVIII Congresso: l'unica, la sola che può rappresentare il futuro per il nostro partito, una segreteria che la continuazione diretta del lavoro svolto in questi anni e che rappresenti il maggiore appoggio al governo presieduto da De Mita, un governo che esige da noi un sostegno completo perché, alla sua forza e stabilità è legato molto, amici: la credibilità, l'onestà, la lealtà di tutta la Democrazia cristiana. Perdere ora, in questi valori, dopo che a fatica sono stati in parte recuperati, vorrebbe dire perdere la partita definitivamente e dare al nostro elettorato e a tutti coloro che ci guardano con interesse, una delusione amara che sarebbe l'inizio di un declino dal quale, stavolta, non troveremmo più nessuno in grado di risollevarci.












































