Da Maiori partì la sfida
La politica sembra scivolare dal centro alla periferia del sistema. Le istituzioni, il potere politico, le associazioni sindacali trovano difficoltà a comporre interessi frammentati e corporativi, che rischiano di stringere in una morsa pericolosa la stessa democrazia.
D'altronde la secolarizzazione ha messo in crisi il metodo di lettura statico della complessità; la politica non può fermarsi alla considerazione che «tutto è complesso», così come non può schematicamente sostituire la chiave di lettura di tipo deduttivo ed ideologico, ormai chiaramente inadeguata, con quella dello spregiudicato e rigido pragmatismo. Proprio quest'ultima tendenza, che sta attraversando un po' tutte le società occidentali, ci preoccupa; il rischio è quello di fare della democrazia il nuovo strumento di conservazione dell'esistente e di privilegio degli interessi forti.
Lo stesso schema maritainiano della distinzione dei primi tra Chiesa e Mondo, già rivisitato dal Concilio Vaticano II, pare dover fare i conti con il riemergere di gravi questioni come le nuove forme di povertà, lo squilibrio mondiale delle risorse, la pace, e il disarmo; la questione ambientale, che pongono la Chiesa nella condizione di doversi pronunciare per aiutare il travaglio dell'evoluzione sociale. Se resta valida la distinzione, che non è separazione, tra fede e politica, è pure necessario riflettere sulla gravità dei problemi del- 1'unità che inducono la Chiesa non ad offrire soluzioni concrete ma a denunciare le sofferenze degli «ultimi» e dei nuovi poveri.
Riportare la politica al centro
Sentiamo fortemente allora il bisogno di un nuovo metodo di approccio alla realtà che costituisca le condizioni per riportare la politica al centro, riconoscendone la insostituibilità come unica sede legittima di sintesi tra risposte tecniche e considerazioni etiche.
Per questo obiettivo dobbiamo cominciare noi, giovani inseriti fino in fondo nelle contraddizioni di questa generazione, e allo stesso tempo «uomini di buona volontà», impegnati in politica, a percorrere le vie nuove.
Con il nostro impegno, genuino, gratuito, dobbiamo rileggittimare la politica, ancora oggi squalificata da scandali e bassi giochi di potere.
Se sapremo vivere coerentemente i valori della gratuità dell'impegno e della spiritualità della politica, compiremo un'alta opera di testimonianza.
Da Maiori partì la sfida; basta con la politica dei lustrini e delle furbizie, basta con i giovani portaborse incipriati e carrieristi. Da Fiuggi è venuta la conferma e si è delineata la strada che andiamo a percorrere; stare tra i giovani, nei luoghi dove nascono le speranze e le inquietudini, per ridare alla politica il senso della prospettiva e il contenuto alto del costruire insieme la storia degli uomini.
Dal nostro essere giovani parte questo cammino. Siamo i giovani di questi anni difficili, che rifuggono istintivamente dalla «politica politichetta», carica di tanti paradossi del nostro tempo. Si parla spesso della condizione giovanile come caratterizzata da «un'identità di basso profilo», cioè da una difficoltà ad investire, in ogni ambito del- 1'esistenza, un'intensa carica affettiva. Ma siamo anche una generazione caratterizzata da una pluralità di appartenenze, in ognuna delle quali viviamo parzialmente, quasi fossimo viandanti; viviamo cioè la nostra vita in molteplici luoghi educativi, con più riferimenti, senza che nessuno di questi diventi esclusivo.
Siamo i figli della secolarizzazione. Questo processo che, silenziosamente, ha rivoluzionato dall'interno il nostro sistema, parallelamente con il tramonto di un unico ordine veritativo, si è affermata una struttura poliarchica, a fronte del vecchio sistema gerarchicamente ordinato che è stato messo in crisi in più punti nevralgici.
I frutti della secolarizzazione
Viviamo, lavoriamo, facciamo politica dentro la complessità. La consapevolezza del fatto che non vi sono più, ormai, nemici da combattere e sui quali impostare una identità solida, ha scardinato il nostro stesso sistema politico, trasformatosi in una serie di microtemi e microconflittualità, molto difficilmente componibili.
Sempre più spesso il soggetto politico si trova a rimorchio dei cambiamenti e non ne è la guida consapevole.
Educare alla politica
Solo accettando di vivere senza passività la complessità come dimensione centrale della vita sociale riusciremo a stare dentro i conflitti del sistema e a guidare il cambiamento senza farsi trascinare dai mutamenti sociali.
E per stare in questa complessità la prima condizione è l'essere attrezzati culturalmente per capire con pazienza i meccanismi di un sistema frazionato e che stritola chi vi si addentra senza la preparazione necessaria.
Ecco quindi che davanti a noi si profila il piano sul quale siamo chiamati a dare il nostro contributo; quello della formazione politica, sul quale, a tutti i livelli del nostro Movimento Giovanile, dovremo fare un salto di qualità. Quest'opera di formazione dovrà permetterci di individuare, come stile di far politica, una sorta di «filo rosso» che riesce a legare a livello di proposta politica le singole scelte che assieme compiremo senza che esse siano frutto dell'emozione del momento o della fantasia di qualcuno.
Sulla risposta a queste sfide, alla fine, sarà giudicato il nostro lavoro.
Un lavoro collegiale
Credo sia importante infine sottolineare che solo attraverso un reale lavoro d'équipe sarà possibile dopo questi anni di rifondazione del Movimento Giovanile passare ad un'altra fase politica.
Oggi, se è vero che noi vogliamo rifuggire dalla politica professionalizzata, non possiamo però dimenticare che l'approssimazione politica non paga più: ne deriva la necessità di immaginare luoghi di confronto politico e di riflessione culturale sui grandi temi della vita politica.
Per questo credo che la Direzione Nazionale, il Consiglio Nazionale, ma anche la base del MG debbono concorrere ad elencare il tema della nostra proposta.
Nel lavoro collegiale si comprenderà il gusto della povertà dei mezzi del nostro MG.
Credo sia importante riscoprire il gusto della povertà degli strumenti e lo spirito di «volontariato prestati alla politica».
Così eviteremo assieme il rischio del distacco tra la politica ed i giovani. Solo se rimaniamo giovani, solo se evitiamo il rischio di svolgere mansioni da piccoli funzionari o da burocratici pronti a tutto, sapremo rimanere a contatto col mondo giovane.
Non ho voluto svolgere una trattazione tematica degli ambiti in cui l'impegno del Giovanile si caratterizzerà: sarebbe stato un inutile elenco di problemi aperti.
Mi sembra centrale in questi tempi di «grigia politica» che proceda la riflessione sul metodo dell'agire politico. Abbiamo iniziato questi anni di difficile cammino comune con una battaglia di civiltà e di solidarietà internazionale: «Un pane per la libertà» indica la nostra attenzione peculiare alla politica estera e la nostra volontà di far crescere ovunque la democrazia. In un periodo in cui si teorizza che «piccolo è bello», anche se non cresce, noi dobbiamo rispondere volando alto, perché i confini sono superati non solo dai processi finanziari ed economici, ma anche dalla sensibilità della gente comune ed in particolare da noi giovani.




















































