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40 anni di riviste dei giovani dc

Nuova Politica - 40 anni di riviste dei giovani dc pagina 30
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Da "La Punta", uscita nell'agosto del '44 con il suo primo numero, a "Nuova Politica", il mensile dei giovani dc dei nostri giorni. Su quelle pagine, tante firme di nomi illustri divenuti negli anni protagonisti della scena politica italiana.

Il 13 agosto 1944 iniziò ad uscire, come supplemento settimanale de «Il Popolo», «La Punta», organo dei giovani della Democrazia Cristiana, il cui primo numero era stato distribuito il 3 febbraio con la dicitura «organo della gioventù democratico cristiana studente e lavoratrice».

Mentre Giulio Andreotti venne chiamato dalla Segreteria Politica della dc a dirigere i Gruppi Giovanili, la direzione de «La Punta» fu affidata a Giorgio Tupini: al primo fu in sostanza affidato il compito di guidare l'inserimento dei più giovani nel nuovo partito, fungendo così da raccordo tra De Gasperi e le giovani generazioni di cattolici cresciuti nel ventennio ed ansiosi di impegnarsi nella dc, mentre Tupini trovò un maggior spazio di azione nel- 1'ospitare e promuovere i dibattiti su «La Punta».

L'organo della Gioventù Democristiana poté così ospitare, nell'estate del 1944 un fitto dialogo con i cattolici comunisti di Franco Rodano, la futura «sinistra cristiana», e numerosi dibattiti sui rapporti tra DC e le altre forze politiche, sulla stessa questione istituzionale; mentre Andreotti sceglieva una linea di moderazione affermando, nel febbraio 1945, che era opportuna una attenta riflessione sull'eventuale mutamento istituzionale, Giorgio Tupini scriveva su «La Punta», fin dall'agosto dell'anno prima: «La Direzione della Democrazia Cristiana non ha ancora detto la sua parola e sta ancora consultando il partito. Noi intanto possiamo affermare che la gioventù democristiana è nella stragrande maggioranza per la repubblica, per il significato storico che una tale posizione ha come espressione della volontà decisa di democrazia, perché proprio nella repubblica riconosce oggi una obiettiva e concreta garanzia di libertà, sociale oltre che politica, e perché ha superato da tempo tutte le argomentazioni monarchiche che si compendiano nella esaltazione della forza della tradizione. La tradizione, come l'eredità, non si accetta senza beneficio d'inventario e dall'inventario risulta che la monarchia è idealmente in antitesi con l'ideale democratico e che praticamente è divenuta oggi il palladio della conservazione sociale, il centro di una incrostazione di interessi e – ahimé -una efficientissima ciambella di molte, di troppe camicie nere».

Dopo Andreotti e Topini, Galloni, Baget Bozzo e Signorello

«La Punta» restò fino al giugno 1947 organo dei Gruppi Giovanili, (dopo Tupini fu diretta da Franco Evangelisti), e costituisce una fonte importantissima di notizie circa i dibattiti e la vita dei giovani nella dc a cavallo della Liberazione (una particolare sottolineatura meritano le vicende dei rapporti tra i Gruppi Giovanili dc e il Fronte della Gioventù).

Dopo la nomina di Andreotti a sottosegretario e le sue conseguenti dimissioni da Delegato Nazionale, il Movimento Giovanile scelse come reggente Cesare Dall'Oglio e incaricò Giovanni Galloni, delegato regionale dell'Emilia Romagna, di dirigere il nuovo bollettino di formazione, chiamato «Per l'Azione» in collegamento ideale con l'analoga iniziativa di M.R.P. francese, «Pour servir».

Nel primo numero di-«Per l'Azione» (1948) Galloni sottolinea la volontà di farla divenire uno strumento di formazione per i giovani quadri dirigenti: «Ci siamo accorti – scrive Galloni – che la propaganda o l'azione non basata su una solida formazione politica, rischia di apparire una semplice agitazione priva di reale efficacia. Ci siamo accorti che l'attività la cui azione politica non riposa su una concreta visione finalistica non sarà in grado di esercitare una profonda influenza sulle coscienze degli uomini della nostra generazione».

In un momento storico in cui la vita politica necessitava di attivismo e semplificazione dei problemi (la campagna elettorale per il 18 aprile era praticamente già in corso), assume particolare rilevanza e significato la scelta, compiuta da Galloni, di creare uno strumento di «formazione» in cui, fin dal primo numero, si parlava di «premesse filosofiche maritainiane» di «Questione meridionale», della necessità di creare in periferia gruppi di studio.

«Per l'Azione» crea le basi per la futura distinzione all'interno del Movimento Giovanile tra i cosiddetti «pratici» ed i «teorici», i primi aggregati intorno al delegato nazionale Dall'Oglio, i secondi attorno alla rivista, diretta, dopo Galloni, da Gianni Baget Bozzo e successivamente, fino all'estate del 1950, dopo l'estromissione di Baget dall'Esecutivo Nazionale, da Nicola Signorello.

La gestione Dall'Oglio

Erano state proprio le proposte di Baget Bozzo, tendenti a creare i Centri per la preparazione sociale, a far nascere le distinzioni tra «pratici» e «teorici» così riassunta da Italo Uggeri su «Corrente Cristiana».

«I pratici considerano i Gruppi Giovanili come organizzazione che forma alla politica ponendo allo studio gli avvenimenti politici così come si svolgono giorno per giorno. I teorici pensano che i giovani debbano essere aiutati dalla loro organizzazione per darsi una coscienza democratica e per prepararsi ad essere la futura classe dirigente».

Malfatti e la seconda generazione

Dopo il congresso di Sorrento della fine del 1949, in cui Dall'Oglio fu confermato con appena 5 voti di margine su Baget Bozzo, il giovanile si dette un nuovo assetto, con maggior equilibrio interno tra i cosiddetti «pratici» e «teorici». Nel settembre 1950 Franco Maria Malfatti nell'assumere la direzione di «Per l'Azione» scrisse: «L'organizzazione fine a se stessa non ha senso e, quel che più conta, raggiunge sempre risultati fittizi: non si può credere nel- 1'efficienza di una struttura organizzativa, se prima non si hanno chiari i fini per i quali si approntano gli strumenti organizzativi».

Per Malfatti scopo della rivista doveva essere quello di creare uno «sforzo comune», «un comunicarsi a vicenda esperienze e cognizioni, tutte in sé stesse di poco valore, perché di giovani scarsi delle une e delle altre, ma tutte necessarie per abituarci a comprendere la realtà, onde mutarla».

Attorno a Malfatti e a «Per l'Azione», rinnovata nei contenuti, nell'incisività e anche nella veste grafica, si prepara la svolta del Movimento Giovanile. Nel febbraio 1951 al Convegno Nazionale di Ostia, Malfatti diviene Delegato Nazionale prevalendo sulla candidatura di Signorello. Un nuovo gruppo dirigente, più autonomo e più slegato politicamente dal partito, si trova a guidare il movimento giovanile: si tratta di quella «terza generazione» di cui aveva parlato Tommaso Morlino, dalle colonne di «Per l'Azione», pochi giorni prima del Convegno di Ostia: «La prima generazione – scriveva Morlino – va risolvendo il compito storico dell'inserimento dei cattolici nella vita politica italiana, mediante la assunzione di tutti i termini di questa vita. Essa si qualifica come il gruppo dirigente dei cattolici organizzati che con un rigoroso galantomismo individuale conduce la battaglia per la difesa del metodo democratico. Gli si è affiancata una seconda generazione con l'impegno di inserire il mondo cattolico nella dialettica della vita pubblica italiana, modificando le strutture su cui poggiamo i termini dello stato storico (... )In questa opera vi è posto per preparare un terzo gruppo dirigente, che sulla base di una metodologia e di un linguaggio comune elabori una teoria cristiana della politica che animi un partito – cantiere per la edificazione dalla disgregazione della realtà italiana di una società comunitaria e personalistica. Sulla base di questa precisa fisionomizzazione, la terza generazione può iniziare un colloquio e fissare di volta in volta la linea di sintesi con le precedenti generazioni. (... ) Dopo la generazione – concludeva Morlino – formatasi nell'astensionismo e nell'individualismo del mondo liberale, dopo la generazione formatasi alla macchia della dittatura, questa è la prima generazione che si può sviluppare incardinata nella stessa realtà umana che domani dovrà guidare... »

«Per l'Azione» diviene, dal 1951 al 1953, sotto la direzione di Bartolo Ciccardini uno strumento di dibattito interno ed esterno al partito: ai convegni di studio (come quello di Merano del 1951) e alla rivista iniziano a collaborare giovani provenienti anche da realtà esterne al movimento: Ruggero Orfei, Paolo Prodi, Andreatta, Ardigò, Nicola Pistelli, Scoppola, De Mita, Guerzoni, Chiarante, Cabras, La Valle. Negli anni della maggioranza assoluta Ciccardini, partendo dall'idea di Malfatti: «conoscere la realtà per mutarla», innesta l'idea di una «rivoluzione», portata avanti nell'ambito della gestione De Gasperi del Paese: lo Stato doveva garantire la «produzione giuridica capace di rendere effettivo lo sviluppo rivoluzionario». Sarà lo stesso Ciccardini a ripercorrere, quasi dieci anni dopo, i perché di quella affermazione: «Come può un giovane inserirsi nella battaglia politica, senza un'adesione morale ad una grande speranza umana, ad una grande idea rivoluzionaria? (... )Tutto va discusso, tutto va affrontato con coraggio ed idee nuove: la storia, i vecchi partiti, il modo di intendere la religione, i pregiudizi e le superstizioni, la legittimità del potere e della proprietà. Tutto va amato e riconquistato: il passato, le utopie rivoluzionarie, la speranza di educare l'uomo, l'educazione stessa, la solidarietà fra gli uomini, la tecnica, il modo di esprimersi, la volontà di combattere. Ecco una generazione fortunata ... ».

Laura con Cabras, De Angelis e Fuscagni

«Per l'Azione», parallelamente al «San Marco» di Firenze, diretto da Nicola Pistelli, si apre al dialogo con le altre forze politiche: il dibattito su «Cultura e Comunismo» tra Malfatti e Ruggero Zangrandi contiene segni di novità per tutto il mondo politico; i giovani della DC ormai «fanno opinione» anche al di fuori del partito. Nel febbraio 1953 Lucio Lombardo Radice scrisse a Nicola Pistelli: «È un fatto che Enrico Berlinguer, Ruggero Zangrandi ed io, e con noi tanti altri comunisti della terza e della seconda generazione, e anche della prima (compreso – credo – lo stesso Palmiro Togliatti), seguiamo con interesse ciò che si dice su Per l'Azione e su San Marco, e troviamo in queste pubblicazioni quello che non troviamo sugli organi ufficiali della DC: troviamo alcuni elementi comuni di formazione ideale, la base per un colloquio che non sia una rissa, per uno scambio di idee e non di invettive».

Nel 1960 arriverà la voce di Aldo Moro, nella presentazione, come segretario politico, di un nuovo numero della rivista a sottolineare l'importanza dell'Azione dei Giovani dc in quegli anni: «Per l'Azione fu certamente una delle migliori espressioni della ricerca che animò negli anni tra il '48 e il '53 i giovani non solo democristiani e, più in generale, cattolici, ma anche quelli appartenenti ad altre organizzazioni culturali e politiche. Mi sembra, a proposito della linea seguita dai giovani democristiani in quel periodo, che tre siano gli aspetti - continuava Moro – caratteristici: la tensione morale e spirituale applicata al lavoro di preparazione ideologica e politica; il costante riferimento e, direi, coordinamento, nell'attività teorica e nell'azione pratica, con le «èlites» più impegnate nelle organizzazioni cattoliche; il cordiale collegamento – conseguenza del legame cui ho, ora, fatto cenno – dei giovani cattolici nei confronti dei coetanei laici per un costruttivo e non equivoco scambio di idee e di esperienza e per una collaborazione leale ed efficace». Dopo le elezioni del 1953 la tensione all'interno del MG, anche per il mutato clima politico, cala rapidamente. Al Congresso di Napoli entrano in Consiglio Nazionale del partito quattro giovani: Malfatti (capolista dei non parlamentari), Morlino, Sarti e Chiarante. Ciccardini già da un anno aveva abbandonato «Per l'Azione» ed era passato alla vivace e ricca esperienza della rivista «Terza Generazione»; l'ingresso di nuovi elementi nel Centro Nazionale (Lucio Magri, Di Capua, Antonio Graziani) non fu sufficiente a mantenere il movimento a livello degli anni precedenti.

«Per l'Azione» fu sospesa (usciranno in seguito solo alcuni numeri unici diretti da Celso De Stefanis e Pietro Padula nel 56-57) e organo del movimento giovanile divenne «Impegno Giovanile» diretto da Ernesto Guido Laura. Nel periodo della gestione di Laura «Impegno Giovanile» non riesce a coprire lo spazio di vivacità culturale lasciato vuoto dalla scomparsa di «Per l'Azione», di «Terza Generazione» e del «San Marco», e si limita a svolgere un diligente compito di cronaca e di informazione. Quando, nel 1955, Laura diviene delegato nazionale, prevalendo sul gruppo aggregato intorno alla rivista «Il Ribelle e il conformista», la direzione di «Impegno» passa prima a Paolo Cabras, poi a Pompeo De Angelis e Carlo Fuscagni.

Il giornale torna ad occuparsi di temi più politici (oltre a recuperare una rinnovata veste grafica), di rapporto con le altre forze politiche, prima di tutto con i socialisti. La difesa del Centrismo di Laura lascia il posto (nel frattempo è divenuto Delegato Nazionale Celso De Stefanis), ad una riflessione su un possibile centro sinistra; «Anche se ritardato – scrisse Guido Bodrato nel 1956 su «Impegno Giovanile» – il tramonto del centrismo, ha lasciato il vuoto davanti ai partiti; eppure non è pensabile che questo vuoto sia destinato a permanere in attesa di qualche nostra decisione che tardasse a venire; in qualche modo un'altra politica si verrà a sostituire a quella centrista. In questo senso dovrà riprendersi la collaborazione con il PRI e il PSDI e dovrà allargarsi anche ad un PSI chiaramente attestato su posizioni democratiche».

Gli anni '60 con Benadusi e Bonalumi

Ancora «Impegno Giovanile» si impegna in una battaglia antigollista inviando il proprio direttore De Angelis in Francia per portare la propria solidarietà, insieme ai responsabili delle riviste dei giovani comunisti, socialisti e repubblicani, ai partiti che stavano cercando di ostacolare il gollismo.

Nel 1959 Carlo Fuscagni sospende «Impegno Giovanile» e fa nascere «Italiamondo», il settimanale sul quale iniziano a formarsi ed a dibattere i giovani che nell'anno successivo sarebbero passati a gestire direttamente il movimento con l'elezione a Delegato Nazionale di Luciano Benadusi. «Italiamondo» ottiene in breve successo per la forma giornalistica nuova, di attualità e studio nello stesso tempo; l'attenzione particolare è rivolta alla politica estera ma vengono trattati anche temi più politici e nazionali (dall'intervento dello Stato in Economia, alle innovazioni scientifiche, alla scuola ed ai rapporti con i socialisti). La veste grafica (curata da Mario Vedaldi, destinato a divenire il grafico di tutte le pubblicazioni del partito), le prestigiose collaborazioni (Rober Barrat dalla Francia, Marcello Spaccarelli dagli Stati Uniti, Angelo Narducci per la parte letteraria) e alcuni «colpi» giornalistici come le interviste a Nixon e Brandt, rendono Italiamondo un prezioso strumento di informazione.

Nel 1961 riprende ad uscire, con alcuni numeri, «Per l'Azione», sotto la direzione di Francesco Mattioli più incentrata sui temi interni alla vita di partito e sui dibattiti tra le diverse generazioni dei giovani dc. La rivista si fa promotrice di alcune iniziative in proprio come il convegno di Faenza del 1961 in cui i «nuovi giovani» si incontrarono con chi li aveva preceduti (Malfatti, Morlino, Ardigò) per discutere sulle prospettive del centro-sinistra.

Sul finire degli anni '60, nel periodo della battagliera gestione del Movimento Giovanile del Delegato Gilberto Bonalumi, «Italiamondo – Italiacronache» conosce un nuovo momento di vivacità: i temi attorno ai quali si stavano mobilitando i giovani del '68 vengono affrontati dal giornale in modo spregiudicato; sul Viet-nam, sulla politica di Nixon, su ogni questione internazionale «Italiamondo» è presente con ampi servizi, ricchi di giudizi e posizioni spesso lontanissime da quelle del partito in quegli anni.

Gli anni settanta ed i primi tre del successivo decennio sono caratterizzati da una progressiva crisi del Movimento Giovanile dc, incapace di adeguarsi alle esigenze dei tempi e di trovare una classe dirigente in grado di gestirlo. Specchio evidente di questo periodo di buio nella storia del movimento, è l'assoluta mancanza di una rivista in grado di portare al di fuori delle strette cerchie di dirigenti nazionali succedutesi negli anni, un minimo di idee e proposte.

Uniche eccezioni alcuni numeri isolati di una nuova «Per l'Azione», diretta da Marco Pollini negli anni 75-77 (del commissariamento voluto da Fanfani) e due numeri di «Argomenti» nella successiva gestione Pollini-Casini.

Renzo Lusetti e l'eredità della crisi: nasce Nuova Politica

Nel febbraio 1984 al Congresso nazionale di Maiori, una nuova generazione di giovani dc passa a dirigere il movimento sotto la guida del nuovo Delegato Nazionale Renzo Lusetti.

In giugno inizia ad uscire una nuova rivista, diretta da chi scrive, chiamata «Nuova Politica» ripensando anche a quella meravigliosa e irripetibile stagione di studi e speranze costituita da «Politica» di Nicola Pistelli.

Parlare di sé stessi, delle ansie che la propria generazione sta vivendo, dei sogni che sta cercando di fare divenire un po' più realtà, in chiave di lettura storiografica ovviamente non è possibile.

Restano valide le parole che i giovani di allora scrissero su «Per l'Azione» dopo essersi riuniti ventidue anni fa nell'ultimo dei convegni a, Faenza: «La via lungo cui abbiamo deciso, e qui confermiamo, di camminare come Movimento Giovanile, è quella del Partito Nuovo. (...)

Cambiare non vuol dire cambiare partito: ma investire il patrimonio esistente di una ideologia in movimento e la ricchezza ancora viva di una battaglia di popolo che confluisce nelle nostre file, in un coraggioso confronto con la società che si rinnova, esponendoci alle sue correnti dinamiche, come protagonisti del nuovo, e non come sovrastrutture o come succubi che con il vecchio verranno spazzati».

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