Il confronto quotidiano l'unica verifica!
Il Giovanile nel Congresso di Maiori ebbe modo di registrare la recuperata attenzione di larghe fasce del mondo giovanile alla vicenda democratica-cristiana. La positività di questo segnale e la necessità di non disperderlo, hanno imposto al Consiglio Nazionale e particolarmente alla Direzione un profondo impegno per corrispondervi in termini propositivi. Sicché se a Maiori si parlò di attenzione ora si deve parlare di una richiesta, che parta da noi, per realizzare una più ampia partecipazione.
Ho avuto personalmente modo, durante le riflessioni seguite al congresso, di dire che una tappa fondamentale e qualificante (oggi alla luce dei fatti direi obbligata) era la ricerca di un dialogo e confronto con le federazioni giovanili degli altri partiti. La dico oggi obbligata (questa necessità) perché condividendo in pieno la complessiva strategia del partito, ritengo che la formula adottata (pentapartito) non sia una necessità che aggiusta la distribuzione del potere e delle clientele nel nostro paese. Ma sia piuttosto una esigenza fondata su due obiettivi a mio avviso oggettivi. Primo, arginare l'azione strumentale e disimpegnata, rispetto ai problemi del paese del PCI; secondo, consentire una governabilità che non sia solo argine all'opposizione ma abbia la forza di ridare piena funzionalità alle istituzioni (al parlamento in particolare).
L'essere nel paese in maniera adulta, cosa che più volte abbiamo rivendicato, significa partecipare ai processi storici in atto.
Se l'esperienza del pentapartito scivolasse sulla pelle dei Movimenti Giovanili dei partiti che lo compongono, rischierebbe di non essere compresa da una intera generazione di giovani, che per questa sola ragione potrebbe ritornare a forme di contestazione verso istituzioni avvertite lontane dai problemi sui quali non siamo da sempre impegnati (droga disoccupazione, pace, ecc.).
Questi mesi che ci stanno alle spalle, da Maiori ad oggi, a mio avviso, sono stati utilmente spesi dal MG per meglio attrezzare il suo progetto complessivo, il rischio sarebbe quello di attardarsi oggi intorno al progetto senza far partire la proposta.
Vi deve essere sempre per chi fa politica la ricerca di una sintonia tra una realtà immanentemente legata al passare del tempo e una politica che in alcuni momenti disperdendosi nella complessità dei problemi rischia di apparire atemporale e promuovere la logica del rinvio che poi sempre la logica di chi il problema non c'è l'ha o di chi può rinviarlo, ma non risponde mai ai bisogni di chi il problema c'è l'ha e non può rinviarlo.
Se riuscissimo a capire che il tempo ci lega a quelle fasce di mondo giovanile presso cui i bisogni hanno l'urgenza del vivere quotidiano risulteremmo comprensibili complessivamente e il tempo speso avrebbe il significato di coltivare la speranza di un futuro dove concretamente e incisivamente la politica riscatti l'uomo e lo liberi dalla logica del bisogno.
Interrogarsi sulla validità della continuazione dell'esperienza unitaria all'interno del MG, significa verificare se un'azione così combinata ha i presupposti per essere condivisa da tutti o se invece siano maturate alternative fondate su elementi fortemente caratterizzati un diverso disegno. Non possiamo infatti prendendo a prestito dalla politica dei partiti l'espressione «verifica» coprire noi stessi, l'incapacità di produrre un lavoro orientato. Se agli occhi dei giovani ormai smaliziati dai mass-media ciò appare comprensibile per l'assetto di un governo, altrettanto non potrebbe succedere per l'assetto del giovanile.
Ciò che dobbiamo assolutamente evitare e che venga sciupata la possibilità di rispondere ai giovani, che hanno verso di noi attenzione, a causa delle incomprensioni interne al giovanile. Non c'è lo consente la situazione generale del paese, ad ognuno di noi non lo consente la propria coscienza. L'aspetto che viceversa secondo me deve essere al centro delle nostre preoccupazioni, é quello di rendere la nostra proposta semplice anche nel suo articolarsi. Abbiamo visto come sia difficile a volte comprenderci tra noi, immaginiamo quanto lo sia di più nel momento in cui i nostri interlocutori diventano i giovani di tutto il paese.
Se noi riuscissimo a vincere la tentazione forte di non proporre per non sbagliare, solo in quel caso diventeremmo autentici attori sulla scena politica, in grado di cambiare le cose o comunque nella peggiore delle ipotesi di contribuire ad un dialogo sulle cose.
Abbiamo rivendicato che vi sia un partito «diamantino», non possiamo però pensare che la moralità in politica sia un fatto solamente vissuto interiormente e senza conseguenze politicamente incidenti.
Se un imperativo ci spinge alla politica l'azione che ne consegue è necessaria dell'esigenza di condividere complessivamente i problemi del paese e tentarne per la parte cui ognuno è chiamato di contribuire alla soluzione.
Attraverso la verifica interna al giovanile si supera non soltanto un solo importante rispetto alla prospettiva ma anche una indicativa sofferenza rispetto a ciò che avvertiamo si debba fare e che per le più svariate ragioni, non è molto spesso colmato dalle nostre iniziative. I motivi che concorrono a determinare questa situazione sono senz'altro molteplici, ne possiamo elencare alcuni: l'aver dovuto stabilire relazioni interpersonali tra i quadri del giovanile di rilevante importanza politica, l'aver dovuto colmare un vuoto d'iniziativa del Giovanile che ci proviene dal passato ecc., ma ciò che è positivo e che ci rende vivi è avvertire la necessità di un aggiustamento dell'azione e della strategia che meglio li sintonizzi con la società. L'altra risposta riguarda quindi questa nostra capacità sull'essere pronti ad un confronto così articolato e per questo così difficile, con le forze questa volta non solo politiche, ma culturali e sociali del paese.












































