Una sfida sulle cose concrete
Intervengo nel dibattito sulla Forma organizzativa del MG recitando un sincero «mea culpa» per lo scarso impegno nelle strutture di partito ma con la speranza di portare alla discussione un contributo non retorico e in linea con la sensibilità giovanlile.
La tentazione – infatti – affrontando un tema politico così generale è di far un bel pistolotto sulla riscoperta dei valori originari e sull'a anzata della rivoluzione tecnologica, per la ciarsi poi cullare da sogni grandiosi di ritrovata efficienza e di diffusione capillare del MG. In realtà, la nostra generazione si affaccia impreparata ed incerta sulla cena della politica e fare solenni dichiarazioni di intenti per una generica soci tà futura, sarebbe solo un patetico tentativo di rimuovere questa con apevolezza.
Anche questa rivista che abbiamo ambiziosamente intitolato alla «Nuova Politica» non pretende di essere il braccio editoriale di una battaglia politica già in atto, ma ha il consapevole scopo di porre fine al torpore degli ultimi anni, ricominciando quanto meno a discutere. Piaccia o non piaccia, le organizzazioni giovanili di partito ripartono oggi con poche certezze e con avversari sfuggenti: la crisi dello stato sociale e l'impatto dell'evoluzione tecnologica sul sistema produttivo ribaltano gli orizzonti convenzionali della dialettica politica e rendono inservibili gli strumenti tradizionali di governo della società; l'accresciuta complessità dei problemi in ogni settore sociale (ometto parentesi esplicative) mette a nudo l'usura delle vecchie parole d'ordine.
Allora, se non vogliamo agitarci vanamente, dobbiamo chiarire il tipo di attività che il MG deve svolgere a breve termine, concentrando gli sforzi su impegni concreti e prendendo bene le misure dell'ambiente circostante.
Purtroppo ad ogni cambio di gestione politica, c'è il rischio di proporsi obiettivi generici («essere protagonisti», «fare la coscienza critica del partito», ecc.), qualificarli con aggettivi buoni per ogni stagione («nuovo», «diverso»), per finire rapidamente a calcare le orme del modello più collaudato di MG: e cioè di una organizzazione latitante a livello periferico e rappresentata a livello nazionale da un manipolo di volenterosi, costretti a recitare l'insipido ruolo dei politicanti di professione e a sfornare periodicamente comunicati stampa, che nessuno legge. L'altra pericolosa illusione è immaginare un MG dalle dimensioni di massa e affannarsi poi a cercarne strumenti corrispondenti di proselitismo e di organizzazione. Già c'è un faraonico regolamento con norme dettagliate e numeri legali anche per gli inesistenti organismi giovanili di sezione; qualcuno sogna addirittura di «inventare nuove forme di presenza» nelle scuole e nelle strutture del tempo libero (forse quell'araba fenice delle sezioni d'ambiente) o di attirare gli incerti con forme non compromettenti di tesseramento (cioé con il fantasioso surrogato della adesione o della dichiarazione d'intenti): sullo sfondo c'è il miraggio confuso di un MG che scende nelle strade a catalizzare le battaglie giovanili e si dà una struttura capace di offrire uno status decisionale alle istanze locali e alle organizzazioni autonome, ma al tempo stesso agile, snella, non burocratica.
Tutto un bagaglio di pie intenzioni, che non solo presuppone energie titaniche nel MG, ma ignora anche i meccanismi reali del consenso politico: ricordiamoci di come anche la nostra prima adesione fu il frutto dell'immagine complessiva che la DC seppe darsi in certi anni attraverso le scelte e i comportamenti dei suoi uomini di prima linea; di come fummo noi a cercare il MG, senza bisogno che il partito calasse nelle scuole a distribuire tessere e bollini o a creare sezioni di simpatizzanti; e di come trovammo, caso mai, poche attività intelligenti da svolgere e al loro posto lotte selvagge per la spartizione dei Comitati Provinciali e rituali vaniloqui sul rinnovamento e sull'ispirazione cristiana. Negli anni '80, con il dominio assoluto dei mass-media sugli altri strumenti di comunicazione e con le ultime generazioni sperdute in un arcipelago di culture incomunicanti, il problema del consenso non può essere affrontato utilmente al livello del MG. Oltretutto esso, per le considerazioni che facevo all?inizio, sconta la situazione generale di incertezza della cultura politica e non è in grado di offrire alle nuove generaz.ioni molto più che oneste aspirazioni o indicazioni di ciò che non vuole essere.
Allora la proposta, in estrema sintesi, è questa.
Lasciamo perdere velleità movimentiste e progetti di alta ingegneria statuaria. Manteniamo cioè quel minimo di normativa che dà una legittimazione formale agli organi rappresentativi: un sistema di iscrizioni (senza andare a cercare anche i bambini!) e di elezioni interne di massima semplicità. (Già oggi, se si guardasse al rispetto delle regole, bisognerebbe commissariare 4/5 dei Comitati provinciali: a maggior ragione·questo accadrebbe con normative più astruse).
Poi concentriamo una buona volta tune le nostre risorse umane organizzative e finanziarie su una attività permanente di formazione.
Entro ranno i responsabili provinciali e comunali vengano impegnati a promuovere iniziative di formazione nel campo dell'amministrazione locale. anche in prospettiva delle elezioni: in modo da avere pattuglie di giovani che sanno leggere un bilancio comunale o un piano regolatore. si orientano sui problemi del traffico, della politica culturale e così via: pronti a dare battaglia dentro e fuori il partito con cognizione di causa. Specie a livello locale. poi. c"è una notevolissima disponibilità dei giovani delle organizzazioni cattoliche per impegni «costruttivi» di questo tipo.
Per parte sua il Centro Nazionale dia segnali chiari in questa direzione: organizzando, a cadenza serrata (ogni tre o quattro mesi), magari nelle sedi convenzionate col partito, incontri seminario di formazione sui temi brucianti dell'attualità politica (problema della casa, sistema sanitario) e su quelli più congeniali all'ispirazione solidaristica del partito (politica in difesa della famiglia, anziani e pensioni, handicappati). Suggerimenti utili vengono dall'esperienza tedesca, dove le scuole di formazione hanno un ritmo coinvolgente: preventiva distribuzione di materiale di studio, parziale sovvenzione ai partecipanti, incontri con esperti e protagonisti del settore, visite guidate nei luoghi di volta in volta interessati (aziende modello, comunità terapeutiche ecc.). Anche il partito non potrebbe rifiutare un appoggio concreto di fronte a programmi concreti. D'altra parte, chi ha partecipato a occasioni di questo tipo, sa che rappresentano piccole scariche elettriche nel corpo del MG, risvegliando interessi, facendo discutere e incontrare persone, generando processi imitativi a livello locale.
Poi il giornale raccolga gli stimoli e li diffonda come argomento di discussione all'interno e all'esterno.
È una prospettiva forse non epica, ma certamente realizzabile, e che segnerebbe un'impronta di vitalità per questa gestione, un piccolo atto di trasgressione (quella di cui ama parlare con linguaggio un po' «scapigliato» il nostro delegato Lusetti) nei confronti del costume tramandatoci.
Sperimentiamo per un paio d'anni questa strada e vediamo se al termine di questa cura ricostituente ci sarà un MG capace di volgere nuovamente un ruolo di stimolo al partito con atti isti competenti nei propri ambienti di vita non con pallidi portaborse n Ile anticam re di capicorrentc.


















































