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Nuova Politica - Verso le riforme?
A Ravenna il corso di formazione ha messo in relazione vecchi e nuovi protagonisti dell'impegno dc per la Costituzione.

Il tema delle riforme istituzionali è da tempo al centro del dibattito politico ed è elemento qualificante il programma del governo De Mita. Partendo dalla considerazione che si parla molto e da più parti di riformare, ma che spesso rimane oscuro per il cittadino il che cosa e il come si vuole riformare, con chi e per chi si vuole riformare, il Mgdc della provincia di Ravenna ha recentemente organizzato un corso di formazione politica che aveva come titolo «Riforme istituzionali e nuova politica». Qualificati relatori hanno partecipato ai dibattiti: il prof. Guerra, il prof. Pagliari, il dott. Mioni ospiti d'onore del corso, cui è toccato il compito di aprire i lavori, sono stati il sen. Benigno Zaccagnini e l'on. Sergio Mattarella, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Il sen. Zaccagnini, con la passione che lo contraddistingue, ha ripercorso le tappe entusiasmanti attraverso cui si è giunti alla stesura della nostra Carta Costituzionale, sottolineandone l'assoluta intangibilità per quanto attiene alla sostanza della stessa. La Costituzione, nonostante gli oltre 40 anni trascorsi dalla sua formulazione, dimostra ancora notevole modernità: a testimonianza di quanto affermato è sufficiente ricordare che la Costituzione nella sua struttura generale è ancora oggi presa ad esempio in paesi con tradizioni storiche, politiche e giuridiche diverse dall'Italia (Spagna, Grecia, Portogallo, Brasile). Vi sono però meccanismi che forse è opportuno modificare per garantire un migliore funzionamento delle strutture istituzionali, secondo i bisogni reali delle persone del nostro tempo, senza che ciò comporti necessariamente un mutamento costituzionale. L'on. Mattarella, dopo aver sottolineato che la modernità della Costituzione deriva dal fatto che le norme costituzionali sono caratterizzate da una intrinseca elasticità programmatica e da un elevato livello di adattamento ai mutamenti economici, politici e sociali, ha sostenuto la necessità di riforme che consentano di superare le discrasie tra i tempi della società e i tempi della politica e il recupero di tempestività decisionale dell'apparato istituzionale. Obiettivo primario diviene quindi quello di ristabilire il rapporto, che spesso appare interrotto, tra politica e società, attraverso istituzioni più aperte ai cittadini. L'on. Mattarella ha poi focalizzato l'attenzione sulle questioni oggetto di discussione in Parlamento: il bicameralismo, la nuova disciplina della Presidenza del Consiglio, la riforma delle autonomie locali e quella dei regolamenti parlamentari.

Nel prosieguo dei lavori è stato poi sottolineato che il problema delle riforme deve essere affrontato valutando non solo gli aspetti politici, ma anche quelli giuridici. Capire cosa significa riforma istituzionale dal punto di vista tecnico serve forse per comprendere meglio quale può essere la filosofia di fondo e quali possano essere le effettive conseguenze determinate dall'ipotesi formalmente esposta. Con questo criterio è possibile verificare se la riforma nei termini in cui è proposta persegue unicamente fini strumentali e di parte o se invece corrisponde a reali e generali esigenze di ammodernamento. Non si può negare che occorre procedere con gradualità nella realizzazione del processo riformatore, ma non esistono riforme assolutamente fondamentali ed altre per così dire accessorie: tutte concorrono al buon funzionamento della macchina statale.

Sulla base di queste considerazioni, oltre alla revisione dei rapporti tra Parlamento e Governo, in modo da garantire funzionalità, capacità decisionale ed effettivi poteri di controllo del Parlamento sull'Esecutivo, alla riforma delle autonomie locali occorre un serio processo di modifica del sistema giudiziario. In un paese che si definisce la culla del diritto non è più possibile tollerare gli attuali tempi della giustizia italiana. A questo punto la memoria non può non andare alla vicenda del referendum sulla responsabilità civile del giudice che qualcuno ha cercato di far credere fosse la panacea di tutti i mali della giustizia italiana. Il problema in questione coglie un aspetto tutto sommato parziale della complessiva crisi, tenendo anche conto dei veri obiettivi che i promotori intendevano perseguire.

Credo che possa ricondursi alla problematica delle riforme anche l'ammodernamento delle strutture creditizie e tutte le questioni relative agli appalti, alle sovvenzioni e alle incentivazioni pubbliche nell'ambito delle quali è sempre più necessaria l'introduzione di sistemi che garantiscano correttezza e trasparenza.

Come è facile evincere da questa breve analisi un vero processo riformatore non può fermarsi alle questioni relative alle leggi elettorali o al bicameralismo perfetto, ma deve comprendere altre problematiche inerenti alla vita complessiva della società, che per questo devono essere considerate istituzionali. Il generale processo di rinnovamento dovrà realizzarsi anche all'interno dei partiti in modo da consentire una maggiore e diretta partecipazione dei cittadini nella scelta della classe dirigente e nella definizione della linea politica. Se i partiti hanno svolto un ruolo determinante nello sviluppo della democrazia, occorre che essi stessi si adeguino allo sviluppo democratico del paese per assolvere al compito fondamentale di organizzatori della presenza dei cittadini nello Stato sulla via del superamento del divario tra società e politica. L'ultima considerazione sul fine del processo riformatore: la riforma istituzionale non potrà esaurirsi in interventi di ingegneria costituzionale o nell'attuazione di astratte teorie giuridiche, ma dovrà consentire la riscoperta del vero valore della politica, di una politica ispirata da principi, capace di dare ordine, espressione e realizzazione agli interessi della collettività, in grado di ristabilire un rapporto vitale tra società e stato. Per dirla con le parole che De Mita usa a conclusione del libro «Politica e istituzioni nell'Italia repubblicana», riformare le istituzioni «diventa la via regia per restituire alla politica, in quanto tale, la grande dignità che le è propria e il consenso pieno della gente. In tal modo diventa possibile, per i partiti in specie, legittimarsi nuovamente in una matura democrazia pluralistica, come perno della competizione per organizzare gli interessi particolari e le aspirazioni generali, in vista della crescita ulteriore della libertà e dell'uguaglianza dei cittadini.

Un potere esecutivo «normalizzato»
Mauro Amadio

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