Contratti formazione-lavoro. Un'occasione perduta
Era stata presentata come una misura urgente «a sostegno e ad incremento dei livelli occupazionali» la legge sui contratti formativi al lavoro. Sembrava dovesse avere effetti taumaturgici per la disoccupazione giovanile, quel decreto legge proposto nel gennaio del 1983 dall'allora ministro del lavoro democristiano Vincenzo Scotti.
Invece a cinque anni di distanza, a conti fatti, si è rivelata un'occasione perduta, offrendo risultati deludenti sotto il profilo occupazionale e prestandosi a considerazioni polemiche. Perché? Esaminiamo la legge: L'articolo 3 della legge istitutiva prevede che «i lavoratori di età compresa fra i quindici ed i ventinove anni possono essere assunti nominativamente con contratto di formazione lavoro non superiore a ventiquattro mesi dagli enti economici e dalle imprese».
«Le richieste avanzate dalle aziende» continua la legge «devono essere approvate dalle commissioni regionali per l'impiego». In sostanza l'obiettivo prioritario dei contratti formativi sembra, all'apparenza, essere appunto la formazione professionale del lavoratore acquisita attraverso un «tirocinio» e un'applicazione costante alle mansioni aziendali per le quali è stato richiesto il suo inserimento nell'organico. Ciò significa che se un ragazzo ventenne viene assunto da una fabbrica metalmeccanica con contratto di formazione lavoro, al termine del quale riceverà la qualifica di tornitore, si presuppone che nei due anni di rapporto il giovane dipendente dovrà imparare il mestiere. Sotto questo aspetto la legge sui contratti formativi non ha introdotto quindi molte innovazioni rispetto alla legge sull'apprendistato che concedeva alle aziende di usufruire della figura dell'apprendista, con una funzione più sociale, puntando anche a togliere i ragazzi dalla strada e dai suoi rischi per avviarli ad un lavoro.
Di nuovo c'è l'innalzamento del limite di età a 29 anni. La «parentela» fra i due strumenti emanati in materia nel settore lavoro è dimostrata dall'articolo 8 della legge «Scotti», nel quale vi si legge: «Per i lavoratori assunti con il contratto di formazione la quota di contribuzione a carico del datore di lavoro è dovuta in misura fissa corrispondente a quella prevista per gli apprendisti dalla legge 19 gennaio 1985 n° 25».
Questo significa la quasi completa fiscalizzazione dei contributi a carico del datore di lavoro durante i due anni di durata del contratto. È quindi più l'idea del risparmio più l'idea del risparmio contributivo, grande sollievo per i bilanci, che spinge le aziende ad assumere i giovani con il contratto di formazione, che non la prospettiva di istruire e formare il lavoratore. Negli ultimi tre anni sono stati migliaia i giovani assunti con i benefici di questa legge, ma di formazione se n'è fatta ben poca. Ecco perché la pubblicità televisiva che enfatizza i contratti di formazione e lavoro appare del tutto stridente e inopportuna. Le polemiche infatti non sono mancate.
Inoltre stando sempre all'articolo 5 della legge 863 il contratto non è rinnovabile, per cui alla fine dei ventiquattro mesi di prova il datore di lavoro, può scioglierlo motivando la non idoneità del lavoratore alle mansioni per le quali è stato assunto. Sono stati denunciati casi di licenziamenti ingiustificati in cui i lavoratori sono stati assunti esclusivamente per posti vacanti o per esercitare la parte di «jolly tuttofare» in momenti di esuberanza di lavoro. Insomma uno strumento più a favore delle aziende che ne hanno fatto uso, che non a vantaggio della qualificazione della forza-lavoro.
Anche il punto 17 dell'articolo 3 è stato ampiamente disatteso. È prescritto infatti che nel caso in cui «Io svolgimento di determinate attività sia richiesto il possesso di titolo di studio, questo costituisce requisito per la stipulazione del contratto di formazione e lavoro finalizzato allo svolgimento delle predette attività».
Non sono isolati però gli esempi di laureati o diplomati assunti come operai, o altre situazioni anomale, per cui anche questo passo della legge sembra essere rimasta una bella intenzione.









































