Nuova Politica - Giovani al microscopio pagina 86
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"L'età del disagio" è il titolo di un'indagine sulla condizione giovanile in Italia, curata dall'Ispes (Istituto di Studi Politici Economici e Sociali). Pubblicata nel 1991, l'indagine è stata realizzata in collaborazione col Movimento giovanile dc. E' un valido strumento di analisi della realtà giovanile, basato sulla ricerca socio-statistica. Ottimo per avere un quadro attuale e per proiettarlo nel futuro. Ecco perché abbiamo scelto di proporre in questa pubblicazione una sintesi dell'indagine, che faccia da riferimento concreto per i temi che affrontiamo.

Dall'introduzione di Gian Maria Fara, direttore dell'Ispes:

La crescente competitività, il narcisismo collettivo, l'indifferenza per ciò che accade al di là del proprio privato lasciano dietro di sè le proprie vittime, una società nella società, che spesso preferiamo non vedere e di cui preferiamo non parlare. In questo vuoto .finiscono per trovarsi non pochi dei problemi che connotano la condizione giovanile: dalle tossicomanie alla violenza, dalla perdita di senso alla precarietà esistenziale. Si guardi al mercato del lavoro, ai processi formativi, ai percorsi scolastici, ai tanti segnali di malessere che giungono dal "pianeta giovani" e allora ci si renderà conto che la marginalità giovanile non è uno scherzo, una invenzione dei sociologi per fare notizia.

Come saranno allora i giovani di domani? Ancora resistono, anche se ormai molto indeboliti, il mito e la figura dello yuppismo e del rampantismo e, comunque, non si può pretendere che uno stile di vita che ha segnato un intero decennio possa scomparire da un giorno all'altro voltando le pagine del calendario. Il giovane rampante conseroa ancora un certo prestigio, ma è ormai un prestigio tutto interno alla categoria dei "giovani in corsa". Si scorgono invece nuovi segnali, che via via si fanno più chiari e forti, di una diversa ricerca di senso delle generazioni più giovani. Una ricerca affidata alla riscoperta di un sistema di valori dal quale trarre punti di riferimento e di stabilità di fronte alla complessità di una società postmoderna che non proponendo una propria gerarchia di valori costringe i singoli ad una elaborazione continua e personale.

Gli anni Settanta sono stati gli anni della partecipazione; gli anni Ottanta sono stati gli anni della delega; gli anni Novanta potrebbero essere o gli anni del rifiuto o quelli di un nuovo impegno. Personalmente propendo per questa seconda ipotesi, confortata dai dati e dalle informazioni che emergono da numerose "realtà silenziose" che occupano di giorno in .giorno spazi sempre maggiori del vivere associato.

Gli anni Novanta vedranno emergere la novità di una crescita ulteriore del volontariato, cosf come la nascita di nuove forme di aggregazione giovanile (sul tipo Pantera) ispirate e guidate dalla esigenza di risolvere i numerosi problemi di giustizia sociale·che colpiscono i giovani.

Quanti siamo

Non ci sono dubbi sul fatto che anche nel nostro Paese sia in atto un progressivo invecchiamento della popolazione: se oggi su 100 italiani 14 sono anziani (ultrasessantacinquenni) e solo 19 sono i giovani di età compresa fra i 14 e i 25 anni, nel 2007 il numero di anziani salirà a 19, mentre quello dei giovani precipiterà a 12.

Popolazione per classi di età

(1971-2007)

Anni

Popolazione tot.

14-25 anni

V.A.%

1971

54.136.547

9.538.098

17,62

1981

56.556.911

10.554.202

18,6

1989

57.576.429

11.068.992

19,2

1992

57.522.818

10.295.976

17,9

1997

57.633.873

8.797.349

15,2

2002

57.454.836

7.394.167

12,8

2007

56.808.402

6.908.736

12,1

Fonte: elaborazione Ispes su dati Istat

Giovani e istruzione

Il pianeta scuola rappresenta uno degli argomenti privilegiati su cui si soffermano analisi, discussioni, dibattiti. Fiumi di parole sono stati riservati ai problemi, numerosi e reali, che vessano la realtà scolastica nel nostro Paese e su questo mare magno di interventi, indagini, confronti e tavole rotonde, torreggia quella che meglio rappresenta le incongruenze e le contraddizioni della politica scolastica italiana: la riforma della scuola secondaria superiore, o meglio la sua mancata realizzazione. Il nostro sistema scolastico aspetta ormai da quaranta anni una riforma, il cui contenuto diventa giocoforza obsoleto man mano che nuovi problemi vanno ad aggiungersi a quelli vecchi e irrisolti. Ma di quante leve si compone l'esercito degli studenti delle secondarie in Italia? Scopriamolo nella tabella.

I dati relativi all'ultimo decennio (1980-1990) evidenziano un trend costantemente crescente degli studenti iscritti, che passano da poco più di 2 milioni e 400 mila nel 1980 a circa 2 milioni e 900 mila nel 1990. L'incremento è frutto degli andamenti demografici (il cosidetto "effetto cicogna"): gli studenti che negli anni Ottanta sono stati iscritti alle scuole secondarie superiori appartengono, seppur marginalmente, alle classi del baby-boom, mentre i figli del post baby-boom (in numero sempre più ridotto) vanno a popolare le aule dei livelli più bassi di istruzione.

Studenti iscritti e insegnanti nella suole secondarie superiori (1980/81-1989/90)

Anni Scolastici

Studenti Iscritti

Insegnanti

1980/81

2.423.230

244.125

1981/82

2.443.946

247.315

1982/83

2.470.036

250.258

1983/84

2.508.800

251.842

1984/85

2.550.147

255.454

1985/86

2.605.002

267.937

1986/87

2.657.262

277.205

1987/88

2.719.334

n.r.

1988/89

2.778.684

n.r.

1989/90

2.852.614

n.r.

Fonte: elaborazione lspes su dati lstat

La laurea difficile: controindicazioni del sistema universitario italiano

Gli anni Ottanta sono stati segnati da numerose innovazioni intervenute a livello istituzionale che hanno modificato in maniera rilevante il sistema universitario. Basti pensare ai cambiamenti apportati all'organizzazione accademica dal D.P.R. 382/80 attraverso il quale sono nati i dipartimenti e il dottorato di ricerca e con cui è stato istituito uno specifico ruolo professionale di ricercatore, nonchè uno stanziamento annuale di fondi erogati dal Ministero della Pubblica Istruzione e destinati alla ricerca accademica.

Con la legge n. 168 del 1989 è stato inoltre istituito il Ministero dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica. Se grande impulso, quindi, è derivato all'attività di ricerca dalle innovazioni legislative dello scorso decennio, non altrettanto può dirsi per la sfera della didattica che versa in uno stato di crisi caratterizzato da alti livelli di inefficienza e inefficacia.

Studenti iscritti, sedi, Facoltà e professori universitari (1980/81-1989/90)

Anniacc.

Studenti iscritti

Sedi

Facoltà

Professori

1980/81

1.047.874

45

295

25.855

1981/82

1.024.681

45

295

25.776

1982/83

1.022.282

45

302

26.814

1983/84

1.054.768

46

303

28.086

1984/85

1.106.582

47

314

27.208

1985/86

1.113.175

47

314

28.074

1986/87

1.085.900

47

318

28.689

1987/88

1.153.774

n.r.

n.r.

29.902

1988/89

1.222.765

n.r.

n.r.

30.484

1989/90

1.291.991

n.r.

n.r.

30.699

Fonte: elaborazione lspes su dati Istat

Giovani e lavoro

La recente storia economica e sociale del nostro Paese è stata testimone di una percettibile trasformazione del significato attribuito al binomio "giovani e lavoro". Le modalità di relazione tra il mondo dei giovani e quello del lavoro hanno subito profonde metamorfosi, soprattutto in ragione delle diverse vicissitudini che hanno contraddistinto il mercato dell'occupazione. Il valore, sia simbolico sia materiale, che da sempre i giovani hanno riconosciuto al lavoro quale fonte di indipendenza e autonomia dalla famiglia e quale veicolo per la ricerca di una precisa identità personale, sociale e professionale, appare sempre più offuscato, quando non addirittura sopraffatto, dalle difficoltà che oggi si accompagnano alla ricerca della prima occupazione.

L'andamento della forza lavoro giovanile nel nostro Paese si presenta fortemente diversificato, nel corso degli anni, sia dal punto di vista del sesso sia da quello della classe di età di appartenenza. Un elemento che sembra mantenersi costante è rappresentato dalla prevalenza sul mercato del lavoro del sesso maschile: sia per le fasce di età giovanili (14-24 anni) che per quelle più adulte (25-39 anni), gli uomini sono più numerosi delle coetanee donne.

Tasso di disoccupazione per sesso e classi di età (1979-1989)

(valori percentuali)

Anni

Maschi

Femmine

 

14-24

14-24

1979

21,3

30,7

1980

20,7

30,7

1981

22,9

32,9

1982

25,3

35,0

1983

27,0

38,0

1984

26,9

40,1

1985

28,1

40,9

1986

28,5

41,5

1987

29,8

42,2

1988

28,7

41,2

1989

27,8

40,4

Fonte; relazione del Governatore della Banca d'Italia, 1990

Giovani, politica e valori

Non sembra azzardata, ma anzi confermata da molte ricerche a riguardo, l'ipotesi del distacco sempre maggiore e della frattura profonda tra i giovani e il sistema istituzionale e partitico nel nostro Paese.

Negli anni Ottanta il declino della partecipazione politica a tutti i livelli si è forse verificato con un tempismo maggiore rispetto al declino della fiducia nelle istituzioni, cioè nelle articolazioni fondamentali della democrazia in Italia. Il degrado a cui è arrivato il sistema dei partiti sta facendo dubitare, forse a torto, della "bontà" stessa delle regole stabilite dalla Costituente. Il disagio è dunque presente nella società, nel cosiddetto "paese reale", e ancor più presente in quelle fasce di popolazione che non sono attive: o perchè non lo sono ancora o perchè non lo sono più. Giovani e anziani risentono in misura crescente del malessere, dei disservizi, dell'incapacità di gestione del sociale da parte delle istituzioni, che mortificano il pieno esercizio del diritto di cittadinanza. I giovani si sono liberati delle ipoteche partitico-ideologiche e hanno rivolto le loro aspirazioni verso obiettivi individuali e concreti. L'importanza attribuita al quotidiano, e quindi anche all'efficienza giornaliera delle istituzioni, è il terreno sul quale i giovani rifiutano un rapporto con le istituzioni stesse. Questo soggettivismo, ben lungi dall'essere qualcosa di naturale e spontaneo, rappresenta un'istanza culturale prepotente che si condensa in un esplicito rifiuto dei partiti come mezzo per "far funzionare" le istituzioni. Dunque, una delle caratteristiche del rapporto tra giovani e istituzioni è quella del rifiuto dei partiti come agenti mediatori nel funzionamento delle istituzioni. Negli anni Ottanta tale rifiuto, ben lontano dai toni rivoluzionari del decennio precedente, carico di impegno politico e di idee di sovvertimento dell'esistente per proporre l'utopia del nuovo, è sfociato nell'indifferenza verso un progetto globale di riforma dello Stato e ha portato alla nascita di tanti progetti, di tante microaggregazioni su temi importanti, ma pur sempre parziali, anche se fortemente sentiti e di notevole impatto sulla massa.

L'ecologia, il pacifismo, il volontariato, la parteciapzione ad associazioni di ogni tipo, sostituiscono in pieno l'impegno politico scaturito dal '68, mobilitano i giovani su temi specifici, anche se in modo discontinuo. Come si legge nel II Rapporto IARD (Giovani anni '80), "è il sistema politico, con le sue organizzazioni partitiche, ad essere diventato sempre più incapace di recepire e di incorporare il potenziale partecipativo delle giovani generazioni". Il decennio degli anni Ottanta, ha visto crescere invece in misura rilevante, sia quantitativamente, sia come consapevolezza, il fenomeno del volontariato. Una della caratteristiche salienti di quest'ultimo è stato il ruolo svolto dalle giovani generazioni, sia come presenza in associazioni e movimenti, sia come militanza personale.

Un fenomeno che manifesta una tendenza di rientro dal pubblico al privato, dal globale verso il particolare, pur conservando la medesima carica utopica. Certamente questa transizione dalla lotta politica alla solidarietà nei confronti di persone concrete, è indicativa del declino delle ideologie totalizzanti, le quali fallendo sostanzialmente tutti gli obiettivi che si erano proposte, hanno di fatto lasciato grandi varchi a un impegno personale più fattivo, più concreto e prefigurativo di quelle stesse istanze che, perseguite solo con i mezzi della politica, apparivano, soprattutto ai giovani, incerte e non realizzabili.

La commissione parlamentare di inchiesta sulla condizione giovanile

La Commisssione parlamentare d'inchiesta sulla condizione giovanile è stata istituita nella decima legislatura, per l'esattezza il 1 giugno 1988. Presieduta da Nicola Savino, era composta da 29 membri, tra cui l'ex delegato del Mgdc, Renzo Lusetti. Proponiamo qui uno stralcio della relazione conclusiva, presentata alla Camera dei deputati il 29 marzo 1991.

"La Commissione parlamentare di inchiesta, nel corso della propria attività, dal 27 aprile 1989 al 29 marzo 1991, ha tenuto 54 riunioni in seduta plenaria e 52 riunioni dell'ufficio di presidenza allargato ai rappresentanti dei gruppi. La Commissione ha inoltre effettuato missioni di studio in sei città italiane (Palermo, Catania, Milano, Potenza, Torino e Bari) incontrando i rappresentanti di oltre 250 associazioni giovanili, i rappresentanti delle istituzioni locali, visitando istituti penali per minori, centri di recupero per i tossicodipendenti, cooperative giovanili per l'avvio al lavoro, esponenti dell'imprenditoria pubblica e privata; ha avuto colloqui con i rappresentanti del mondo della scuola. Ha effettuato infine visite alle caserme nella città di Roma e nel Veneto. Nel corso della sua attività la Commissione ha effettuato 33 audizioni convocando a tale scopo 51 associazioni giovanili, nonché i Ministri della Sanità, Pubblica Istruzione, Difesa ed Affari Sociali. Ha dedicato tre sedute all'emittenza pubblica e privata. Due sedute, infine, sono state dedicate alla audizione dei rappresentanti degli stati maggiori dell'Esercito, dell'Aviazione e della Marina. La Commissione ha inoltre inviato una sua delegazione per partecipare ai lavori della Conferenza Europea dei Ministri della Gioventù svoltasi a Lisbona dal 19 al 22 settembre 1990.

La Commissione ha impostato il suo lavoro cercando di capire quali siano tutte le componenti del «pianeta giovani»: quali i soggetti, quali i diritti, istanze, bisogni, doveri, quale la situazione sociale nella sua diversità, quale il protagonismo politico, sociale e culturale, quale il rapporto con le istituzioni e con la politica. Il lavoro della Commissione ha prevalentemente preso in esame un'età che va dall'adolescenza alla gioventù piena (fino ai 29 anni).

Va subito detto che la realtà giovanile emersa non è omogenea al proprio interno, anzi siamo di fronte ad una situazione estremamente variegata per interessi, bisogni, attese e per le opportunità e le risorse, che si possono agevolmente definire «sociali». Si tratta di programmare politiche ordinarie che, ben oltre gli interventi congiunturali o sulle singole emergenze, siano in grado di affrontare le complessità e le difficoltà sociali e di incidere concretamente sulla vita quotidiana delle giovani generazioni. Accanto alla «marginalità dirompente», dai giovani che abbiamo accostato emerge spesso comunque una sorta di consapevolezza della propria marginalità. Tale coscienza è emersa, o sta emergendo, in molti giovani, che avvertono come la società consenta loro solo l'attesa del divenire adulti. Nel corso delle audizioni alcuni di essi lo hanno denunciato, facendo riferimento a più settori:

 

  1. quello dell'informazione (rivendicando anche un «diritto all'opinione»);
  2. quello delle istituzioni, dove l'approccio è di carattere emergenziale. Non il soggetto (bambino-adolescente) è al centro di una politica di «accompagnamento nella crescita», ma piuttosto al centro sono adulti che si occupano di giovani considerati solo oggetti di tutela e non soggetti portatori di diritti;
  3. quello della scuola e dell'università: strutture spesso in crisi per una scuola che «non prepara alla vita», non è adeguata alla diffusa esigenza di formazione personalizzata; senza contare che oggi nel rapporto giovani-scuola pesa in modo determinante l'origine sociale, la zona d'Italia in cui si vive, la differenza di sesso;
  4. quello del lavoro e delle sue tipologie: la questione della disoccupazione giovanile coincide sempre più con la disoccupazione giovanile meridionale, particolarmente quella femminile. La mancanza di una integrazione tra sistema formativo e società fa sì che anche la domanda di lavori «diversi», di attività per la comunità, l'ambiente, le persone, abbastanza diffusa tra i giovani, non trovi sbocchi, e tutti vengano incanalatiin percorsi formativi tradizionali;
  5. quello del servizio militare, percepito sempre più come inutile, e talvolta dannoso. È emersa una domanda di senso, anche rispetto alla richiesta di «servizio sociale;, che la società pone ai giovani, e quindi andrà riaffrontata non solo la questione della riforma del servizio di leva, ma anche tutta la sfera relativa al cosiddetto servizio civile, estendendo la possibilità del servizio civile anche alle ragazze.

Ci sono poi altre difficoltà complessive, che ha rilevato la Commissione: difficile il rapporto con la fabbrica, difficile rapporto con la città nel suo insieme, difficile il rapporto tra gruppi sociali e difficoltà a costituire nuovi nuclei familiari, difficile il rapporto con la scuola e tra la scuola e i movimenti esterni o le nuove agenzie di socializzazione e comunicazione. Certamente i più attivi, vivaci e sollecitanti sono i ragazzi e le ragazze organizzati in associazioni e nel volontariato (grande risorsa è la riscoperta del senso religioso che apre spazi di nuova partecipazione e di una più alta coscienza civile), ma vi è anche una grande «area in attesa» di giovani che partecipano, ad esempio, ai pochi Progetti Giovani avviati in Italia, giovani che chiedono luoghi, spazi ed occasioni in cui ritrovarsi.

Di fronte a questo scenario intendiamo segnalare·alcuni inndirizzi legislativi e/o amministrativi che ci paiono urgenti.

  1. L'Italia è tra i pochi Paesi europei a non avere un Dipartimento per le politiche giovanili e a non avere una figura istituzionale di riferimento per tale settore.
  2. Una delle misure urgenti individuate è quella di intervenire sul sistema scolastico per raccordarlo meglio alla rete dei servizi sociali presenti sul territorio, affrontando e risolvendo il nodo della riforma della scuola secondaria superiore, elevando l'obbligo scolastico a 16 anni, tenendo conto dell'importanza anche di percorsi brevi di formazione professionale.
  3. La valorizzazione dell'associazionismo giovanile o comunque sociale passa attraverso norme per il sostegno alle associazioni, che prevedano l'opportunità di spazi, di accesso alle informazioni e ai se1vizi, di possibilità di finanziamento, anche privato, ma riconosciuto e agevolato dalle leggi dello Stato. Inoltre si auspica l'approvazione di una legge sul volontariato.
  4. Non più rinviabili sono gli interventi in materia di lavoro: va riformato e integrato il sistema dei contratti di formazione e lavoro. Inoltre si segnala l'imprtanza che possono avere leggi a sostegno e stimolo dell'imprenditorialità giovanile, individuando anche nuovi settori di intervento (ambiente, beni culturali).
  5. È necessaria e urgente l'approvazione di una legge di riforma dei servizi sociali.
  6. Il rapporto giovani-famiglia è significativo e determinante ancor oggi rispetto alla vita del giovane stesso. A questo proposito sarebbe opportuno dedicare una sessione parlamentare alle proposte di legge sulla famiglia, sulle convivenze e sui nuovi soggetti sociali.
  7. Non è più rinviabile la riforma, con la riduzione della durata, del servizio di leva ed estremamente significativo sarebbe concludere l'iter dei progetti di legge sull'obiezione di coscienza e sul servizio civile.
  8. La riforma del codice di procedura penale impone una riflessione attenta sul sistema della cosiddetta giustizia minorile.
  9. Auspichiamo che in questa legislatura possa concludere il suo travagliato iter la legge sull'introduzione nelle scuole dell'educazione alla sessualità.

Va infine segnalato in quale modo la società sia destinata ad un nuovo ed imprevisto, per la nostra coscienza sociale, mutamento: quello legato al fenomeno immigratorio. La società che si prospetta è multietnica e i giovani di oggi devono essere preparati ad affrontare questo cambiamento, a saperlo vivere e far vivere come valore e non come peso".

In appendice alla relazione conclusiva, che abbiamo riportato in sintesi, la Commissione ha allegato due proposte di legge. La prima, elaborata il 14 marzo 1991, chiede !"'Istituzione dei Consigli della gioventù e del Dipartimento per le politiche giovanili". La seconda è una proposta di legge costituzionale, che chiede la "Modifica dell'articolo 58 della Costituzione per l'ampliamento dell'elettorato attivo per la elezione del Senato della Repubblica", affinchè la soglia dell'elettorato attivo per il Senato non sia più fissata a 25 anni, ma a 18.

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