Dentro la questione giovanile
Nove milioni di persone, un sesto degli italiani, ha oggi un'età compresa tra i 15 ed i 24 anni. Questa platea di giovani, anzi di giovanissimi, è stata di recente oggetto di alcune interessanti indagini sociologiche che offrono l'occasione per procedere ad una disamina della condizione giovanile e dei valori emergenti nella società italiana degli anni ottanta. In particolare faremo riferimento alla interpretazione dei dati emersi dall'indagine IARD dello scorso autunno (1) fornitaci dal professor Gabriele Calvi, psicologo sociale presso l'Università di Pavia, all'ultimo corso di formazione organizzato dal Movimento Giovanile della provincia di Milano (2).
Il quadro di riferimento generale
La realtà presente è caratterizzata da quella che Inglehart (3) ha definito la componente «postmaterialistica» della cultura occidentale, anteponente valori quali la libertà di parola, l'autonomia, il desiderio di autorealizzazione, il senso di tolleranza alle priorità delle generazioni precedenti, incentrate sui bisogni primari (sicurezza economica, ordine pubblico, senso della priorità). È il prodotto di quella «mobilitazione cognitiva» che, attraverso l'istruzione di base obbligatoria ed i mass media, ha negli ultimi decenni sviluppato la coscienza critica degli individui, ponendo così le premesse per la creazione di nuovi valori.
La stessa prosperità economica, che pure ha favorito la nascita dei bisogni postmaterialistici, non è più oggi collegata con una netta sensazione di benessere e anzi pare avvertirsi come uno scadi~ent~ complessivo della qualità della vita. Ma, «a fronte di questa evoluzione culturale i giovani continuano a perseguire il consenso secondo la regola che la prosperità crea il benessere e la pace politica. Il benessere, invece, è necessario ma non è più sufficiente» (4).
Una ulteriore valutazione di fondo da non trascurare è che mai come in questi anni la coscienza critica individuale è stata tanto sollecitata da questioni che hanno ormai raggiunto dimensioni e carattere planetario e sovranazionale: la fame nel mondo, i rischi che corre la pace, l'inquinamento ambientale, le connessioni internazionali dei «mercati di morte» delle armi e della droga. Il futuro appare dunque incerto e l'incidere della rivoluzione informatica prospetta. nuovi _ed inquietanti interrogativi sui destlm dell'uomo e dei suoi rapporti «di sempre» con la famiglia, il lavoro, la religione, la prosperità, ecc.
«Poiché - riprende ancora Calvi - non vi è una nsposta politica adeguata a tah problemi, poiché i partiti politici offrono solo progetti settoriali e locali: la gente cerca nuovi orizzonti». Ed i giovani sono in prima fila.
I soggetti dell'indagine
L'universo giovanile intervistato dai ricercatori dello IARD è composto dalla prima generazione completamente estranea agli anni bollenti della contestazione. Contrariamente all'immagine stereotipata che ognuno di noi ne ha solo il 18% dei giovani vive nelle grandi città: la provincia italiana ha quindi ancora un futuro e questa constatazione – sia detto per inciso û andrebbe analizzata a fondo dagli operatori politici. Il 38,4% dei giovani sotto i 24 anni vive una condizione di studente, il 31 ,9% d1 lavoratore. Pochi sono rimasti gli studenti- lavoratori (una delle figure tipiche del '68) ma è interessante soprattutto la rilevazione secondo la quale ben il 25,4% non è né studente né lavoratore: quasi due milioni e mezzo di giovani, in prevalenza ragazze, è oggi privo di una qualsiasi prospettiva professionale e sociale.
La scuola
Il tasso di scolarizzazione mostra un trend che porterà alla parificazione tra i sessi; questa invece non si intravvede ancora a livello economico e regionale. permanendo inferiore tra i giovani delle classi meno abbienti e delle regioni meridionali. I tipi di soddisfazione ricercati nell'ambiente scolastico – rivela il prof. Cesareo nel saggio (5) – sono principalmente relaziom effettivamente dense con i compagni e acquisizione di una cultura generale e di capacità professionali da perseguire magari con percorsi misti scuola-lavoro. Lo studio viene considerato prevalentemente, a livello di significato, in termini di senso della vila più che di successo professionale. obiettivo che anzi si attenua progressivamente con il procedere della frequenza scolastica tanto è vero che solo lo 0,5% della popolazione universitaria si laurea entro ti 24° anno di età.
Il lavoro
Una serie eloquente di dati depone in favore di una disponibilità al lavoro, sia pure percepito come una necessità piuttosto che un malore, certamente supenore a quella prevedibile. Sia il tasso di attività che la ricerca di occupazione sono maggiori per l'indagine IARD che per l'ISTAT; i giovani occupati coprono quasi in parti eguali il secondario ed il terziario, mentre solo 11 7,4% lavora in agricoltura; il 22% sono part-time ma il rimanente 78% lavora in media più di 45 ore settimanali con una retribuzione media di sole 3.300 lit.fora. Se il 40% opera in minuscole unità produttive, il 37% in piccole aziende e solo il 12% in imprese con più di 50 addetti un inaspettato 10% lavora già in proprio; circa 280.000 giovanissimi stanno cioè> cercando di collegare la necessaria esperienza lavorativa con quelle esigenze di autonomia, di libertà, di autorealizzazione che abbiamo definito postmaterialistico. La tendenza appare senz'altro importante ove si consideri che l'occupazione autonoma è auspicata dal 50% dei giovani lavoratori interpellati.
La sfiducia nei sindacati, la preferenza per la negazione personale, la rivalutazione del merito anche in rapporto alla retribuzione in danaro confermano un orientamento generale in Europa (6) che rilancia l'importanza del lavoro dopo gli anni del gran rifiuto, ma solo relativamente al suo significato strumentale.
La famiglia
È l'istituzione sociale ritenuta più importante. Un risultato incredibile per chi, come alcuni degli imbarazzati commentatori che recensiscono i dati sul volume edito da Il Mulino, aveva vaticinato la morte della famiglia come inevitabile conseguenza della morte di Dio e della morte del padre.
Viceversa, per i fratelli minori dei dissacratori della famiglia, i genitori sono amici e confidenti (anche se permane un qualche retaggio su argomenti quali il sesso e la politica) e spesso unica fonte di finanziamento (ancorché il potere d'acquisto delle «mance» domenicali si è ridotto, in 14 anni, di un quarto): «soltanto nella famiglia, insomma, è dato di sperimentare adeguatamente calore umano e serenità, dialogo e comprensione e pertanto essa costituisce la principale fonte di significato e di umanizzazione della vita quotidiana» (7). Tanto è vero che una buona metà dei giovani tra i 21 ed i 24 anni non pensa di andare a vivere da sola nei prossimi cinque anni (anche se a questo riguardo non si deve dimenticare il condizionamento oggettivo costituito dalla carenza di lavoro e di abitazioni a costi accessibili).
I gruppi dei pari
Si registra la prospensione a formare gruppi misti di coetanei abbastanza numerosi (contro una passata preferenza per il rapporto a due) e aventi una vita d'insieme «prevalentamente esteriorizzata, gravitante in un ambiente relativamente fisso, non finalizzata a particolari impegni» (8).
Accade anche, a volte, che il gruppo o parte di esso sia impegnato in attività di volontariato assistenziale, educativo o ricreativo, come i dati più recenti sul fenomeno paiono indicare; viceversa l'attività politica, grande catalizzatrice di amicizia quindici anni fa, è ora sporadicamente fonte di solidarietà amicale.
I valori morali
«Prevale·_ sostiene Vaccarini - una sorta di solipsismo etico in base al quale è da ritenersi doveroso soltanto ciò che la singola coscienza individuale valuta come tale». In effetti i giovani appaiono molto tolleranti sul piano morale, specie per quanto attiene al rapporto con l'altro sesso: rimane però sempre uno scarto sensibile ed in un certo senso molto significativo tra ciò che a par9le si ammette per gli altri e ciò che si ritiene possibile sul piano personale; uno scarto ancora maggiore probabilmente vi sarebbe se agli intervistati si potesse porre la domanda precisa «ma tu lo hai fatto?». Il clima sociale influenza infatti i modi di pensare molto di più che i modi di agire, che sono dettati da un arco di valutazioni coscienziali ed esperienziali più ampio e complesso.
Con particolare riguardo ad uno dei drammi della società contemporanea, emerge una netta quanto preoccupante distinzione fra droghe leggere e droghe pesanti, in base alla quale sono ammissibili le prime (1'8% dei giovani - 700.000 ragazzi! - ha provato la curiosità di drogarsi) senza che ne vengano valutate le conseguenze, documentate scientificamente e statisticamente, in termini di stimolo a sperimentazione le seconde.
Le istituzioni e le politica
Lo Stato, i partiti, i sindacati riscuotono un basso grado di fiducia, anche in conseguenza della serie continua di scandali che, tra veri e presunti, stanno gravemente minando le fondamenta della nazione democratica e costituzionale sorta con la resistenza.
Lo conferma il fatto che istituzioni tradizionali ma fuori dalla marea montante della questione morale, quali le forze dell'ordine (con il loro enorme contributo alla lotta al terrorismo ed alla delinquenza organizzata) e la Chiesa cattolica (col grande messaggio di speranza nell'Uomo che riesce ancora a trasmettere), riscuotendo un grado medio di consenso che pare orientato verso un ulteriore trend evolutivo.
Si noti però che questa generale sfiducia, contrariamente a quanto pensano in molti, non coinvolge ancora la Politica in quanto tale: rispetto al 1970, periodo di grande mobilitazione collettiva (movimento studentesco, movimento operaio, maggioranza silenziosa), sono diminuiti i militanti di partito ma sono aumentati i giovani interessati alle vicende politiche e gli attivi saltuari. «Lontanissimi dall'idea che il privato il personale, il quotidiano siano politica, giovani sembrano semmai inclinare all'idea opposta: che sia la politica ad essere soltanto una dimensione della vita quotidiana, una frazione fra le mete tra cui individui possono dividere il loro tempo e i propri pensieri» (9).
Rispetto al voto degli adulti – ma qui la comparazione dello IARD si effettua sul solo dato Camera-Senato alle politiche del 1983 – il voto giovanile appare più marcato a sinistra ma soprattutto più laico. Ma non è un'osservazione definitiva. La constatata ripresa dell'assoc1azionismo cattolico. che sta attualmente giocando un ruolo non secondario nei processi di nuova socializzazione dei giovanissimi, può consentire, in verità ipotesi intelligenti ancorché tutte da verificare, come quella avanzata su Il Mulino da Luca Ricolti: già nel momento in cui gli espeni si accorgono della secolarizzazione e dei suoi influssi sulla politica, può essere cominciato il suo declino. Questo perché (come è accaduto con la contestazione, che ha prodotto effetti elettorali solo nel 1975, e col femminismo, che ha dispiegato i propri intorno al 1978/79) occorre certo qual numero di anni prima che si assimilino a livello più generale e si sintetizzino, traducendosi in preferenze politiche, idee nuove inizialmente concepite da minoranze culturali.
Nota conclusiva
Certamente, ad un quindicennio dai sommovimenti contestativi che percorsero il vecchio continente incidendo in profondità nella storia del costume senza essere però in grado di imporre una nuova cultura, è stato smentito il mito sociale che ha descritto i giovani come aggressivi utopisti, privi di un'etica del lavoro e fors'anche di qualsiasi etica.
La realtà odierna, si è visto, è ben diversa: non vi è più un primato dei desideri e dell'immaginazione ma, al contrario, predomina un senso del realismo sin eccessivo. I giovani, forse dominati dagli eventi esterni in misura maggiore di quanto sarebbe auspicabile, paiono domandare più a se stessi che alla società. Quest'ultima concluso il periodo del giovanilismo – sta adattandosi ad un futuro nel quale la classe leader sarà quella degli anziani e nel quale vi sarà per i giovani solo lo spazio che essi sapranno conquistarsi.
In questa situazione fissare tendenze definitive o punti di svolta epocali non è possibile e non sarebbe neppure utile. Più importante è cominciare un lavoro politico in profondità nel tessuto sociale ed economico del paese che coscientizzi l'opinione pubblica e la classe dirigente circa una situazione che. a cavallo di problemi enormi, dalla inflazione a lla disoccupazione, dalla protrazione indotta dell'età adolescenziale ai forti rischi di devianza, dalla scarsa qualificazione della scuola alla conformata subordinazione femminile, non può rimanere a lungo eguale a se stessa senza esplodere.
Se politica è conoscenza ed interpretazione del presente per progettare il futuro allora compito prioritario del Movimento Giovanile è oggi valorizzare politicamente la questione giovanile anche se non è più di moda, e ciò a cominciare dalla DC medesima: «solo un progetto politico giovanile – è stato detto – può rinnovare il consenso ad un partito invecchiato, spesso incerto tra grandi ideali e grandi compromessi».
Note
(1) AA.VV., Giovani oggi. Indagine IARD sulla condizione giovanile in Italia AA. VV. Il mulino, Bologna 1984.
(2) Tendenze in atto e modelli di comportamento nelle giovani generazioni. In la sfida amministrativa dell'85: I giovani per una nuova qualità della politica economica, Atti, Milano 1984.
(3) R. lnglehart, La rivoluzioni silenziosa Rizzoli, Milano 1983.
(4) Futuro della politica: è possibile un raccordo con la realtà sociale e culturale? dispensa, Milano 1983.
(5) Percorsi ed esperienza nella scuola, in Giovani oggi, cit. V. Vesareo.
(6) Cfr. per la Francia, il sondaggio promosso dal settimanale Le Nouvel Observateur i cui risultati appaiono sulla rivista in data 25 marzo 1983.
(7) I. Vaccarini, I valori giovanili nelle società occidentali in Aggiornamenti Sociali, 9/10 1984, p. 580.
(8) F. Garelli, La generazione della vita quotidiana Il Mulino, Bologna I 984, p. 213.
(9) L. Ricolfi, I giovani e la politica, Il Mulino, 5-6-1984, p. 446.





































