Occupazione

C'era una volta... il posto di lavoro

Nuova Politica - C'era una volta... il posto di lavoro pagina 16
Nuova Politica - C'era una volta... il posto di lavoro
Il ritardo culturale verso nuove professioni o il rinnovo di «antichi mestieri» si rischia di pagarlo sulla pelle dei giovani.

È nota ormai a tutti la situazione preoccupante e pericolosa raggiunta dal livello di disoccupazione del paese.

È noto allo stesso modo che circa il 70% dei disoccupati copre fasce di età al di sotto dei 30 anni.

Questo dato, nella sua matematica certezza, è già di per sé indice di disagio in tutti coloro che possiedono un minimo di sensibilità politica e che hanno a cuore le sorti del paese e della D.C. Le cause sono molteplici, ma la prima nasce dalla analisi di un altro dato emergente e cioè quello che rileva la crescente, estrema difficoltà di incontro fra domanda ed offerta di lavoro, fra il giovane disoccupato ed il sistema produttivo che spesso ricerca, inutilmente, un particolare tipo di manodopera.

Queste difficoltà sono rese più acute dal solito organismo burocratico che, in questo caso, chiamasi Ufficio del Lavoro e della Massima Occupazione. Le leggi antiquate tuttora vigenti, l'organizzazione pletorica dell'ufficio stesso, un certo tipo di ideologismo imperante lo ha fatto da molti ribattezzare Ufficio del Lavoro e della massima.

Sebbene l'opinione sia particolarmente dura essa rispecchia una realtà che spinge il mondo imprenditoriale a cercare stratagemmi e ad affidarsi ad italiche risorse per tentare, individuato il giovane adatto, un'assunzione non sottoposta all'ipotesi numerica che spesso cela amare sorprese.

È questo della mancanza totale di elasticità del mercato del lavoro una delle cause più gravi di disoccupazione.

Ma non la sola.

L'opposizione dei sindacati ha impedito la riconferma della legge sui contratti di formazione legata all'Accordo Scotti del 22/1/83 e che ha permesso, in meno di un anno, l'assunzione di 164.000 giovani di cui circa 1'80% confermati con contratti a tempo indeterminato.

Di fronte a coloro che si attardano nello sterile esercizio di ideologismi futili e retrò, il sistema politico, preso nel suo complesso, dovrebbe reagire in ben altro modo. Infatti è stato recentemente emanato il D.L. 94 dal titolo «Misure urgenti a sostegno ed incremento dei livelli occupazionali».

In tale decreto, che prevede positivamente possibilità di lavoro part-time, nella parte riservata ai giovani si legge «i lavoratori di età compresa fra i 15 e i 29 anni possono essere assunti nominativamente dalle imprese e dagli enti pubblici economici con contratto di formazione-lavoro di durata non superiore ai 24 mesi e non rinnovabile».

Quasi a voler rimarcare «l'urgenza» viene poi a dirsi che imprese ed enti debbono presentare progetti i quali debbono essere approvati dalla Commissione Regionale per l'impiego in coerenza con la legislazione regionale e nazionale e predisposti in conformità ai regolamenti della Comunità Europea al fine di ottenere il finanziamento del Fondo Sociale Europeo.

Con queste ulteriori specificazioni si è reso difficile ciò che era facile perché nessuno tuttora conosce come i progetti devono essere redatti, non vi è alcuna circolare esplicativa del Ministero, le Commissioni Regionali non sanno assolutamente come agire, praticamente questa norma diverrà inapplicabile per le piccole e medie aziende.

È incredibile come di fronte ad un problema così bruciante e così pericoloso per la vita sociale e per la sfera personale del giovane cittadino (vedi tossicodipendenze) non si percepisce l'urgenza di togliere i giovani dalle strade.

Un'altra causa, forse la più importate, è quella che nasce dall'inadeguatezza del sistema scolastico-educativo.

Ogni anno centinaia di migliaia di giovani vengono immessi nella vita sociale senza avere una minima possibilità di trovare una giusta collocazione nel mondo del lavoro. Basta ricordare i maestri, i medici, i diplomati dei licei classici e scientifici, degli istituti artistici, i laureati in scienze politiche, agraria, lettere ecc.

Avremo bisogno di tecnici specializzati in mille settori diversi, di operatori dell'economia, di programmatori-informatici, di infermieri specializzati, di esperti in commercio estero, di esperienza in servizi alla persona (fisioterapia, chemioterapia).

Sarebbe elenco troppo lungo sia da una parte sia dall'altra: quello che appare certo è che la genericità non serve più, l'industria richiede sempre più specializzazione in settori sempre più specifici. Il sistema scolastico appare così chiuso nei suoi problemi, così preso a gestire

l'esistente da non percepire questa inadeguatezza ma soprattutto da non volersi modificare in una sorta di autoconservazione che non è più consona agli interessi ed alla vita di chi preme per vivere con dignità la stagione dell'adulto.

Non esiste poi una legislazione che favorisca l'inserimento dei giovani nel mondo del lavoro artigianale. Da una parte si perdono mestieri antichi ed irripetibili, dall'altro si perdono almeno centomila nuovi posti di lavoro che potrebbero essere coperti nel giro di pochi mesi secondo le stime più recenti delle associazioni artigianali.

In conclusione il nostro partito non possiede un suo originale progetto per tentare di risolvere questo problema; non è, in questo caso, punto di riferimento per noi giovani.

Questa grave lacuna andrebbe colmata; questo governo a maggioranza democratica cristiana, dovrebbe porre fra le sue assolute priorità questo bruciante problema e farsi carico delle difficoltà di milioni di giovani.

Non si può far pagare sulla pelle dei giovani il mantenimento di certi equilibri che retrocedono la società italiana verso forme di depauperamento della libertà se è vero come è vero che libertà è soprattutto possibilità di scelta.

Un movimento all'altezza delle nuove leve
Enrico Di Giuseppantonio
Inseguendo una risposta
Francesco Saverio Garofani

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