Inseguendo una risposta
Robert Allen Zimmerman, in arte Bob Dylan ovvero «il primo poeta di quel prodotto tipicamente americano che è il juke-box, il primo poeta che abbia toccato tutti, che abbia battuto ogni sentiero della vita in questa società così estesa. Il primo poeta dei mass-media».
Il giudizio di Ralph Glesson ci dà la misura della popolarità e del successo di Dylan, una popolarità che ha fatto di quest'uomo piccolo e un po' goffo, dalla voce di «carta vetrata» come spesso è stato detto, un mito per due generazioni.
Sono passati più di vent'anni da quando, intorno al 1962, nei folk club di Grenwich Village di New York, Bob Dylan iniziava quella che impropriamente viene definita la sua carriera, interpretando con tutta la sua grinta e la sua abilità di chitarrista i motivi e il materiale della grande tradizione folk americana di massa, sulle orme del suo indimenticato maestro Woody Guthrie; poi i suoni delle sue melodie cambiano, diventano più moderni, subentra uno stile personale sempre più indipendente dal tradizionale folk e sempre più vicino, invece, al rock, grazie soprattutto all'ausilio dell'accompagnamento elettronico: una evoluzione difficile e
sofferta, dovuta all'esigenza di cantare i sentimenti senza dover rispettare ad ogni costo le tradizionali immagini di un folk troppo logico, che poco concedeva alla fantasia e soprattutto alle emozioni.
Ma conferire a Bob Dylan una dimensione esclusivamente musicale è limitante: il suono nel suo caso è un suggestivo accompagnamento, un prezioso contenitore di una rara capacità poetica.
L'arte di Bob Dylan in realtà trascende l'ambito strettamente musicale, le sue opere sono studiate nelle scuole, i suoi testi discussi da critici letterari: nel 1965 uno dei più importanti quotidiani degli Stati Uniti affermava che il giusto posto per i dischi di Dylan sarebbe stato in una biblioteca tra i libri di Faulkner e quelli di Hemingway; nello stesso anno nelle classifiche della popolarità in una inchiesta svolta nelle università Bob figurava ai primissimi posti, preceduto soltanto da J.F. Kennedy e seguito da Fidel Castro.
Tanto successo lo si comprende leggendo i testi delle più importanti canzoni di Dylan, queso «eroe pazzo che non ha paura di dire la verità».
Bob Dyan è il cantautore della protesta ma anche qualche cosa di più: è il predicatore dei valori dimenticati e calpestati, della pace, dell'amore, della giustizia; è colui che parla (più che canta) dei pregiudizi razziali e della standardizzazione dei valori cristiani.
Canzoni come «Master of War», «A Hard Rain's», «Oxford Town», «Blowin In The Wind», «It's Ali Right» e «With God On Our Side» hanno rappresentato lo stimolo all'impegno sociale e politico per milioni di giovani in tutto il mondo.
Molti parlano di Bob Dylan come del primo cantante della sua generazione che abbia avuto una coscienza sociale e che utilizzi i mass-media della cultura contemporanea per trasmettere i suoi messaggi. Tutto ciò è indubbiamente vero e importante ma la cosa straordinaria è la rispondenza che Bob Dylan ha fra il suo pubblico, la facilità con cui riesce a trasmettere questa coscienza, questa sua sensibilità, vorrei dire la capacità di mobilitare emotivamente chi lo ascolta.
Sentendolo cantare è impossibile non provare affetto per «quell'uomo lento di adesso che sarà il più veloce domani» (The Times They Are A-Chaning), per tutti coloro che come lui non hanno niente altro da offrire oltre alla verità. Bob Dylan dopo venti anni possiede ancora una grande carica di sensibilità, la voglia soprattutto di comunicarla, di parlare di Dio e della vita; lo testimonia il successo di pubblico che riscuote nei suoi concerti, un pubblico formato da molti quarantenni nostalgici, desiderosi di tornare protagonisti per una sera seppur solo con il ricordo, di un'epoca eroica, e da tanti tanti giovani che Dylan lo hanno conosciuto attraverso i dischi dei fratelli più grandi se non addirittura dei genitori «ex-sessantottini», che vanno al concerto per curiosità per vedere l'uomo «mito» di cui si parla tanto, forse un po' prevenuti e con molta diffidenza.
Ma bastano le prime note, l'attacco di «Mr. Tambourine man» per capire che quello che si ha davanti è un uomo vero e non un fantasma, magari ben conservato, di vent'anni fa.
Blowin in the wind
Quante strade deve percorrere un uomo
prima di poterlo chiamare un uomo
E quanti mari deve navigare una bianca colomba
prima di dormire sulla sabbia
E quante volte devono volare le palle di cannone
prima di essere proibite per sempre
La risposta, amico, soffia nel vento
la risposta soffia nel vento
Quanti anni può una montagna esistere
prima di essere spazzata verso il mare
e quanto possono gli uomini esistere
prima di essere lasciati liberi
e quanto può un uomo volgere il capo
e fare finta di non vedere
La risposta, amico, soffia nel vento
la risposta soffia nel vento
E quante volte deve un uomo guardare in alto
prima di poter vedere il cielo
e quanti orecchi deve un uomo avere
prima di poter sentire gli altri che piangono
e quante morti ci vorranno
prima che lui sappia che troppi sono morti
La risposta, amico, soffia nel vento
la risposta soffia nel vento
Maggio 1963










