Tra la via Emilia e il West
«Tra la via Emilia e il West» è il titolo dell'ultima fatica discografica di Francesco Guccini, un doppio LP che contiene alcuni fra i brani più belli e più conosciuti di questo cantautore modenese da vent'anni con la chitarra in mano, a cantare le sue poesie.
Lo stesso Guccini spiega il perché di questo titolo, che prende spunto da uno stupendo verso di «Piccola Città», canzone d'apertura del favoloso concerto di piazza Maggiore: «La via Emilia tagliava Modena in due; la strada dove abitavo da una parte si incrociava con essa. Dall'altra c'erano i campi sterminati della periferia: erano il nostro West...».
Un piccolo-grande universo in una frase, un mondo costituito dalla semplicità di una realtà di provincia, fondato sulla ritualità del quotidiano, conservato attraverso la sacralità della tradizione; e poi una strada come confine.
Tratto dall'LP: «Tra la via Emilia e il West», oltre il quale c'è l'Avventura, la materializzazione del sogno e dei miti più lontani.
Da qui quell'essere costantemente sospeso tra realtà ed utopia, fra il presente e il sogno, che è poi lo stato d'animo che ritroviamo infinite volte nella produzione musicale di Guccini e che caratterizza molte delle sue canzoni.
Comunque sia, si parli di mondi fantastici ed immaginari, si tratti invece di concreta realtà, il protagonista è sempre e solo uno: l'uomo.
L'uomo con le sue passioni, i suoi difetti, i suoi sentimenti ma soprattutto con la sua speranza.
Proprio la speranza è, secondo me, il motivo centrale, intorno a cui Guccini disegna le figure dei protagonisti delle sue storie. Forse parlare di speranza può sembrare fuori luogo allorquando si citi un cantautore che spesso ricorre ad un concetto tragico come è quello della morte, ma è proprio attraverso la speranza che l'uomo riesce a trovare la forza per lottare contro un destino che potrebbe apparire troppo forte.
Il sogno, la ricerca di mondi fantastici diventa, in questo senso, non una juga vigliacca dal presente, ma testimonianza di una volontà di ribellarsi alle ingiustizie di oggi per costruire un domani diverso.
Al male di questa società Guccini contrappone la «coscienza immacolata» dei suoi personaggi, all'opportunismo la coerenza, all'ambiguità l'onesta ingenuità, sentimenti che trovano profonde radici nei valori della tradizione umanista, magari ripensati o meditati in qualche pittoresca e incontaminata osteria.
li senso della vita è tutto qui, in questa eterna e continua sfida dell'uomo a se stesso, nella costante ricerca dell'Assoluto che è dentro di noi, raccontata «sì mirabilmente», come direbbe lui, con rabbia ma anche con insospettabile dolcezza, con ironia e molta malinconia.
I personaggi che popolano le canzoni di Guccini appartengono spesso a quella schiera dei «vinti», degli eroi di ogni giorno che combattono con le armi della coscienza ogni forma di retorica, di ipocrisia, di prostituzione ad un falso benessere che è sempre e solo illusione.
Uomini che trovano nei valori della libertà, della giustizia, dell'amore principi per cui vale la pena vivere e anche soffrire: la tristezza, la delusione, lo sgomento non nascono allora che dal tradimento di questi valori di fondo, che fa dire a Guccini in una delle sue più belle canzoni «... non più amici e un pubblico che ascolta le canzoni in cui credevi, e forse ridono di me. ma m fondo ho la coscienza pura, non rider tu se dico questo, ride chi ha nel cuore l'odio e nella mente la paura».
Tornano così alla mente le figure emblematiche e simboliche del «Pensionato», del «Vecchio e il bambino» del «Frate», degli ubriachi delle «osterie di fuori porta», esponenti di quella provincia emiliana che ha offerto l'ispirazione e gli spunti più felici a questo poeta-cantore: ambienti e personaggi che Guccini ha saputo descrivere e rendere, con quel conferire un'anima alle cose, che è poi il segreto della sua poesia.
Traspare da questi quadri un grande attaccamento e molta devozione per questo mondo e per i suoi protagonisti: e il West rimane qualcosa di misterioso c segreto, quasi una valvola di sicurezza, un universo da esplorare, la chiave del cui ingresso si trova spesso in fondo ad una bottiglia di lambrusco.
Tutto sommato molto meglio la poesia «eroica» di Guccini, con i suoi concetti ei suoi valori, della «vita spericolata» di un Vasco Rossi che nel West è emigrato e dove oramai abita e vive e che forse non ha più nemmeno la speranza dei sogni: al whisky del Roxy Bar preferiamo di gran lunga un buon bicchiere d1 vino d'osteria, magari fuori porta ma sempre dentro ai confini della via Emilia.
Il vecchio e il bambino
Un vecchio e un bambino
si preser per mano
e andarono insieme incontro alla sera
la polvere rossa si alzava lontano
e il sole brillava di luce non vera
l'immensa pianura sembrava arrivare
fin dove l'occhio di un uomo
poteva guardare
e tutto d'intorno
non c'era nessuno
solo il tetro contorno di torri di fumo
e due camminavano, il giorno cadeva
il vecchio parlava e piano piangeva
con l'animo assente, con gli occhi bagnati
seguiva il ricordo di miti passati
i vecchi subiscono l'ingiuria degli anni
non sanno distinguere il vero dai sogni
i vecchi non sanno nel loro pensiero
distinguer nei sogni il falso dal vero
e il vecchio diceva, guardando lontano
immagina i frutti, immagina i fiori
e pensa ala voci e pensa ai colori
e in questa pianura fin dove si perde
crescevano gli alberi e tutto era verde
cadeva la pioggia, segnavano i soli
il ritmo dell'uomo e delle stagioni
il bimbo ristette
lo sguardo era triste
e gli occhi guardavano cose mai viste
e poi disse al vecchio con voce sognante
«Mi piaccion le fiabe
raccontane altre».










