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Come lavorano gli italiani

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L'Italia ha subito un profondo processo di mutamento economico nel corso degli ultimi 40 anni, testimoniato dal passaggio di circa 6 milioni di lavoratori dalle attività agricole a quelle degli altri settori produttivi.

Oggi oltre l'80% del reddito prodotto nel nostro paese proviene da attività connesse con l'industria o con i servizi che vengono venduti ai cittadini o alle imprese. Questo elemento, da solo, attesta come il sistema produttivo italiano sia oggi caratterizzato da una forte componente industriale attorno alla quale ruota un altrettanto forte sistema di servizi. Quest'ultimo infatti si è sviluppato in larga parte come attività economica di supporto all'attività industriale: pensiamo al commercio come sistema di distribuzione dei prodotti, ai trasporti come sistema di mobilità per le merci e per i lavoratori, al credito come sistema finanziario per le attività economiche e

così via. Tanto più quindi l'apporto industriale si consolida, tanto più esso necessita di un sistema di attività terziarie articolato e sempre più a esso integrato. Ciò spiega anche la forte crescita verificatasi negli ultimi anni nel terziario privato, crescita che ha portato questo settore a contribuire da solo per quasi la metà del reddito creato nel paese, in linea con ciò che si è verificato nei paesi a sviluppo industriale più avanzato.

Anche la distribuzione dei lavoratori secondo i settori produttivi esprime questa situazione: la maggior parte di essi è infatti occupata nel settore dei servizi e dell'industria.

L'agricoltura occupa l'11,2% dei lavoratori, ma crea reddito solo per il 4,4%, l'industria e i servizi creano una quota di reddito superiore alla quota di persone che vi lavorano, la Pubblica Amministrazione, per contro, crea una quota di reddito inferiore. Constatiamo dun-

que che non tutti i settori sono in grado di creare reddito, e quindi benessere per la collettività, allo stesso modo: l'industria e il terziario sono settori "più ricchi", l'agricoltura è decisamente "più povera".

Il dramma della disoccupazione

Il grande obiettivo di qualsiasi sistema economico è il pieno impiego delle risorse che ha a disposizione. Ciò vale per le macchine, per il territorio e per i capitali, ma vale tanto più per le risorse umane. Innanzitutto perché il lavoro è un'aspirazione umana di ciascuno, che si manifesta nel desiderio di voler partecipare alla costruzione del bene comune di una società, e poi perché attraverso il lavoro si crea il reddito e quindi la possibilità di soddisfare i propri bisogni e le proprie aspettative. Quando non c'è possibilità di lavoro per una parte rilevante di popolazione si generano perciò molte comprensibili insoddisfazioni che possono sfociare in conflitti sociali o in forme irregolari di procurarsi il reddito, con conseguenti costi aggiuntivi per la società che deve trovare altri modi per appagare quelle aspettative insoddisfatte (forme assistenziali, ad esempio).

La piena occupazione non è solo un obiettivo dei singoli lavoratori, ma del sistema economico nel suo complesso, perché se ci sono delle risorse umane utilizzabili vuol dire che c'è comunque uno spreco di risorse e ciò significa sempre una limitazione alla potenzialità di sviluppo di un paese.

Oggi, come tutti sappiamo, non c'è piena occupazione nel nostro paese: ci sono oltre due milioni e mezzo di persone che, pur volendo lavorare, non ne trovano una regolare possibilità, il che equivale a circa l'11% delle persone che sono in condizioni di lavorare. Il problema è dunque gravissimo (specie per le regioni meridionali del paese) anche se non riguarda soltanto l'Italia.

Il tasso di disoccupazione (cioè il rapporto tra i disoccupati e il totale di quelli che sono in condizioni di lavorare) è molto elevato in tutti i paesi occidentali, eccetto il Giappone, le cui condizioni economiche, sociali e culturali presentano caratteristiche diverse da quelle degli altri. Inoltre, il tasso di disoccupazione è considerevolmente aumentato ovunque negli ultimi quindici anni.

Da cosa dipende tutto questo?

Le cause sono molteplici e talvolta specifiche per ogni singolo paese: ne indichiamo tre fra quelle più importanti.

  1. Il ritmo di sviluppo dell'economia nei singoli paesi (che pure c'è) è minore in questi ultimi anni rispetto ai decenni precedenti. Se il ritmo di sviluppo è minore vuol dire che si investe di meno e quindi che crescono di meno anche le possibilità di lavoro.
  2. Lo sviluppo tecnologico di questi ultimi anni è staio elevatissimo, nettamente superiore a quello dei decenni precedenti, grazie soprattutto allo sviluppo dell'informatica e dell'elettronica. Ciò ha comportato l'introduzione in ogni azienda o ufficio di macchine nuove, più sofisticate che hanno reso inutili molte prestazioni dell'uomo.
  3. Esistono anche dei fattori demografici e sociali che spiegano il fenomeno. Dobbiamo infatti tener presente che oggi si presentano sul mercato del lavoro prevalentemente i giovani nati tra il 1960 e il 1970., quando cioè le nascite erano maggiori di quelle di oggi.

Sono dunque tanti i giovani che premono alla porta del lavoro, un fenomeno che dovrebbe attenuarsi nei prossimi anni e concorrere a far diminuire il livello della disoccupazione.

 

Distribuzione degli occupati

 

Agricoltura

Industria

Servizi

Occupati

11,2

30,1

40,9

Reddito prodotto

4,4

34,7

48,1

Costituzione

Articolo 1

L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. (...)

Articolo 4

La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.

Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.

Articolo 35

La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni. Cura la formazione ed elevazione professionale dei lavoratori. (...)

Articolo 36

Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro ed in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa.

La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge.

Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi.

Articolo 37

La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore.

Le condizioni di lavoro devono consentire l'adempimento della sua essenziale funzione.

familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale ed adeguata protezione. La legge stabilisce il limite minimo di età per il lavoratore salariato.

La Repubblica tutela il lavoro dei minori con speciali norme e garantisce ad essi, a parità di lavoro, il diritto alla parità di retribuzione.

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