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Negli ultimi quattro anni, il tasso di passaggio alla scuola secondaria è salito dall'80 all'87 per cento; la scolarità secondaria complessiva è cresciuta dal 56,6 al 65,3%; i giovani che decidono di proseguire gli studi all'Università sono aumentati del 7,6 per cento. Stiamo assistendo ad un'evidente crescita quantitativa di partecipazione all'istruzione. Oltre a ciò, si deve registrare una crescente domanda qualitativa: ne sono testimonianza i movimenti studenteschi degli ultimi anni. E proprio qui sta la perenne contraddizione del nostro sistema scolastico: alla crescita quantitativa non corrisponde un sufficiente sviluppo sul piano qualitativo. Non è un problema semplice, anche perché la genericità del termine "crescita qualitativa" può trarre in inganno. Facciamo un esempio: nell'ultimo decennio il numero di insegnanti per studente è cresciuto in media del 21,3%, la spesa media per alunno è aumentata del 52%, la spesa per aggiornamento addirittura del 608%. Tutto questo non significa necessariamente crescita qualitativa. Molte innovazioni rimangono a livello sperimentale. Certi investimenti non sono accompagnati da strumenti ed obiettivi precisi. Alcune riforme, pensate in maniera troppo formale, rischiano di rimanere sulla carta. È il caso della riforma della scuola media, il cui obiettivo principale era l'assicurazione della parità di opportunità attraverso un curriculum unico per tutti i ragazzi. A venticinque anni dal varo della riforma, siamo ancora lontani dallo scopo preposto. Molti ragazzi non arrivano neppure a completare il percorso scolastico.

La questione dell'utilizzo corretto delle risorse è strettamente connessa all'attenta analisi di una serie di circostanze, dall'andamento demografico agli squilibri tra aree geografiche, dai criteri di reclutamento del corpo insegnante al numero di studenti iscritti.

Sul versante dell'edilizia scolastica e universitaria si registrano i problemi più eclatanti: edifici fatiscenti, situazioni igieniche da terzo mondo, aule elaboratori inagibili se non addirittura inesistenti. Le critiche e le manifestazioni di piazza dei giovani studenti si concentrano particolarmente su questo punto.

Il problema delle riforme è, come si vede, di grossa portata. Ma procediamo con ordine, puntando l'attenzione sulle ultime principali novità.

Le sperimentazioni ad ogni livello hanno avuto un incremento riguardevole negli scorsi anni.

Si fa un gran parlare della riforma della scuola elementare. Era dal 1923 che non si apportavano variazioni di rilievo al quinquennio di base. La nuova legge prevede la sostituzione della maestra unica con tre "moduli", ovvero insegnanti specializzati nelle diverse "aree culturali". La sperimentazione della riforma è avviata da quattro anni, e le polemiche non mancano. Tra gli oppositori e' è chi parla di astuta trovata sindacale: l'alternanza di tre maestri per classe sarebbe una soluzione allo squilibrio nel rapporto docenti-scolari dovuto alla crisi demografica.

Ma la riforma che ha sollevato il più grosso polverone è quella universitaria. Con la legge 168 del maggio 1989 è stato istituito il Ministero dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica. La proposta di riforma universitaria, redatta dal ministro Ruberti, titolare del nuovo dicastero, prevedeva in sintesi l'autonomia degli atenei e la riforma degli ordinamenti didattici. In contrapposizione al progetto nacque, nei primi mesi del 1990, il movimento studentesco della Pantera. La contestazione era diretta principalmente contro la riforma Ruberti e contro i paventati rischi di trasformazione dell'autonomia amministrativa in privatizzazione indiscriminata. Ma lo scontento degli studenti era di carattere più ampio, ed i motivi sempre gli stessi: strutture inadeguate, facoltà fatiscenti, laboratori inutilizzabili, aule troppo piccole rispetto alla grande quantità di utenti, rapporti difficili col corpo docente, programmi di studio da rivoluzionare.

Una riforma che attende da tempo di essere attuata è quella degli esami di maturità. Il ritardo è grave. L'attuale struttura degli esami è ancora quella introdotta – in forma provvisoria- nel 1969. Il progetto Galloni è stato approvato dal Consiglio dei ministri nel dicembre 1988, ma è tuttora in attesa di applicazione.

Tutti i problemi fin qui emersi richiedono un'attenta analisi di carattere generale e una concreta valutazione in prospettiva.

La spinta maggiore al rinnovamento del sistema scolastico e universitario viene dai processi di integrazione europea. Questo significa che l'Italia si dovrà conformare a normative come quella che equipara le qualifiche professionali a livello superiore. I programmi comunitari dovranno essere adottati dalle nostre scuole e università. Ma la questione non è stata finora affrontata con la necessaria attenzione, e il rischio è – come al solito – quello di rimanere spiazzati.

 

Studenti iscritti all'università per insegnante

  1980-81 1988-89
Scienze, Mat., Fis., Nat. 16,0 14,1
Farmacia 27,9 19,9
Medicina e chirurgia 20,8 8,6
Ingegneria 18,7 18,3
Architettura 34,3 41,5
Agraria 21,7 11,2
Veterinaria 24,4 17,7
Economia 38,7 48,2
Scienze politiche 22,0 32,1
Giurisprudenza 53,6 70,3
Lettere e filosofia 21,6 21,0
Magistero 30,1 26,8
Altre facoltà 18,6 18,5
Totale 24,7 21,9

Fonte: elaborazione Censis su dati lstat

Costituzione

Articolo 33

L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento.

La Repubblica detta le norme generali sull'istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi.

Enti privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato. (...)

Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato.

Articolo 34

La scuola è aperta a tutti.

L'istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita.

I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi.

La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso.

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