Università

Manca una cultura dell'autonomia

Intervista al prof. Vincenzo Buonocore, già Rettore dell'Università di Salerno
Nuova Politica - Manca una cultura dell'autonomia pagina 19
Intervista all'on Buonocore

Impegnatissimo nel mondo universitario, il prof. Vincenzo Buonocore è stato fino al 1987 magnifico Rettore dell'Università di Salerno, nonché presidente della Conferenza dei Rettori.

Dal 1987 è deputato, ed in questa veste non ha dimenticato il suo ruolo di docente, dedicando gran parte della sua attività di parlamentare agli sviluppi fondamentali che sono maturati in questo periodo per l'università Italiana.

É all'on. prof. Buonocore che ci rivolgiamo per avere un quadro della situazione attuale ed alcuni consigli per la vicinissima competizione elettorale universitaria.

 

Professore, come previsto, la pantera è passata, e purtroppo con lei se n'è andata l'attenzione della cronaca per l'università. Cosa ci sarà di nuovo per gli studenti che a marzo dovranno rinnovare le proprie rappresentanze?

Il bilancio di questo periodo non è del tutto negativo: c'è stata l'istituzione del diploma di 1° livello, il tutorato e l'obbligo della laurea per i maestri; ma la cosa più importante è l'inizio dell'esame della legge sul diritto allo studio.

Tutto questo significa che le forze politiche hanno cominciato a prestare attenzione agli studenti ed è quindi positivo che il Parlamento si muova in questa direzione.

La pantera nella sua seconda fase ha avuto il merito di far emergere alcuni problemi reali come la necessità di una rinnovata attenzione per il diritto allo studio che costituirà il grosso problema per gli anni futuri.

Per intervenire efficacemente sull'università bisogna eliminare alcune disfunzioni come lo squilibrio territoriale nelle localizzazioni degli atenei e come la non sufficiente attenzione rivolta alla ricerca.

Alla luce di quanto detto bisogna avviare gli strumenti per un riequilibrio, ad esempio facendo in modo che tutti gli atenei abbiano strutture sufficienti ad ospitare gli studenti.

Infine è necessario valorizzare la programmazione, purché non sia strumento e servizio di fini campanilistici.

 

Professore, al di là della demagogia della pantera, dove ci condurrà il tipo di autonomia disegnato dalla legge Ruberti?

In Italia non esiste una vera cultura dell'autonomia! Ci sono alcuni sviluppi del discorso che in realtà mi preoccupano: come il pericolo della concorrenza tra l'Università, giacché sarebbe la lotta che vedrebbe emergere solo gli atenei con maggiore possibilità di accordi con il mondo produttivo.

In quest'ottica non si può trascurare di dire che è necessario che lo Stato non si disimpegni, anzi intensifichi il suo contributo, come accade in numerose altre parti del mondo, o che questo contributo venga erogato come compensazione dove è difficile trovare finanziamenti o per quelle discipline più deboli economicamente.

Bisogna capire che l'autonomia è una cosa molto seria, è una scommessa che il sistema universitario fa con i cittadini e mi auguro che serva ad eliminare alcuni elementi negativi come la mortalità degli studi ed a rendere più penetrante l'Università nel territorio.

In definitiva va gestita gradualmente e con grande cautela, altrimenti è da incoscienti lasciarsi affascinare da elementi puramente esteriori, come un aumento dei corsi di laurea.

 

Professore, per concludere, se oggi lei fosse uno studente candidato al Cod.A. di un Ateneo, quali linee politiche proporrebbe ai suoi elettori per un migliore sviluppo della qualità dello studio e per il rispetto reale del diritto allo studio?

Bisogna fare un salto indietro di quasi quarant'anni.

Certamente ricomincerei certe battaglie tra le quali quella per una maggiore attenzione per i problemi reali degli studenti, troppo spesso trascurati a vantaggio di pompose, e qualche volta inutili, discussioni politiche. Tenterei prima di tutto di recuperare il diritto alla qualità dello studio, nella convinzione che allo studente deve andare tutta l'attenzione del mondo universitario.

Esistono inoltre alcune esigenze sulle quali insisterei in modo particolare: la prima è quella di un buon orientamento che sia funzionale alla scelta senza essere una banale enunciazione degli sbocchi professionali; il secondo luogo attirerei l'attenzione sul problema della qualità della vita degli studenti, inteso come miglioramento dei servizi, per renderli almeno decorosi e come capacità oggettiva di ogni ateneo di esportare dignitosamente gli studenti fuori sede; inoltre chiederei maggiori fondi per le attività ricreative nel tentativo di coinvolgere completamente lo studente nella vita universitaria; infine presterei moltissimo interesse al modo in cui viene formulato il nuovo statuto, che per il futuro avrà un'importanza determinante.

Nuove generazioni, nuovi poteri
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Francesco Mazzoli

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