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Tavola rotonda FUCI, MP, MGDC

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Parlano dell'Università e delle problematiche più scottanti sul tappeto. Il nuovo modo di essere studenti in una struttura che cambia con i tempi.

Vorrei un vostro parere panoramico sulla situazione odierna nelle università.

 

Mario Brusa responsabile nazionale Cattolici Popolari

Chi in Università si ferma per qualche anno per i suoi studi o perché esercita la professione di docente non fa fatica a vedere quelle che sono le carenze nell'università. Ci troviamo in una Università in cui, dopo anni di travaglio determinato da diverse circostanze incidenti nella vita del Paese, ci sono alcuni dati nuovi a fronte dei dati negativi; dati negativi si possono riscontrare se soltanto si guarda nella percentuale dei votanti alle elezioni universitarie; si possono riscontrare se si guarda all'impegno che spesso da parte dei docenti manca.

Il numero delle persone che oggi come oggi entrano in università e la mancanza di adeguate strutture che li ospitino oppure la presenza di provvedimenti che badano soltanto a colpire alcuni punti senza per altro tenerne in considerazione altri, faccio riferimento ai problemi del numero chiuso, alla mancanza di strutture, alla mancanza di docenti oppure ad un estremo frazionamento in migliaia e in miriade di insegnamenti e sotto insegnamenti. Un tentativo di riforma fatta nell'80 con una legge che per altro è stata vista soltanto sotto alcuni aspetti e, volutamente, non sotto altri, mi riferisco alla legge dell'80 che parlava di sperimentazione organizzativa e didattica. La sperimentazione organizzativa bisognerebbe discutere se c'è stata realmente; la sperimentazione didattica per chi in università ci sta, non c'è stata. Questo per quanto riguarda l'università statale. Per quanto riguarda le università libere conosciamo quelli che sono alcuni problemi tremendamente difficili che la riguardano, il problema dei fondi, che riguardano anche l'università statale a fronte degli ultimi provvedimenti inerenti alla tesoreria unica e comunque il suo adeguamento dell'università e i problemi che si vengono a creare in molte città.

Gianni Rossetti, responsabile nazionale MGDC - Scuola/Università

Quello che si può dire è evidente, giudicando la situazione attuale dell'università è che non ha seguito i mutamenti della società nel corso degli anni, e direi non solo gli ultimi mutamenti, cioé il formarsi della società complessa degli ultimi anni, ma praticamente si può dire che l'impostazione generale dell'università è rimasta quella degli anni'30; infatti tutta la base legislativa è quella del testo unico del '33. L'Univer­sità è in crisi e secondo me due sono gli aspetti della crisi; uno che potremo chiamare istituzionale, ed è una crisi funzionale, una crisi organizzativa, e anche finanziaria. Una crisi funzionale, (perché da molto tempo infatti l'Università è in crisi) originatasi grosso modo all'inizio degli anni '70 con l'affluire di un numero di studenti, superiore ad ogni aspettativa; una crisi organizzativa perché la struttura organizzativa dell'Università è vecchia, non riesce più a reggere alle attuali esigenze della società, all'attuale necessità di una organizzazione più agile e manageriale. Una crisi finanziaria che non consente più all'Università di mantenersi a quei livelli a cui era negli anni precedenti, perché da un lato la quota versata dagli studenti è man mano scesa, a livello di potere d'acquisto, dall'altra anche dal Ministero e da enti pubblici e privati non sono più venute quelle sovvenzioni che c'erano negli anni precedenti; quindi questo ha portato a poco a poco a un degradarsi anche fisico, d'immagine dell'Università, una Università cadente dove non viene fatta più la manutenzione, dove le aule non sono agibili, i laboratori cadono a pezzi, le strutture scientifiche non sono all'altezza della situazione. Si dovrà poi contemplare una crisi di motivazioni, soprattutto da parte di chi nell'Università vive e lavora, più che gli studenti che bene o male sono un fenomeno di passaggio all'interno dell'Università dunque una crisi di motivazione soprattutto da parte dei docenti. Non c'è più per tutti quella «vis ideale» che spingeva un docente a insegnare all'interno dell'Università, a trasmettere il sapere che aveva guadagnato, accresciuto durante la sua vita. Viene a cadere questa spinta-base nell'Università di trasmettere il sapere agli studenti, a chi lo ricerca. Poi c'è una crisi molto evidente: la crisi della funzione didattica dell'università; cioé viene a mancare questo raccordo tra chi il sapere lo possiede e chi invece lo ricerca ma d'altra parte anche gli strumenti all'interno dell'università, cioé gli ordinamenti didattici ecc... sono in grave ritardo, non hanno seguito l'evoluzione della società per cui anche la possibilità pratiche di trasmettere questo sapere sono limitate da una situazione organizzativa della didattica rimasta agli anni passati. Non bisogna però dimenticare, alcuni aspetti positivi che in ogni caso nell'Università attuale ci sono e secondo me sono aspetti positivi dell'impostazione culturale che in fondo in fondo stanno mettendo in crisi anche università considerate molto più avanzate della nostra università americana, ma anche la frazione e l'inglese: si tratta dell'impostazione culturale dei nostri corsi di laurea che sono costruiti con una logica di progressività, di propedeucità, con all'inizio materie di formazione di base e poi via via materie di specialiuazione. È vero che c'è il rischio di una parcellizzazione degli insegnamenti, credo che nonostante ciò si debba mantenere questa impostazione culturale di base, di formazione crescente ed evitare che ci sia la parcellizzazione che esiste ad esempio nelle università anglosassoni per mantenere questa impostazione di carattere più generale che settoriale.

Massimo Giuliani, responsabile università cattolica/FUCI

lo concordo fondamentalmente con la posizione di Rossetti che analizza la situazione dell'università in questo momento sotto il termine crisi. L'università vive un momento di crisi non solo nel senso negativo di solo in mancanza di coordinamento, di funzionalità rispetto alle esigenze del mondo del lavoro e delle attese del mercato, degli utenti, degli studenti, ma vive una crisi anche in senso positivo, nel senso che vive un momento di ricerca del proprio adeguamento nei confronti di una società che si fa sempre più complessa, che richiede sempre nuovi canali di legittimazione tra il sistema, tra la proposta legislativa ed organizzativa delle istituzioni dell'università ed il mondo del giovane, il mondo di coloro che guardano all'università come il momento fondamentale per la crescita professionale e culturale del Paese. A questa complessità che è espressione di una frammentazione soprattutto al livello culturale: sarebbe opportuno perciò rivisitare la trasformazione della università alla luce della storia e quindi che cosa ha significato nella università italiana la liberalizzazione degli accessi, cosa ha significato il '68 per l'università italiana. che cosa ha significato il ritorno ad una passione anche per lo studio da parte degli studenti, fenomeno complesso, che alcuni semplificano come un semplice ritorno al privato, altri invece come un recupero di identità e di consapevolezza del ruolo dei giovani all'interno della società. Ecco. io credo che a questa complessità l'università risponda in diversi modi, anzitutto con un'apertura a livello legislativo e dunque con un processo che cerca di superare la crisi di legittimazione così concepito come divario tra il sistema universitario e gli studenti. Un'altra pista per far fronte a questa complessità e alla crisi che questa complessità comporta io credo sia quella di uno sforzo di rimotivazione dell'impegno universitario da parte degli studenti e da parte dei docenti, una rimotivazione che deve essere affrontata sia a livello culturale quindi con una accettazione della complessità ma anche con una capacità di governo della complessità e a livello istituzionale con l'attrezzare l'istituzione universitaria di tutti quegli strumenti necessari ad una domanda frammentaria e diversificata. Io credo che i rischi che l'università corre in questo momento di fronte alla situazione culturale della società complessa che manca di centri di significato totalizzanti, centri di significato che sono andati in crisi con l'apogeo della secola­rizzazione e che non sono più riproponibili tout-court senza mediazioni; appunti in questa società complessa, io credo che i rischi siano fondamentalmente due. Il primo, una accettazione passiva nei confronti della complessità che comporta una strutturazione dell'università così frammentata; l'accettazione di questa frammentazione porterebbe ad una rinuncia al governo di questa situazione. L'altro rischio, a mio avviso, è quello di una ricomposizione anzi sarebbe meglio chiamarla ricompattazione di tipo autoritario per cui attraverso riduzioni di spazi di sperimentazione riduzione di fondi e riduzione degli spazi di partecipazione democratica all'interno dell'università vista anche la scarsa partecipazione che gli studenti attuano attraverso le possibilità che la legge consente, ecco tutto questo favorirebbe a mio avviso un ripiegamento dell'università su se stessa e quindi su troppi interessi corporativi. e questo secondo rischio credo che sia altrettanto pericoloso del primo e credo che per far fronto a questo problema non siano sufficienti gli strumenti legislativi ma si debba fare appello ad una rimotivazione sociale ed a una maggior apertura della università nei confronti della società.

Pensate siano utili interventi legislativi globali o è preferibile una strada intrapresa poco per volta per rimuovere l'Università?

Mario Brusa

Una brevissima precisazione sul rinnovamento cioè la ridefinizione del ruolo dell'università. È indubbio che dei passi in avanti debbono essere fatti, in questo senso tutte le proposte che vengono fatte che vanno dal numero chiuso assolutamente non quello deciso dai pretori, dalla creazione di livelli o comunque un riassetto dell'università appaiono indispensabili. Appare altrettanto chiaro che però la risposta non può essere una legge come la 382 che rimane sulla carta e solo formalmente crea delle istituzioni nuove. Un qualsiasi intervento da parte del legislatore deve essere fatto prendendo in considerazione quelle che sono le necessità degli studenti ad esempio, una grossa richiesta ed una offerta che spesso, oserei dire sempre, non riesce a coprire questa offerta; per i collegamenti con il mondo del lavoro si tratta di un discorso che deve essere estremamente organico nell'affrontare questo problema che per altro non deve stravolgere chissà quale ordinamento universitario già vigente. Sarebbe abbastanza assurdo pensare che in Italia si deve fare una università uguale a quella che c'è in America. Ogni luogo, ogni nazione, ogni tradizione, ogni cultura, ha dei modi di esprimersi che vanno profondamente rispettati.

Con questo appare necessario che alcuni rinnovamenti vengano fatti ma che questi siano effettivi.

Gianni Rossetti

A livello di interventi legislativi sicuramente sarebbe preferibile, vista la situazione, un intervento legislativo di carattere globale come era già d'altra parte previsto da più di vent'anni, però è evidente, in questa situazione di società complessa ma anche in questa situazione politica dove è difficile riuscire a discutere e approvare in tempo ragionevole delle leggi di ampio respiro, ecco è difficile in questa situazione pensare che possa essere attuata una riforma di questo genere; quindi. sicuramente sarà piò concreto. più praticabile. il terreno di riforme progressive. Certamente però questo metodo si scontra con due questioni fondamentali. Una è quella della possibilità di attuare interventi progressivi, cioè cominciare ad attuare un provvedimento, verificarne la giustezza, eventualmente modificarlo e poi continuare, però questo abbiamo già visto con la 382 che allunga i tempi in maniera notevolissima e la sperimenta­zione continua a rimanere la sperimentazione nonostante la legge prevedesse la durata soltanto di tre anni. Poi l'altro discorso è quello che bisogna avere in mente un'idea, un progetto ugualmente globale anche se poi lo si attua tutto insieme. Però bisogna avere un'idea di università del futuro, di università che possa durare per almeno i prossimi vent'anni. Quindi la questione fondamentale in questo momento è quello di formulare un'idea di nuova università che deve essere certamente fondata sul binomio ricerca e didattica, ricerca avanzata, deve essere il centro, il perno fondamentale della ricerca pubblica in Italia e certamente deve ritrovare il ruolo didattico che forse negli ultimi tempi ha perso.

Una università anche più immersa all'interno della società con collegamenti più costanti, più proficui e più semplici con il territorio che la circonda, con le forze produttive, con le realtà locali, gli enti locali e con la popolazione anche perché sicuramente negli anni che vengono acquisterà molta importanza non soltanto per gli studenti che così per questioni generazionali passano all'interno ma acquisterà molta importanza sull'educazione permanente su questa necessità che diverrà sempre più importante di modificare il proprio bagaglio culturale, modificare la propria specializzazione nel corso degli anni perché i mutamenti della società saranno sempre più rapidi. A livello di proposte esistenti certamente molte sono positive, sicuramente bisognerà andare verso una diversificazione dei titoli di studio con l'introduzione di livelli; un primo livello appare ormai indispensabile in alcuni settori, specialmente in alcuni settori scientifici dove necessitano preparazioni di carattere particolare e poi indubbiamente bisognerà continuare sulla strada del diversificare la ricerca pura attraverso il dottorato di ricerca e invece la specializzazione in senso più propriamente produttivo in senso rivolto più al lavoro e inoltre certamente bisogna riformulare, come ho già detto prima, i corsi di laurea per adeguarli alle nuove esigenze della società. Bisognerà però anche avere presente che l'università di domani si troverà di fronte a situazioni diverse, in particolare la popolazione studentesca tenderà a ridursi sia perché gli saranno proposte possibilità diverse i diplomi diversificati, una anche la riforma delle superiori in qualche maniera contribuirà a questo, sia anche perché la natalità sta scendendo notevolmente: in questo momento stanno passando nell'università i «baby boomeer», ma in futuro sicuramente calerà la presenza degli studenti e quindi bisognerà anche porsi questo problema.

Bisogna essere consapevoli che questo sovraffollamento non durerà in eterno e soprattutto non è generalizzato e in alcuni casi come il sovrallamcento ad informatica è sì molto evidente, ma è anche molto evidente il ritardo della struttura ad adeguarsi alle esigenze, cioè sarebbe molto importante avere più facoltà, più corsi di laurea in informatica: è evidente che essendocene pochi tutti gli studenti, tutta la domanda di cultura in questo campo si riversa in questa facoltà. Quindi bisogna anche fare attenzione a porre restrizioni in corsi di laurea che invece necessiterebbero di ampliamento ma ovviamente di ampliamenti strutturali.

Massimo Giuliani

Mi sento di concordare fondamentalmente con le osservazioni fatte precedentemente riguardo gli interventi lcgislativi globali oppure progressivi a partire dalla situazione esistente. Io vorrei sottolineare semplicemente che per me i problemi legislativi devono davvero fare i conti prendendo sul serio il discorso dell'autonomia dell'università, nel senso che ogni università ha le sue caratteristiche e non è facile decretare a livello generale che cosa debba essere incrementato e che cosa no: e quindi rivalutando in qualche modo il collegamento che l'università nella sua struttura autonoma ha con il territorio, questo credo sia assolutamente indispensabile, per quel discorso di rifunzionalizzazione che risponde in qualche modo alla differenziazione della domanda. Differenziare l'offerta ma tenendo presente che vale anche per l'università quel processo positivo di «deregulation», che in qualche modo fa sì che siano i singoli organismi di partecipazione, soprattutto di decisione, cosa che alcune volte manca all'interno della nostra università, a riorganizzare l'assetto legislativo attorno a questo principio dell'autonomia.

In definitiva, che spazio avranno gli studenti su questi processi?

Mario Brusa

Per chi in università c'è, per chi è disposto a lavorare, bene, questo secondo me è il primo grosso spazio. Tento di spiegarmi, lo spazio e l'importanza che gli studenti devono avere non è una cosa predeterminabile in astratto deve essere concessa deve essere dato in relazione a ciò che c'è, cioè alle proposte così alla creatività oserei dire, alla partecipazione che gli studenti offrono. In questo senso non vanno in alcun modo sottovalutati o ostacolati delle presenze che in questi anni hanno retto all'interno dell'università e che tuttora sono vive e vivaci. Provo a spiegarmi: molto spesso ci si sente ripetere che chi non c'era non ha diritto ad esserci oppure che ormai gli studenti sono appunto una cosa che non è più significativa per l'università. Ritengo queste affermazioni, questo modo di comportarsi assolutamente iniquo perché non è vero che gli studenti non ci sono; gli studenti ci sono e tentano di affrontare ciò che si trovano davanti nel modo in cui essi riescono. Per questo si è lavorato in questi anni per questo ci si è presentati alle elezioni in questi mesi che comunque vedono alcune università impegnate nelle elezioni consci che la scadenza delle elezioni non è l'unico momento in cui è possibile essere presenti, anzi oserei dire che !'elezioni possono soltanto essere una delle espressioni che le elezioni negli organismi rappresentativi all'interno dell'Università sono soltanto una delle espressioni che gli studenti hanno a disposizione per esserci in un determinato luogo.

Massimo Giuliani

Al processo di rinnovamento dell'Università, io credo che abbia un ruolo fondamentale l'impegno politico degli studenti all'interno dell'università. Non è da sottovalutare, anzi la FUCI ha scelto la strada dell'impegno culturale quindi dell'aggregazione degli studenti attorno a tematiche a gruppi di facoltà che affrontano tematiche di frontiera nelle quali si cerca di coniugare la sensibilità cristiana e il patrimonio della fede e della tradizione religiosa con le provocazioni culturali che vengono dalla società secolarizzata e frammentata contemporanea. Ma per tornare all'impegno di ordine politico, io credo che si debba analizzare seriamente le statistiche della scarsa partecipazione a questi momenti di democrazia interna all'Università. Una riflessione seria va fatta su questi dati per accorgersi come la disaffezione che colpisce il mondo dei giovani all'interno dell'Università per le tematiche per la presenza di una più diffusa disaffezione al mondo della politica concepita come cosa sporca, come frutto di intrallazzi e di compromessi. Un altro motivo quello per cui gli studenti stanno lontano dalla politica è perché sentono l'istituzione e la struttura universitaria lontana dal proprio curriculum o comunque si sentono im­potenti a incidere realmente all'interno di questa struttura. La FUCI come noto non si è candidata, non si è presentata in università con delle liste proprie, ma ha lasciato liberi i propri aderenti di candidarsi nelle liste che credono più confacenti ai propri principi e alla propria ispirazione in base all'azione e ai propri ideali.

Ciò non ha il significato di separare la fede dall'impegno politico e culturale ma ha anzitutto un significato di privilegiare all'interno della società, all'interno della Chiesa, all'interno dell'università nella fattispecie, la propria presenza di evangelizzazione e quindi di attenzione al momento strettamente ecclesiale e quindi come tale non immediatamente traducibile in termini di identità politica.

Gianni Rossetti

Gli studenti hanno una importanza in se stessi all'interno dell'università perché secondo me portano con se molto più evidenti le modificazioni della società perché le afferrano prima, perché le vivono molto più direttamente, quindi sono importanti di per se stessi perché attraverso di loro e attraverso il comportamento che si modifica si possono cogliere alcuni segni importanti da tradurre poi in proposte e modifiche.

Un'altra caratteristica fondamentale che portano con sé gli studenti è il dia­logo che cercano e che devono cercare di avere all'interno dell'università e con le altre componenti.

È importante il dialogo tra le componenti specialmente tra docenti e studenti, proprio a partire dal ruolo diverso, perché è fondamentale la verifica da parte dei docenti del giudizio che hanno gli studenti ed è fondamentale l'impostazione, l'esperienza dei docenti nei confronti degli studenti. Un altro aspetto molto importante del ruolo di studenti specialmente negli ultimi anni è la presenza politica negli spazi di democrazia degli organi collegiali dell'università; spazi di democrazia che sicuramente sono da ampliare specialmente in quei momenti importanti per gli studenti che sono la partecipazione agli organi collegiali tipo il Consiglio di Facoltà, il Consiglio di corso di Laurea, il Consiglio di Dipartimento dove realmente si confrontano e si discutono i problemi relativi alla didattica, i problemi più attinenti alla vita universitaria di ùno studente.

Certamente però la presenza politica degli studenti ha un limite. Bisogna che gli studenti che si impegnano siano consapevoli che gran parte del lavoro che fanno non servirà a loro ma servirà a coloro che verranno dopo, quello è un limite grosso della possibilità di impegno politico in università che di fatto si traduce in una scarsa partecipazione al voto proprio perché non sono immediatamente visibili i risultati di un impegno, proprio per questo volontarismo, per questa gratuità che c'è nell'impegno politico e proprio per questo non bisogna lasciarlo perdere anzi forse proprio da qui si possono individuare nuovi spazi di impegno di rifondazione di un impegno politico. L'impegno politico degli studenti non deve essere visto come presenza specifica come portatrice di una specificità studentesca e quindi con una impostazione culturale unica, nel senso che essendo tutti studenti si portano avanti tutte le stesse uguali esigenze; la presenza deve essere necessariamente diversificata per posizioni culturali, posizioni che devono crescere all'interno dell'università e non devono essere imposte dall'alto; cioè deve essere uno spazio di democrazia realmente gestito dal basso non occupato come altri dai partiti politici e loro ramificazioni. Questa è una scelta che il MG ha fatto da anni e che continua a portare avanti anche in queste elezioni: ovviamente non si è presentato in maniera diretta ma ha cercato di contribuire in qualche maniera al dibattito tra i giovani in università e ha cercato di indirizzare i propri aderenti all'attività politica nell'università alla formazione di liste aperte come caratteristica della Democrazia Cristiana ma con una impostazione culturale ben definita a partire dai valori cristiani a cui si ispira la nostra azione. Certamente ci troviamo di fronte ad una difficoltà; cioè la presenza anche in università di forme diverse di aggregazione cristiana; ovviamente come partito dobbiamo confrontarci con tutte le formazioni presenti, non possiamo certamente fare una scelta tra queste ma dobbiamo cercare di confrontarci sul piano concreto su programmi che queste esprimono e su attività e azione che queste liste svolgono in università. Certamente c'è un altro piano di azione che non diretta­mente si concretizza nelle elezioni ed è un'azione politica più generale di sensibilizzazione di presenza nel dibattito politico dell'università che si può anche svolgere senza presentarsi alle elezioni, ma dobbiamo fare attenzione a questo momento particolare dell'anno perché in ogni caso sia pure con una scarsa partecipazione al voto queste elezioni sono un significativo saggio per le elezioni amministrative che si svolgeranno successivamente.

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Piero Franceschi
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Raimondo Orsetti

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