Uguaglianza delle opportunità
Uguaglianza delle opportunità. In questo semplice concetto figlio della rivoluzione francese è sintetizzata la lotta degli studenti transalpini contro il progetto di legge di riforma delle Università.
Ancora una volta abbiamo assistito al tipico errore ideologico che ha spinto un governo anche abbastanza pragmatico in un pericoloso vicolo cieco. Sistemi istituzionali che si fondano su meccanismi maggioritari sono spesso vittime di una sorta di ideologismo di ritorno quando oramai tutte le lotte politiche occidentali tendono alla deideologizzazione. Non si potrebbe interpretare diversamente certi progetti legislativi del governo Chirac ma soprattutto certe metodologie. Per esempio non possiamo che considerare demenziale il progetto di privatizzazione delle carceri, figlio di una estremizzazione del problema reale della deregulation delle macchine burocratiche-amministrative dello stato moderno. Così come non considerare gravissimo e pericoloso il progetto di legge Chalandon, ministro della giustizia, il quale equipara i giovani tossicodipendenti ai delinquenti comuni e come tale vengono trattati compresa una deleterea e ormai antiquata detenzione che, in questi casi, serve solo a drammatizzare ulteriormente ciò che è già tragico.
Ed era estremizzante anche la proposta di riforma delle Università perché inseriva degli elementi gravissimi di discriminazione:
- «Le Università determinano ogni anno le condizioni di accesso alle diverse formazioni, (così recitava la legge) in funzione della loro capacità di accogliere gli studenti». In buona sostanza il numero degli studenti ammesso in facoltà sarebbe stato determinato volta per volta dai singoli atenei secondo le loro più svariate e diverse esigenze.
- Un nuovo sbarramento era previsto dopo il primo biennio, sulla base delle mutazioni ottenute; gli «scartati» avevano solo la possibilità, a discrezione del Rettore, di essere assegnati ad una facoltà scelta per loto, secondo i criteri di giudizio degli organi universitari senza nessun diritto di scelta in quanto a tipo di studi.
- «Ciascuna laurea porta il nome dell'Università che l'ha rilasciata»; praticamente si venivano ad instaurare discriminazioni territoriali e locali fra sedi universitarie diverse, non solo ma non sarebbe più stato automatico il riconoscimento legale del titolo di studio.
- Tutto questo condito da un aumento delle tasse di iscrizione annue fino a due milioni a libera celta degli atenei.
È chiaro che l'insieme di queste norme avrebbe provocato la nascita di facoltà di serie A nelle città più importanti e di quelle di serie B nelle province e nelle zone più povere con relative discriminazioni non in base a criteri oggettivi e validi per tutti, ma in base ad una specie di censo o capacità di reddito familiare.
Giovedì 4 dicembre alle 14,00 più di centomila studenti danno inizio ad una manifestazione per le vie parigine che si conclude in Esplanade des Invalides. Alle 19,00 una delegazione viene ricevuta dal ministro dell'Educazione Pierre Monory e trattata con sufficienza e disprezzo. Alle 20,40 la polizia carica i manifestanti ed inizia una pericolosa lotta che si indurisce nella notte successiva tanto che intervengono le PVM, le squadre motocicliste del Ministro degli Interni Charles Pasqua: 48 moto montate da due poliziotti, il primo abilissimo guidatore, il secondo abile manganellatore, raggiungono Malik Oussekine, di origine marocchina, 22 anni, e lo pestano fino ad ucciderlo.
Sabato 6 dicembre la manifestazione. è enorme, si parla di un milione di persone scese spontaneamente per protestare contro l'assurdo fatto di sangue. Domenica pomeriggio Jacques Chirac ritira il progetto dopo la chiara presa di posizione del Presidente Mitterand abilissimo nello sfruttare i cocenti errori del leader gollista.
Tra questi va annoverato senz'altro la totale mancanza di consultazione con cui il governo francese sta tuttora procedendo: «il liberalismo dai denti di lupo» che licenzia progetti di legge immodificabili dall'Assemblea Nazionale a dispetto di qualsiasi reazione della pubblica opinione. Il liberalismo, quello vero, è sempre stato sinonimo di grande tolleranza di spirito e di azione, non credo possa essere scambiato o equiparato a prevaricazione e arroganza di potere.
L'episodio studentesco e il successivo, riguardante l'incredibile sciopero dei ferrovieri francesi, si colloca in una serie di errori derivanti dal tentativo di trasferire utopici modelli stranieri nel ceppo della tradizione non solo politica ma anche culturale della «Vecchia Europa». «Non siamo negli Stati Uniti» gridavano gli studenti francesi e non a caso venti secoli di storia hanno irrimediabilmente segnato la cultura politica del bacino del Mediterraneo.
Si lascino i modelli ideologico astratti agli assolutismi anglosassoni che generano la grave politica interna dei conservatori del Regno Unito e che, molto probabilmente, dovranno all'altra ideologia astratta della politica estera dei laburisti, la permanenza al potere per altri quattro anni.
Quando l'altro ideologismo demagogico del Gabinetto Mauroy partorì nel 1984 il progetto di riforma delle scuole private e cattoliche, la cosiddetta legge Savary, milioni di francesi scesero in piazza come quest'anno, ma questa volta contro Francoise Mitterand a dimostrazione che le scelte contro la libertà sostanziale del cittadino, da qualsiasi parte provengano, cozzeranno sempre contro il soffice pragmatismo che pavimenta il substrato politico e culturale delle nostre idealità politiche.
Infine è estremamente dannoso, per qualsiasi nazione, l'instabilità della stabilità, intendendo con ciò il fatto che a distanza di pochi anni si cancelli, per reazione ideologica, con provvedimenti traumatici, tutto l'operato politico di chi era il predecessore alla guida del governo generando una situazione di eccessiva provvisorietà e precarietà.
Dobbiamo perciò stare bene attenti ad inserire nel nostro tessuto sociale e politico modelli di riforma istituzionale non sufficientemente fondati sulla nostra tradizione nazionale e importati da altri paesi con ben altre storie e popoli.
La valutazione dei fatti internazionali degli ultimi anni ci conferma che il peggio non abita più tra i discendenti diretti dei romani.





















