Dibattito sul giovanile

Un anno dopo

Nuova Politica - Un anno dopo pagina 8
Nuova Politica - Un anno dopo
Ad un anno da Maiori progressi e risultati confortanti. Occorre però estendere dal Centro alla periferia la capacità di proposta politica autonoma e la funzione di stimolo verso il Partito.
Un anno dopo Maiori è doveroso soffermarsi, nel corso deldibattito sul Giovanile, a controllare i risultati raggiunti finora e verificare se corrispondono alle intenzioni iniziali.

Mi propongo, quindi, di esaminare le nostre idee sul ruolo e l'organizzazione del Movimento alla luce dell'esperienza dei diritti periferici del Giovanile.

Sono convinto che il successo delle nostre iniziative ed il complessivo stato di salute del M.G. possa essere valutato esatamente solo se si tengono presenti le condizioni concrete, le difficoltà quotodiane che devono essere affrontare dagli amici responsabili dei comitati regionali e provinciali.

Chi ha vissuto, come me, l'esperienza di delegato provinciale, durante la gestione Ciraolo, sa bene che nessun altro aiuto i comitati provinciali potevano aspettarsi dal Centro nazionale, né in termini economici, né in termini di indicazioni o proposte politiche, e ricorda certamente l'imperiosa necessità di dimostrare che non tutti condividevano l'inclinazione al letargo ed all'opportunismo della precedente dirigenza nazionale.

Credo che tutti riconoscano le diversità della situatione attuale; non di meno, con molti amici della Direzione e del Consiglio Nazionale, abbiamo la sensazione che ciò che è stato fatto finora ancora non basti, e il sospetto che le importanti iniziative realizzate e i lusinghieri giudizi raccolti, l'immagine ed i contenuti di questo nuovo MG, riguardino la sola struttura nazionale e non i comitati periferici. Non si tratta di esprimere giudizi sull'attività dei dirigenti locali, anche per evitare le ingiustizia che potrebbero scaturire da un esame limitato alle iniziative realizzate, che considerasse il solo numero, la qualità e la risonanza nell'opinione pubblica.

Mancano infatti gli strumenti per valutare le condizioni nelle quali i dirigenti locali del Giovanile si trovano ad operare.

In particolare, è necessario tenere presente che, in alcune realtà periferiche si verifica una collaborazione fra organi del partito e del Giovanile che consente ai nostri rappresentanti di ottenere il supporto tecnico ed economico indispensabile per la riuscita delle iniziative; altrove, invece, si registra una netta ostilità nei confronti del MG, al quale viene negata la possibilià di concreta di operare.

Spesso i dirigenti del Giovanile sono appena tollerati, devono sopportare atteggiamenti paternalistici, quando non sono ostacolati o completamente emarginati dai meccanismi correntizi della gestione del partito.

Spesso sono essi stessi ad estraniarsi, non rinunciando ad esprimere la sfiducia, lo sdegno e la protesta per le situazioni più insostenibili.

In qualche provincia, veceversa, il Giovanile ufficiale ha saputo adeguarsi alle regole del gioco, lasciandosi però coinvolgere nelle prassi più criticabili: in questi casi, di solito, sono emerse posizioni di gruppi o di singoli giovani di dissenso col delegato locale.

È tempo di chiedersi cosa facciamo per garantire la possibilità di operare a quei giovani che non in polemica con la dirigenza locale del partito.

Poiché le logiche del partito privilegiano requisiti che non sono i nostri e siamo consapevoli che si ha un «peso effettivo» solo se si amministrano tessere o si sanno indirizzare i voti di preferenza, non sarà bene verificare se esiste una reale posizione culturale del MG e premere perché sia riconosciuta dal partito nel suo giusto valore? Diversamente dal passato, oggi il Centro Nazionale offre ai comitati provinciali molte occasioni di incontro e dibattito sui problemi, organizzando convegni, assemblee, corsi di formazione e campi scuola. Di fatto però, in molte province, queste opportunità di crescita sono vanificate dalla mancata collaborazione o dal vero e proprio ostruzionismo di quegli apparati del partito che ancora seguono logiche spartitorie e correntizie e privilegiano la crescita di persone che rispondono alle tradizionali caratteristiche della dedizione e della fedeltà al leader locale e non piuttosto una solida formazione culturale cd una dignitosa militanza di base.

Il bilancio della nostra attività di dirigenti nazionali non sarà positivo finché non troveremo gli strumenti per consentire agli amici della periferia di lavorare per il partito anche «contro il partito».

D'altronde non abbiamo mai detto, né a Maiori né altrove, che intendevamo perseguire sempre, comunque e dappertutto i buoni rapporti con la dirigenza DC.

Abbiamo parlato, invece, di «trasgressione», che non è la contestazione assoluta, ma neppure l'appiattimento sulla prassi localmente dominante; non la ricerca della collaborazione a tutti i costi, perché diventerebbe complicità ed assomiglierebbe al servilismo.

Da questo punto di vista, però, i risultati raggiunti sono pochi. Anzi, dobbiamo registrare sonore sconfitte. Al di là delle espressioni di stima, talora entusiastiche, al di là delle importanti opportunità di lavoro e di presenza che ci sono state offerte alla festa dell'Amicizia ed in altre occasioni, tutte le nostre proposte tese a consentire una maggiore autonomia del MG, soprattutto nelle sue articolazioni locali sono rimaste finora inevase.

Oltre ad aver ignorato le ripetute richieste di aumento del finanziamento, che avrebbe consentito di contribuire da Roma all'attività dei comitati provinciali, il partito ha regolarmente disatteso le nostre richieste quando si ponevano in contrasto con gli interessi e gli equilibri dei gruppi.

Si può ricordare, ad esempio, la nostra battaglia sulla moralizzazione, con la richiesta di esclusione dalle liste di personaggi discussi; oppure il recente documento sulle candidature dei giovani per le amministrative, che è stato bensì preso in considerazione, ma non nella parte che precludeva la riproposizione dei consiglieri con più di tre mandati consecutivi nella stessa amministrazione, condizione indispensabile perché le candidature dei giovani non fossero di semplice complemento, senza reali chances di successo.

Queste riflessioni lasciano perplessi sulla possibilità che i comitati provinciali diventino la diramazione territoriale del Movimento Giovanile Nazionale, e fanno temere invece che si affermi la pretesa di chi vorrebbe fare del Giovanile solo l'ufficio giovani della corrispondente struttura del partito. Ci sembra, invece, che vadano valorizzati proprio quei dirigenti che hanno il coraggio e la capacità di opporsi all'entourage del partito per sostenere la nostra proposta di rinnovamento.

Ricostruita un'immagine autorevole del Movimento Giovanile ed individuati i contenuti della nostra azione politica, dobbiamo ora darci gli strumenti per affrontare la nostra autonoma presenza nel partito.

Con questi intendimenti vogliamo affrontare il problema della riforma del regolamento ed i prossimi appuntamenti politici.

 

 

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Dario Franceschini
Tavola rotonda FUCI, MP, MGDC

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