Una proposta politica e organizzativa
Disegnare il nuovo volto del Movimento Giovanile democristiano è l'obiettivo dell'ormai prossima assemblea organizzativa nazionale. È il Movimento Giovanile della seconda metà degli anni ottanta, necessariamente diverso dal passato, anche se non in contraddizione con esso. Due appaiono i ruoli fondamentali dell' organizzazione, l'uno diciamo «movimentista», l'altro istituzionale e formativo.
Nella prima delle due caratteristiche c'è il problema della presenza politica diretta, della capacità di aggregazione (dalla scuola al lavoro, all'associazionismo culturale e religioso), c'è la mobilizzazione su specifiche battaglie, manifestazioni, iniziative, eccetera. Questo, s'intende, senza scadere nel presenzialismo, nella politica spettacolo, che ha sempre il fiato corto, quando il problema è della «convivialità» politica, del dialogo inteso come capacità di ascolto e come disponibilità a mettersi in discussione.
Nella seconda delle caratteristiche, l'istituzionale-formativa, va subito chiarito che per istituzionale non intendiamo tanto il riferimento ad un luogo di impegno (le istituzioni) quanto piuttosto ad una mentalità, a qualcosa che deve essere immediatamente accanto all'attività politica diretta. Se infatti quest'ultima è indispensabile, non lo sono meno lo studio e la riflessione. Ad un luogo di «consumo» politico immediato deve corrispondere una sede di elaborazione e di produzione di progettualità politica.
L'identità del Movimento Giovanile democristiano non può essere quindi che la risultante di questi due ruoli. Ciò è tanto più necessario davanti ad una crisi di partecipazione alla politica, davanti al distacco dalle istituzioni. La lettura della crisi può essere fatta secondo le categorie del «sistema» e dell'«ambiente». Sistema è tutto quanto ha a che fare con il Paese legale, le mediazioni, le decisioni, il pubblico. L'ambiente è viceversa la sede di tutto ciò che è spontaneo, vitale, originale, creativo, dotato di senso e di ricchezza esistenziale («l'ambiente» è la famiglia, il gruppo amicale o parrocchiale, il volontariato, l'associazione dei più diversi tipi, la stessa vita di coppia). Oggi si registra una divaricazione crescente tra questi due mondi, tra un mondo (il sistema) in cui si decide, e un altro mondo (l'ambiente) che non ha poteri né programmatori né decisionali, ma in cui i singoli trovano felicità individuale e realizzazione. Il rischio grosso dell'attuale convivenza civile sta proprio qui, in questo strabismo tra le due componenti di una società moderna. Ma, mentre alcuni studiosi (e, a quanto pare, anche politici) non sembrano eccessivamente preoccupati dal- 1'allargamento di questo fossato e guardano questa dinamica con interessato cinismo, noi di questo preoccupati lo siamo.
Risulta quindi condivisibile l'analisi fondata sulla dicotomia tra sistema e ambiente, ma non ci si può fermare ad accettare questa sorta di glaciazione dei rapporti tra i due mondi. Ogni attore politico consapevole, sia esso individuale o collettivo, deve lavorare per suturare questo rapporto, facendosi esso stesso «ponte» che raccorda le due sponde del fossato, il sistema e l'ambiente, cioè le istituzioni e la società. Il Movimento Giovanile dc diviene uno di questi soggetti politici cui spetta l'onere di porsi come ponte tra il sistema e l'ambiente, avendo la finalità primaria, in questo contesto storico, di riconciliare i giovani con le istituzioni. Qualcuno potrebbe pensare che in questo modo si avanza un po' troppo verso ruoli «pre-politici», nel senso che si espropria a gruppi prepolitici e dell'associazionismo un ruolo che compete loro. Ma questo non è il nostro caso, sia perché quelo ruolo non è appannaggio esclusivo di gruppi a-politici, sia perché l'entità con cui devono essere riconciliati i giovani sono proprio le istituzioni, che è uno degli ambiti propri del nostro lavoro e del nostro intervento. Per questo motivo il ruolo di ponte tra le istituzioni e la società è in certo senso la risultante dei due livelli di intervento definiti in precedenza, quello «movimentista» e quello «istituzionale». Il giovane dc sarà un giovane impegnato nel «paese» nella «piazza» nella «strada», e sarà nel contempo un giovane impegnato in enti locali, università, organi collegiali e altri organismi: dovrà portare al «palazzo» le istanze del paese, e orientare le scelte del primo in riferimento ad esse; dovrà essere referente di ciò che emerge dalla società, e saper inserire questo in un progetto complessivo di amministrazione; dovrà saper ascoltare prima, per gestire meglio poi.
Si rende opportuno, a questo proposito, individuare una struttura capace di dare corpo a questo doppio ruolo.
Dobbiamo appunto introdurre una novità capace di raccogliere ed ospitare questi giovani che si sentono troppo stretti nelle maglie della «tessera» e di valorizzare la militanza basata sull'impegno concreto e quotidiano e non solo sull'atto formale dell'iscrizione.
Di qui, allora, l'idea dell'adesione (rafforzativa o esclusiva della tessera) ad un manifesto politico programmatico elaborato dal Centro Nazionale del Movimento Giovanile dc. Solo l'adesione al manifesto comporta l'appartenenza al Movimento Giovanile, e non altro. Tale manifesto sarà composto da una parte fissa, da principi politici inerenti ai valori e agli ideali fatti propri dal Movimento Giovanile, e da una parte programmatica in senso stretto, variabile di anno in anno, concernente specifi punti di attività e di intervento. Questo è il presupposto per una solida autonomia organizzativa del Movimento Giovanile dc.
Ovviamente questa impostazione può creare qualche perplessità sia di tipo politico sia di tipo operativo. Si sta an- cora discutendo, infatti, soprattutto nelle realtà provinciali e regionali del Movimento Giovanile intorno a questa proposta, che è tuttora aperta a contri- buti, modifiche e integrazioni. Sarà compito di questa Assemblea organiz- zativa, facendo la sintesi di tutte le proposte di emendamenti giunte in queste settimane al Centro Nazionale, definire linea, ruolo e identità della nostra organizzazione. Ma se affermiamo davvero di volere un Movimento Giovanile meno «partito-in-piccolo» e più movimento, meno burocratico e più in presa diretta con la società allora ci sono richiesti gesti coraggiosi. Questi gesti coraggiosi significano impegnarsi a costruire una struttura che non vive più di rendita, appoggiandosi al partito come una sua appendice, ma che vive e cresce solo per gli sforzi in essa autonomamente profusi: significano abbandonare l'idea di avere le «spalle coperte» dal partito, prosperando all'ombra della sua struttura; e significano anche togliere i giovani da quella specie di tutela automatica esercitata su di essa non solo dal partito ma, in realtà, spesso dalle correnti. Significa, in una parola, uscire da.una logica di posizioni garantite ma ormai asfittiche, per farsi strada in un terreno meno esplorato ma più fecondo per un'animazione vera della politica tra i giovani. L'Assemblea organizzativa, così come la riforma dello Statuto, è una sfida, una scommessa sul futuro della nostra generazione. È un futuro che passa attraverso un modello organizzativo nuovo, appunto per ripartire dalla politica (come dice il tema della nostra assise) nelle istituzioni per il paese.
















































