Il diavolo e l'acqua santa
Su questo argomento si è scritto spesso a sproposito, a volte forzando vistosamente le affermazioni degli interlocutori di turno – è il caso dell'intervista a «Panorama» del 29/9 del Delegato Nazionale – inventando una conflittualità che non ha ragione di esistere. Infatti da quando questa dirigenza del M.G.D.C. è stata eletta – febbraio '84 – non vi sono stati episodi tali da giustificare le affermazioni di duri e insanabili scontri, inimicizia, e invidia tra i due Movimenti. Risultano invece molto lontani i tempi - Convegno Nazionale di C.L. perinsegnanti ed operatori della scuola, Rimini agosto '76 - in cui ai giovani
D.C. veniva impedito di parlare alle riunioni di C.L., o il periodo in cui il M'.G. bollava semplicisticamente i ciellini di integralismo e conservatorismo politico. Potrei aggiungere anzi che forse mai come oggi i rapporti tra i nostri due movimenti sono stati così buoni e soprattutto costruttivi. Per la prima volta C.L., o meglio i Cattolici Popolari che in Università rappresentano C.L., e M.G.D.C. hanno raggiunto quest'anno un accordo, rifiutato da altre organizzazioni universitarie cattoliche, per la presentazione insieme di liste alle ultime elezioni universitarie. Accordo raggiunto certo dopo molti sforzi ma vincente: per la prima volta le liste cattoliche hanno superato le Liste della sinistra e dei laici. Vainoltre ricordata la miriade di iniziative che in sede locale ha unito e unisce tuttora in comuni attività i due movimenti.
Perchè tanta attenzione
Questi i fatti. Cosa genera dunque l'attenzione al rapporto tra C.L. e noi? E dove nascono lediversità che indubbiamente ci contraddistinguono? La risposta alla prima domanda è duplice. Bisogna innanzitutto ricordare come la ripresa di interesse verso «le ragioni della politica» dimostrata dal cosidetto mondo cattolico italiano, abbia accentuato l'attenzione di molti, specialmente laici, sul tipo di rapporto che i cattolici italiani anni '80 intendono stabilire con il partito che storicamente sinora li ha rappresentati. D'altro lato è comprensibile che tale interesse sia ancora maggiore rispetto ai rapporti che intercorrono tra un Movimento con largo seguito tra i giovani - Comunione e Liberazione, che sul piano sociale ha dato vita ad un'associazione, Movimento Popolare, impegnatasi apertamente negli ultimi anni con propri candidati nella D.C. – e il Movimento Giovanile D.C. che per sua natura dovrebbe anche occuparsi di fare opera di proselitismo per la D.C. tra i giovani. Il fatto per entrambi di raccogliere seguito in una medesima fascia di popolazione e la contestuale ricca fase di attività – per noi si tratta di una ripresa dopo anni di latitanza sul piano nazionale – costituirebbe per alcuni osservatori interessati, elemento sufficiente per provare contrasti, invidie malcelate, concorrenza senza risparmio di colpi. La realtà è ben diversa. Probabilmente ha ragione Forrnigoni quando sostiene – lo ha ripetuto anche alla nostra Festa di Bergamo – «che essendo l'area cattolica l'area più viva del mondo giovanile, piace molto e a molti cercare in essa le divisioni».
C.L. e M.G.D.C. pur accomunati da un medesimo riferimento ideale, si distinguono perché operano su piani diversi, perché hanno una storia diversa, perché la loro presenza nel Paese é diversamente distribuita, perché la nostra azione nel temporale si esercita con uno strumento diverso e cioé il partito. Non possono perciò esserci conflittualità permanenti se i piani di azione e presenza sonodiversi. Lostessoconfronto, speriamo utile a rendere sempre più feconda l'intera realtà cattolica e non del nostro Paese, avutocon C.L. o M.P., o con i C.P. in Università, lo abbiamo avuto sui medesimi temi con la F.U.C.I., o in altri campi, come la Consulta Nazionale Giovanile per il Lavoro, con le A.CL.I., o per la riforma del Servizio Civile sostitutivo del Servizio Militare con la Charitas o Pax Christi, e cosi con altre organizzazioni giovanili cattoliche.
La nostra scelta per la politica
Non è quindi sulla rincorsa ad una ipotetica leadership del mondo giovanile cattolico che si possono ritrovare motivi di differenziazione tra noi e C.L.. È piuttosto, come in un dibattito ci siamo apertamente detti a Bergamo, sul modo di concepire il rapporto tra fede e politica, sul modo di vivere tale esperienza all'interno della D.C. che si possono trovare motivi che contraddistinguino noigiovani democristiani daigiovanidi C.L.-M.P. ma anche, e qui vi è occasione per parlarne, da qualsiasi altro appartenente ad altre realtà giovanili dell'area cattolica.
Noi siamo i giovani credenti che hanno scelto la militanza politica, e nella D.C., in uno dei momenti più critici e difficili per la politica e per la D.C. stessa, quando altre erano le mode culturali, quando si rischlava fisicamente a dichiararsi democristiani. Ma quella scelta non fu difficile solo per tali motivi. Per molti tra di noi, quasi la totalità, cresciuti all'interno del mondo cattolico italiano post-conciliare, quella scelta fu ancora piùsofferta. La politica, non solo la D.C., non avevano più cittadinanza in quel mondoe chi sceglieva quel tipo di impegno sapeva di rischlare quanto meno la diffidenza di colorocon i quali sino ad allora si condividevano altre esperienze. In quegli anni, a causa secondo una mia personale idea di una errata e riduttiva interpretazione dello stesso Concilio Vaticano II e della «scelta religiosa» operata dall'A.C. di V. Bachelet, larga parte della realtà cattolica italiana era incline spessoa formedi vero e proprio moralismo spicciolo verso l'impegno politico. Gran parte della base del laicato cattolico giovanile galleggiava in una sorta di spiritualismo disincarnato, intimistico, vissuto sull'onda delriflusso e dellademonizzazione della politica e del potere. Convinzioni queste a cui non poco contribuì l'esempio scandaloso di quanti, tra i politici, del mandato pubblico fecero ragione per coltivare i propri interessi. Dopo gli anni del collateralismo ferreo tra Chiesa italiana e partito, vivevamo su di noi il periodo del reciproco distacco e spesso della reciproca diffidenza. Anche in C.L., che pure non ha mai sottaciuto il proprio sostegno alla D.C., – rammenta G. Leo leader ciellino e oggi assessore a Torino (La Repubblica 21-9-'85) – si era sfottuti perché democristiani. Oggi questa situazione sta in parte modificandosi sulla scia dell'insegnamento inequivocabile del magistero e di alcune chiare iniziative prese dalle maggiori associazioni del laicatocattolico (ad esempio la rinascita delle Scuole Sòciali). E allora su questa nuova attenzione alla politica che si chiede ai credenti che noi sentiamodi poteresprimere una nostra originale posizione. Sarà perché la nostra scelta è nata nei modi e nel tempo prima ricordati, ma noi abbiamo risolto – per quanto può essere risolto un così difficile rapporto qual è l'impegno nel temporale e un riferimento grande come l'ispirazione cristiana, – molti dei problemi che nascono per un credente che voglia impegnarsi in politica.
Abbandonare le sterili polemiche
Noi crediamo che il compito storico e politico oggi dei credenti in Italia non sia tantoquello di rifondare il nuovo o il vecchio partito cattolico, né quello di fare i «cattolici» nei molti partiti sempre a disposizione, ma bensì quello di abbandonare le sterili polemiche intestine dando prova di una nuova capacità di misurare la propria fede con la storia complessiva. Per ricostruire una culturale politica. non una ideologia, ma la capacità di affrontare la complessità della vicenda terrena, di conoscere i meccanismi e le interdipendenze che governano la vita dell'umanità. Noi cerchiamo di riferire la nostra azione ai valori evangelici ma evitando di cadere da un lato nell'astrattismointimistico e per altro verso nell'integrismo che pretende di dedurre dalla fede un determinato modello di società. Ecco io credo stia in queste concezioni la specificità del nostro Movimento di giovani impegnati in politica: la capacità di ideare e proporre programmi ispirati e mediati da valori che pur radicati nella esperienza e nella tradizione cristiana si configurino quali valori umani universali e come tali suscettibili di un più largo consenso e nell'aver scelto, accettando personalmente le conseguenti responsabilità, quale strumento per realizzare ciò il partito della D.C.. È all'esperienza complessiva dei cattolici impegnati nella vita politica italiana che noi guardiamo quando agiamo nella politica. Cerchiamo di mantenere sempre chiara la consapevolezza mariteniana che il mondo si è diviso insacro e profano, come nitida manteniamo la distinzione imparata da Sturzo, da De Gasperi, che il nostro «..è nato come partito non cattolico, aconfessionale, che non prende la religione come elemento di differenziazione politica, un partito di cattolici e non un partito di tutti i cattolici,..perché il cattolicesimo è religione, è universalità; il partito è politica, è divisione». I molti tra di noi già impegnati nelle Amministrazioni Locali, sanno che l'amministratore non è chiamato a fare l'ideologo. L'ideologia – o meglio i valori in cui crede – gli servono forse per inquadrare e capire meglio i problemi, per avere la giusta ispirazione nell'agire. Ma il cittadino, è chiaro, aspetta beni e servizi per migliorare la qualità della propria vita. Noi cerchiamo di non sbandierare l'ispirazione cristiana, non riteniamo sia un vessillo da esporre ma piuttosto un patrimonio da cercare di offrire, sul quale testimoniare con il necessario rispetto e la dovuta discrezione, nella convinzione chesi è tutti insufficienti di fronte alla forza di un così alto richiamo.
Costruire un corretto rapporto tra partito e movimenti
Sequesti sonoalcuni riferimenti cardini a cui riferiamo la nostra azione e che proponiamo a quanti intendano impegnarsi da credenti in politica, rimane in queste brevi note da affrontare il problema di come costruire un corretto rapporto tra partito e movimenti ad esso esterni. Per non essere male interpretato chiarisco che il problema non riguarda solo C.L.-M.P. o quanti altri in forma organizzata e con propri candidati si pongono l'obiettivo di cambiare la D.C. dall'interno, ma anche quelli che sono più attenti a condizionare la D.C. dall'esterno, agendo nel campo sociale e creando consensi attorno alle proprie proposte nella società civile, come ad esempio le potenti associazioni di categoria.
Un partito come il nostro sbaglierebbe se si chiudesse per paura di essere conquistato a quanti, movimenti o singoli, intendano correttamente contribuire alla sua azione. Ma sbaglierebbero anche quei movimenti o singoli che pensassero di entrare nella D.C. per accreditare e rendere più forte questo o quel movimento. Su queste cose credo serva molta chiarezza altrimenti si rischia di disperdere per diffidenza reciprova le molteenergie chesi potrebbero impegnare percostruire il bene comune e i movimenti fattisi del tutto interni al partito perderebbero, nello specializzarsi, la loro funzione di stimolo. Ricordavo prima la lezione che noi abbiamo appreso soprattutto dal Concilio: il cristiano ha il dovere di affrontare l'avventura storica nella costruzione della città terrena, ma deve farlo con responsabilità autonoma e personale. Ebbene quando un credente sceglie l'azione politica, e sceglie di farla nella D.C., deve concretizzare la sua militanza impegnando e rischiando esclusivamente la propria responsabilità. Noi abbiamo sempre rischiato in prima persona. Crediamo sia giusto chiedere a quanti si avvicinano al partito, di fare altrettanto. Trovo sia poco corretto impegnarsi nella politica e nella D.C. io nome e per conto di questo o quel gruppo, categoria o movimento. Bisogna operare senza rete, e senza dare l'impressione che l'essere in quel momento candidato o eletto nelle liste della D.C. sia un fattoepisodico, transitorio, in attesa di poter affermare in ben altromodoi fini ultimi delgruppochesi rappresenta. Se questo disegno trovvasse spazio la D.C. si ridurrebbe ad essere sempre più una federazione di entità diverse guidata od orientata da movimenti ad essa esterni. Ecco un altro tema, da porre accanto a quello di come realizzare quel rinnovamento di cui da troppo tempo si parla ma che pocosi vedeal centroedin periferia, nel J?fOSsimo Congresso D.C..
E su queste cose che noi sentiamo di poter costruire un leale e corretto rapporto tra singoli e movimenti diversi. Quindi anche con C.L.. Ma tale rapporto và per noicercato e costruito nella chiarezza dei compiti e delle responsabilità che sono e devono rimanere diversi. Senza ritorni indietro che la Storia non può compiere. In questo senso ognuno può aiutare l'altro. Noi, ritornati grazie allo sforzo corale di molti ad essere autentico Movimento politico di giovani, abbiamo un grande bisogno di aiuto. Per rifondare la politica, per renderla credibile ai nostri coetanei, per sottrarla alle manovre, vecchie e verniciate di nuovo, di quanti la usano per coltivare i propri interessi. Per ridarle un ideale per cui valga la pena impegnarsi. Ma il rinnovamento della politica presuppone -il rinnovamento della società tutta. noi crediamo che a questo compito possano e debbano dedicarsi quanti si occupano con responsabilità diverse della formazione delle coscienze.
C'è un Paese che il movimento dei cattolici italiani può ancora servire. Ma serve maggiore unità. Per lavorare insieme sul futuro, non sul futuribile, perché ci sono pur delle cose che ci uniscono: la comune visione dell'uomo, della democrazia, della vita, del ruolo dellascuola e della famiglia, la scelta per la pace, il rifiuto della violenza...
Noi sentiamo la responsabilità di dover testimoniare nella politica queste cose in cui crediamo; ma sappiamo cheserve anche l'umiltà di chi sa che può sbagliare. Con la consapevolezza di essere uomini in mezzo ad altri uomini che sbagliano. Senza la pretesa di avere per sé la Verità.




















































