Per una nuova politica
Una formula sostanziale articolata nell'autonomia nel partito e non dal partito. L'autonomia nel partito ha consentito e consente di raccogliere, interpretare, rappresentare, i fermenti giovanili così come si sono espressi anche nei mutamenti conosciuti dalla società italiana che è passata da una struttura uniformemente agricola ad una più variata società industriale prima e post-industriale successivamente.
Il radicamento nel partito d'altro canto ha consentito di non dispendere la capacità di rappresentare in pretese fini a se stesse ma di incanalarla, attraverso lo strumento di partecipazione politica dei cattolici democratici, nelle istituzioni, là dove era ed è possibile incidere concretamente sulla condizione giovanile.
Quello democristiano, in sostanza, è stato un movimento che ha tenuto le gambe nella società e la testa nel partito, ed ha saputo ritrovare nelle diverse circostanze i necessari adattamenti per non finire da un lato nel generico universo giovanile e dall'altro come una distinta articolazione organizzativa del partito.
Non c'è motivo di allontanarsi da questa imposizione, c'è invece necessità di abbinare gli strumenti e rendere completamente operative la formula del nostro successo tra le giovani generazioni di italiani che dura oramai da quarant'anni.
Sembra indispensabile allora che il nostro movimento finisca di liberarsi dai condizionamenti delle correnti che, se pure molto affievolite, permangono nella nostra vita e rischiano ancora di pesare. Si tratta in definitiva di assecondare l'ambizioso progetto del segretario politico Ciriaco De Mita che si è proposto di liberare la vita della D.C. da appesantimenti, anacronistiche divisioni, artificiose distinzioni. Sarebbe veramente strano che non fosse per primo il M.G. a prendere parte a questo processo, anche quando è necessario scontrarsi con posizioni solo formalmente allineate con la posizione di De Mita ed in realtà tendenti a sostituire i vecchi baronaggi con nuova forma di padrinaggio.
In secondo luogo è grandemente inutile che i giovani democristiani allarghino, approfondiscano e consolidino la trama dei rapporti con i movimenti che esprimono in forma variata e complessa la nuova tendenza alla partecipazione del mondo cattolico ed in particolare di quello cattolico giovanile. Tutto ciò non per costruirsi un gruppo antipartito ma per partecipare alla vita di partito con una più compiuta capacità di rappresentanza. Come non si tratta infatti di difendere movimenti il cui fine resta distinto da quello della politica, così non sono accettabili aggregati di forze giovanili che pretendono la rappresentanza nel partito senza collegare la complessità degli apporti e delle tensioni che si incanalano verso la D.C.
Pensiamo allora ad un M.G. che dia meno importanza agli aspetti formali del tesseramento e valorizzi a tutti i livelli gli apporti effettivi in termini di. partecipazione e dedizione.
Pensiamo ad un M.G. che non enfatizzi i legami con la sezione, là dove soprattutto la sezione è devitalizzata, vuoi per condizioni oggettive, vuoi per degenerazione organizzativa: le scuole, le Università, le Associazioni di diverso tipo, i gruppi di volontariato.
Nel futuro dei giovani democristiani non c'è certo il movimentismo superato nella società civile, ma la capacità di rappresentare nel partito della D.C., il legame con il quale resta quello della realtà, un universo giovanile percorso da rinnovate spinte positive, sinceramente interessato ad una partecipazione nella D.C., desideroso di concretizzare quel nuovo modo di far politica che da un pezzo non è più uno slogan ma una scelta piena di contenuti operativi.















































