La nostra storia
È stata dura, ma ce l'abbiamo fatta! Tra alti e bassi, entusiasmi e delusioni il Movimento giovanile della Dc ha fatto trascorrere questi anni sicuramente senza deludere.
Quando cominciai a capire su quale bicicletta stavo pedalando, devo ammettere che una dose di panico si impadronì di me. Erano ancora i tempi in cui bisognava impegnarsi per la libertà dei popoli; erano i tempi in cui per costruire il futuro della democrazia in Cile sacrificammo tutti qualcosa del nostro. In quella fase, insomma, noi c'eravamo.
Poi venne un anno in cui tutti cambiò. Era il 1989 ed io per primo facevo fatica a stare dietro all'accelerazione prodigiosa della Storia. Cadevano i muri e noi li varcammo con dieci pulman e ottocento ragazzi. Il mondo comunista delle libertà negate moriva al soffio di un'idea. A piazza San Venceslao cantando per ricordare Jan Palach non fui l'unico a commuovermi. Noi c'eravamo.
Il Movimento giovanile della Dc intanto si era reso autonomo. Lo statuto di Lanciano con molta fatica è stato ratificato dal Consiglio nazionale del partito dei "grandi". Per noi si è trattato di un passaggio importante della nostra piccola storia. Ma torniamo a quella con la "S" maiuscola.
Nel 1990 tifavo Italia ai Mondiali ma non bastò il mio entusiasmo. L'anno seguente bastò quello di mille giovani democristiani per far capire al Paese che ovunque si può cambiare. Tenemmo la nostra festa nazionale nel cuore della Sicilia tormentata. Parlammo di mafia.
Parlai di mafia e politica. Tra morti ammazzati, vittime comunque innocenti, credemmo opportuno portare parole di speranza. Noi c'eravamo.
E' arrivato quest'ultimo anno, triste per molti aspetti esaltante per altri. La crisi diffusa, la sfiducia verso i partiti hanno avvilito. Mi hanno fatto pensare al senso che può avere per un giovane l'impegno costante sotto le insegne di un partito. Ho creduto di capire che un senso c'è ancora.
Sì, c'è ancora molto da fare, se ne sono accorti tutti. Abbiamo aiutato chi ha cercato in buona fede di rinnovare l'Italia con lo strumento dei referendum elettorali. Mi rendo conto che non può bastare solo questo, che bisogna andare oltre, che bisogna volare più alto.
Perché? Per riconsegnare ad una generazione più giovane il gusto di fare politica; per colorare ciò che di grigio c'è in questa Italia stanca; per offrire a tutti quelli che hanno voglia di donarsi un motivo per farlo; per riprenderci un partito che in qualche momento ha smesso di essere il nostro. Ovunque si possa lottare per questo tipo di obiettivi, noi ci saremo.
Ci siamo stati in questi anni. Non sarei arrivato neanche a scrivere queste righe di commiato senza l'aiutodi persone generose che sono state miei quotidiani collaboratori nelle piccole stanze di piazza Sturzo. Qualche nome? Agostino, Onorio, Rosetta, Giovanni, Dora, Cristina.
L'elenco si allungherebbe all'infinito se dovessi aggiungere tutti coloro che mi sono stati vicini in questi anni. Mi limito allora ad un grazie collettivo; sapendo fin d'ora che ovunque mi porterà la strada della vita dimenticare questa esperienza sarà impresa impossibile.
















































