C'è ancora una domanda di politica?
Qual è, oggi, la domanda di politica delle giovani generazioni? Certamente ci troviamo in condizioni estremamente diverse da quelle degli anni '70, caratterizzati dall'emotività e dalla passionalità delle contrapposizioni, dai timori tragici dei cosiddetti «anni di piombo». Quegli anni, per chi li ha vissuti nelle scuole e nelle Università, nella politica attiva, vengono ora ricordati, con realismo, come anni difficili in cui riusciva difficoltoso distinguere, per la generosità dell'animo giovanile, per la continua ricerca di un dialogo, per la confusione che regnava con chi stare e con chi dialogare, laddove i limiti tra comportamenti violenti e proteste legittime apparivano sfumati dall'incertezza stessa della società nel suo complesso. Oggi la dimensione dell'attività politica giovanile appare senza dubbio diversa, per quel che è, e per come dovrebbe essere. La crisi economica e il riflusso hanno aperto rispettivamente la porta a due fenomeni tipici di una società pragmatista: da un lato la coscienza della fine del Welfare state, la consapevolezza che i problemi della disoccupazione e del malessere sociale non si sarebbero risolti da soli, ha scatenato una nuova corsa all'antagonismo sociale. Dall'altro il riflusso ha aperto la porta su universi nuovi e vecchi dei bisogni privati e della vita privata: di qui nuovi consumismi, nuove solitudini ed egoismi, che rieccheggiano vecchi fenomeni della società borghese pre-sessantottesca in cui nacque la contestazione. Gli universi solitari della droga e della scalata sociale appaio sempre più come modelli imposti dal ritmo della società moderna. Appare indemandabile, perciò, avviare su questi scarni riferimenti, un'analisi almeno iniziale e limitata su quale debba essere il ruolo di una organizzaizone politica giovanile di fronte alla domanda che nasce ed anche alla coscienza che non nasce tra i giovani. Gli elementi di partenza sono due: da un lato la frantumazione dei ruoli che l'uno-due composto da democrazia partecipativa e crisi delle istituzioni politiche negli anni '70 e crisi econmica e nuova rivoluzione industriale negli anni '80 hanno creato nella compagine sociale (l'operaio non è più operaio, il laureato non è più classe dirigente, la borghesia e il proletariato non sono più elementi distinguibili per comportamenti e rappresentatività politica).
Se la dinamica evolutiva della società demoliva i privilegi di posizione, la frantumazione ha creato in ognuno, cosciente della crisi, la coscienza della necessità di affermare la personalità attraverso le capacità individuali o diversamente la sicurezza in attività e impieghi «garantiti» che però lo appaiono sempre meno. Questa «specificità» del quotidiano, ha prodotto a livello politico una affannosa fuga, un abandono dei problemi maggiori della realtà che ci sta attorno: sono andati deserti i convegni e gli appuntamenti generali, sopravanzati dal crescere del particolare, molto spesso corporativo interesse dei gruppi organizzati.
Per converso dalla specificità si traggono però poche certezze, se non quella drammatica della relatività e soggettività cui costringe l'appartenere e il lottare per l'interesse del gruppo. Elementi divisori i primi, unificatori gli altri, trovano a rappresentazione e giustificazione due grandi realtà della storia contemporanea: la crisi dei grandi partiti di massa e delle ideologie da un lato, e la forza dei gruppi motivanti dall'altro, come la grande forza espressa da Comunione e Liberazione.
Tuttavia questi elementi di analisi sono già di per se insufficienti a costituire un nucleo di valutazione qualificanti per costruire ipotesi di lavoro: proveremo comunque a farlo, cercando di evitare l'elencazione sterile che molte volte viene fatta, quasi a riprova di una conoscenza che invece il più delle volte è solo superficiale, dei problemi da risolvere e dei nodi da sciolgiere.
Per una organizzazione politica giovanile come il MGDC si pone il problema innanzitutto della struttura e dei contenuti: non è possibile infatti fare politica in senso vero se non si costruiscono i contenuti concreti e le proposte sui problemi, avendo riguardo con ciò alla profondità e concretezza che tali contenuti richiedono. La realtà sociale, economica, politica é dominata dallo specifico e in tale specifico occorre penentrare per cambiarlo e modellarlo: per fare ciò occorre preparazione e non velleitarismo, direi quasi professionalità. Se il MG desidera riprodurre gli schemi del partito di massa per l'acquisizione e il mantenimento del consenso, e la diffusione di una più vasta coscienza politica tra vaste fascie di giovani deve per fare ciò creare un compromesso: dividere le sue strutture, una parte movimentista e spontanea, un'altra istituzionale e strutturata. Per fare ciò occorre senza dubbio una struttura che sia cinghia di trasmissione dei contenuti proposti e mezzo di raccolta delle sintesi provenienti dalla perfiferia.
Chi ci impone questi modelli così lontani dal Movimento o dal partito che noi conosciamo, fondato sul volontariato di molti e sul consenso talvolta sporadico all'attività sociale? Credo che sia la realtà sociale e culturale che lo impone, quasi come un linguaggio impostaci per avvicinarci a fascie di consenso da molto tempo definitivamente allontanate dal nostro MG e dalla Democrazia Cristiana.
A parte le considerazioni sulla struttura del MG, che pure da un lato appaiono discrimanti e dall'altro aprono la strada a imprevedibili conseguenze non prive di rischi, come la professionalità dell'attività politica nelle strutture di vertice, mi pare opportuno concentrare l'attuazione nuovamente ai temi iniziali. Le nuove solitudini ed i nuovi egoismi: è importante comprendere che i linguaggi richiesti sono opposti: per rispondere ai bisogni dei drogati e degli emarginati, per cercare risposte di tipo politico a queste storture della società occorre riacquisire valori del cristianesimo e della solidarietà cristiana. Così pure per l'antagonismo sociale è fuor di dubbio che solo dall'accettazione coerente ed incondizionata di stili di vita più legati al rigore morale e al rifiuto di modelli imitativi e consumistici è possibile recuperare un punto di visione oggettivo al centro. Perciò occorre coniugare solidarietà e rigore morale in modo coerente, fino ai comportamenti personali. fino e oltre il particolare individuale. con uno spirito di servizio senza condizioni, se di certezze, in un mondo dominato dal paradigma relativistico, è impossibile dialogare con i non cattolici, occorre fare in modo, come dice il P. Sorge, da professare le certezze che sorgono dal nostro animo e dalla fede, con la vita quotidiana. La rigorosità morale è un esempio che nasce dalle persone, non dai partiti e neanche alla realtà pluralistica statale e sociale, che in ciò non ha retaggio storico né dignità morale. Rispetto al problema della frantumazione e della corporativizzazione dei conflitti politici occorre ricordare che il ruolo di un partito come la DC è e rimane quello di sintesi delle proposte e delle esigenze della base che, raccolte attraverso il canale istituzionale del partito trovano sbocco nella costruzione del cosiddetto progetto cattolicodemocratico. Questo è ciò che il partito non è stato negli ultimi anni, e che ha fallito dopo gli anni del rinnovamento di Zaccagnini. Il MG ha vissuto di riflesso questa crisi del ruolo istituzionale del partito.
Per il MG e per il partito si tratta ora di recuparare il ruolo di sintesi e mediazione politica ad un livello più elevato, guardando ai problemi, dalla realtà nazionale fino a quella più perferica, con una prospettiva teleologica, proiettata a cogliere i grandi temi di cambiamento della struttura sociale ed economica. Così, ad esempio, sarà possibile eludere e superare le richieste corporative focalizzando l'attenzione sulla necessità di compiere scelte concrete tra il bene e un male: ciò che oggi appare essere sempre più una difficoltà insormontabile per i nostri politici.
Pretendere di risolvere problemi di tale vastità prescindendo da una elencazione ed analisi appare comunque un compito molto arduo: vale pensare che questo intervento possa essere in grado di suscitare un dibattito in grado di scendere anche più sul concreto, nella speranza che si inizi veramente a costruire un'esperienza di analisi comune.














































