Un'altra riforma da riformare?
Il Movimento giovanile DC è impegnato in questi mesi in una iniziativa in favore di un autentico riconoscimento dell"obiezione di coscienza al servizio militare di leva.
Tale impegno, che si colloca all'interno di una ricca tradizione culturale dei cattolici democratici italiani, prende le mosse dalla constatazione della carenza di volontà poliùca da parte del Parlamento in materia di riforma dell'attuale
normativa a riguardo, e troverà una tappa particolarmente significativa del suo cammino nella realizzazione, in programma per il prossimo mese di dicembre, di un seminario di studio con la partecipazione, già nella fase organizzativa, dei nostri Gruppi Parlamentari.
Accanto a questa iniziativa, occorrerà però svilupparne una parimenti incisiva e coraggiosa, per la riforma del ser-vizio militare di leva.
Non possiamo infatti incorrere nell'errore, che pure ha caratterizzato l'atteggiamento di parte del movimento non violento e dello stesso c.d. mondo cattolico, di caricare di eccessivo significato ideologico-politico l'obiezione di cosicenza.
Così facendo, infatti, si giungerebbe a dividere i cittadini in due categorie: quelli che ispirano la propria condotta alla giustizia, e sarebbero gli obiettori, e quelli che vogliono perpetuare le ingiustizie: i giovani che svolgono il servizio militare di leva.
Insomma, il gesto degli obiettori non può essere visto come condanna di tutti gli altri giovani che, senza per questo essere violenti o fautori di violenza, accettano il servizio militare.
Il non aver compreso appieno questo, da parte di alcuni movimenti cattolici, è forse il residuo di una concezione tendenzialmente integralistica, mirante ad affermare uno Stato nello Stato, quasi uno Stato contrapposto allo Stato, di agostiniana memoria.
Ma la storia della Democrazia Cristiana è la storia dell'affrancamento dei cattolici democratici da tali impostazioni: è la storia dell'impegno laico ma cristianamente ispirato. (Un motivo di più per abbandonare certi complessi di inferiorità che pure sembrano emergere tanto spesso nel nostro Partito!).
In merito alla riforma del servizio militare, molte proposte sono state avanzate in questi anni da tutti i partiti politici, da movimenti, da associazioni le più disparate.
In particolare la recente approvazione della Commissione difesa della Camera, della proposta di legge presentata dagli onorevoli Perrone, Caccia e Stagagnini, recante «Nuove norme sul servizio militare di leva», sollecita alcune riflessioni e necessita di un giudizio chiaro e non reticente.
Occorre, in proposito, prendere le mosse dalla stessa relazione di presentazione della proposta in discorso, la quale esordisce ricordando come «il problema del servizio militare abbia registrato, negli ultimi anni, notevoli mutamenti, dovuti al procedere della coscienza sociale».
L'osservazione è giusta. In essa è racchiuso il disagio, più che altro d'ordine spirituale, in cui vengono a trovarsi i giovani di leva durante il periodo del loro servizio militare.
Origine ultima di tale disagio la mancanza di motivazione, la scarsa o nulla comprensione delle ragioni della sottoposizione ad un obbligo che si sente sempre più estraneo rispetto alla quotidianità della propria vita.
Non si tratta, come è evidente, di insofferenza generalizzata di fronte all'ordine costituito, ma del desiderio, più o meno consapevole, di utilizzare appieno le proprie risorse, le proprie capacità, di realizzare in qualche modo la propria personalità anche durante il servizio di leva.
In mancanza di risposte a questa esigenza, il giovane vive i dodici (o diciotto) mesi di servizio militare come una parentesi da chiudere il più presto possibile, come una perenne attesa della «prossima licenza».
La proposta di legge, dunque, coglie questa problematica realtà, ma la soluzione che per essa propone è francamente deludente.
Lo spirito della riforma è infatti quello di apportare modifiche all'attuale sistema, senza intaccare le strutture fondamentali.
Si tratta, in sostanza, di una serie di accorgimenti, tendenti a rendere «più sopportabili>> i mesi da prestare a servizio dello Stato, che mantengono il loro carattere di parentesi sgradita e scarsamente motivata.
Nulla di preoccupante se si trattasse di una delle svariate proposte di perfezionamento di questa o quella disposizione della normativa vigente, ma l'iniziativa in esame ha la pretesa di rappresentare una riforma complessiva del servizio di leva e i vasti consensi da essa suscitati in Commissione, fanno temere che, con questo provvedimento, la classe politica possa ritenere di aver adempiuto, per chissà quanti anni ancora, ai propri doveri nei confronti di un problema tanto grave ed urgente. Ma ciò che più di ogni altra cosa sconcerta e preoccupa, è la mancanza di coordinamento che si deve constatare, nell'attività dei nostri Gruppi Parlamentari.
Nella Relazione alla proposta di legge recante «nuove norme per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza nei confronti del servizio militare», presentato da Brocca, Casati ed altri, si legge infatti: «è necessario una coraggiosa trasformazione del servizio militare di leva, che tenga conto dei cambiamenti storici, passando da una prospettiva esclusivamente «militare» di addestramento alla difesa armata della patria da un eventuale aggressione esterna, ad una prospettiva più ricca, di solidarismo sociale, di addestramento alla difesa non violenta e alla difesa da tutte le cause di violenza, di emarginazione, carenze e disagi sociali, cui tutti i giovani (e non solo gli obiettori cli coscienza) devono essere chiamati a risolvere».
Di tale nuova prospettiva, che potrebbe positivamente rispondere ai problemi di motivazione a cui sopra accennavo ed a favore della quale i giovani dc si sono fermamente pronunciati, non c'è traccia nella proposta di legge di riforma del servizio di leva, che si presenta, piuttosto, informata da uno spirito di rassegnazione, tendente alla conservazione dell'esistente, ispirato più alla falsa saggezza popolare del «chi lascia la strada vecchia per la nuova...», che alla carica riformatrice propria della nostra tradizione politica.
Anche come semplice perfezionamento del meccanismo esistente, d'altronde, la proposta in oggetto presenta gravi carenze che non possono essere sottaciute.
Prima fra tutte la mancata previsione della possibilità di svolgere il servizio militare in sedi vicine ai luoghi di provenienza, per chi, pur trovandosi nella posizione giuridica richiesta per l'esonero del servizio militare, abbia particolari, valide e comprovate esigenze, che rendano necessaria tale agevolazione.
Il giudizio, quindi, è quello di una proposta conservatrice, assolutamente inadeguata, che nasce già vecchia, e che il Parlamento deve assolutamente modificare prima della sua approvazione. Altrimenti, avremo una riforma da riformare in più e un po' di fiducia nella capacità dei «politici» di rispondere alle aspettative della gente in meno.
































