Non è mai troppo tardi
Oggi la scuola superiore non fa più problemi. Questo è il primo elemento significativo che emerge da un'analisi non superficiale, della realtà della media superiore. I mitici tempi delle «occupazioni» e delr«autogestione» contro la riforma sono ormai un ricorso nostalgico. Eppure nessun altro settore dell'istruzione in Italia è stato così trascurato: si è intervenuti nel settore della partecipazione scolastica mini revisioni si sono operate per le medie inferiori come per le elementari mentre l'Università ha pure avuto la sua riforma che ora attende una seria attuazione. Le medie-superiori hanno vissuto ventate mitiche (‘68 e ‘77 per intenderci) hanno visto all'orizzonte possibili vie d'uscita attraverso progetti di riforma mai trasformati in Legge, sono spesso state chiamate ad esprimere pareri sul loro futuro (attraverso varie commissioni) ma al momento della traduzione legislativa di istanze espresse spesso con notevoli forme di pressione la fine anticipata delle legislature (1979 - 1982) ha fatto cadere progetti ed indagini. Ed oggi la stessa società civile sensibile, un tempo alle esigenze della media superiore, sembra come narcotizzata quasi che una maxiriforma od una miniriforma non richiedono preparazione culturale adeguata, riflessione seria, partecipazione consapevole. In fondo il primo limite di una eventuale riforma o revisione della media superiore sta qui: che essa non sia stata adeguatamente recepita dai suoi fruitori primari (insegnanti e studenti).
Ricreare attenzione su questo tema è compito essenziale per il MGDC dopo la sua rifondazione di Maiori visto che la linea di rimotivazione della sua presenza si gioca sulla capacità di stimolare i giovani all'incontro con una politica che sappia «preoccuparsi dei loro problemi» aiutandoli assieme a comprendere i problemi di tutta la «città dell'uomo».
Molti gruppi non partitici dell'area cattolica-democratica da tempo avevano teorizzato che il vero problema era preparare una riforma che nascesse da stimoli dei suoi fautori primari e secondari (burocrazia, industria, università corpo docente e studente) più che da operazioni di ingegneria scolastica spesso prive di senso. Ma oggi è inutile piangere sul latte versato anche se! non dimentichiamolo, l'assenza di una riflessione di base sul senso stesso della riforma non mancherà di limitarle.
Cenni sulla storia recente della riforma
- 1971 si crea la Commissione Biasini
- 1978 si elabora un primo testo concordato fra tutti i partiti decaduto per le elezioni anticipate del 1979
- 27 luglio 1982 la Camera approva il disegno di Legge n. 1998 ma le elezioni anticipate del 1983 non permettono al Parlamento di chiudere i lavori in tempo utile. Sulla base però di quel progetto si è ripreso l'iter interrotto e, secondo voci forse un po' troppo ottimistiche, entro l'anno si dovrebbe essere a buon punto.
Lo schema storico sopra tracciato certo non evidenzia la complessità dei problemi economici, sociali, politici, ideologici che la riforma presenta; nel dibattito sulla revisione della media superiore, si individuano attenzioni diverse e concezioni talvolta conflittuali dello stesso ruolo della scuola statale oggi in Italia. Del resto, ad esempio, il disegno di una scuola che segua acriticamente il processo economico in atto per formare quadri tecnici professionalmente competenti non è neppur troppo nascosta specie tra i piccoli e medi industriali e tra le associazioni professionali. In sostanza rivedere criticamente l'iter della riforma della media superiore significa anche comprendere la compie sità e la frammentazione del nostro paese· trovare una sintesi poi che sia capace di trasformare la scuola e di renderla adeguata alle future domande della società è opera ardua. Questo spiega, credo, la difficoltà di un iter e i vari siluri che da più parti sono stati lanciati nei momenti decisivi.
La situazione attuale
Dai primi tentativi di riforma ad oggi, sono maturate alcune esigenze irrinunciabili nella società italiana e tra gli operatori scolastici.
Una prima esigenza è quella di realizzare una scuola flessibile cioè capace già «in nuce» di mutare col mutare della società. In sostanza si tratta di inserire già dentro di essa la possibilità del cambiamento. Non si può pensare né ad una riforma di ingegneria scolastica né ad una rivoluzione copernicana ma bensì ad un'ipotesi di secondaria costantemente da verificare ed arricchire. Una seconda esigenza è quella di sanare una conflittualità, (già smorzata per altro dall'evoluzione socioculturale) fra due pretese culture: l'umanistica e la scientifica. Mi pare che il riferimento personalistico e l'educazione globale della persona, patrimonio tipico dell'area cattolico-democratica, abbiano portato un contributo significativo all'emersione di tale esigenza.
Una terza esigenza è stata espressa dalle realtà produttive del nostro paese: il progresso tecnologico in atto rivoluzionerà fortemente l'occupazione e il lavoro dell'uomo. Si richiedono conoscenze specialistiche ma si richiede parimente flessibilità della preparazione del futuro tecnico data la mutabilità del mercato economico specie nei settori d'avanguardia.
Una quarta esigenza forse meno apertamente teorizzata anche per mancanza di canali di dialogo fra secondaria e Università, è quello di una seria, motivata, approfondita e critica preparazione di base, esigenza espressa in modo tacito dai docenti universitari spesso per altro poco rispettosi del patrimonio di conoscenza acquisita fino all'entrata dei giovani in Ateneo.
Mentre il Parlamento e i partiti si attardavano in lunghe indagini e difficili sintesi, le esigenze sopra espresse trovavano parziale risposta in mini o maxi-sperimentazioni e nella frammentazione, più o meno giustificata, degli indirizzi. A sperimentazioni metodologicamente motivate e serie, si sono affiancate sperimentazioni spesso selvagge e talvolta troppo spesso giocate sulla pelle degli studenti.
Da parte loro gli studenti specie negli anni '60 e fino al 1977 hanno spesso riflettuto sul loro ruolo sociale e sui limiti dell'esperienza scolastica inadeguata a comprendere la società odierna e ad offrire un patrimonio di conoscenze tecniche spendibili nel mondo del lavoro. Da queste consapevolezze diffuse sono derivate però risposte, a mio avviso poco convincenti come l'autogestione o il sei politico.
La situazione attuale è poco confortante soprattutto nel senso che se è calata la conflittualità scolastica dura ed ideologica è pure calata la riflessione culturale, ed il lavoro di mera routine ha preso un po' tutti: paradossalmente siamo passati da una critica feroce e spesso banale ai libri di testo «strumento del potere» ad un'accettazione quasi fideistica dei testi tanto che non è difficile trovare studenti per quali conta solo «ciò che è scritto sul libro». D'altro canto. ad un'esigenza ambigua di «più studio». il corpo docente non appare del tutto preparato a rispondere né in termini culturali né in termini di metodologie di apprendimento.
L'analisi spietata non è indice di uno sconforto pessimistico ma di una serie di situazioni da modificare con pazienza avendo chiari obiettivi e strumenti.
Come tenta di rispondere la riforma
È impossibile condurre un'analisi approfondita (articolo per articolo) di un progetto di riforma. Mi limiterò a tratteggiarne le linee essenziali alla luce delle esigenze poco sopra e,;denziate; le novità essenziali mi paiono le seguenti:
1) Il tentativo di superamento del dualismo fra cultura umanistica e tecnico-professionale attraverso il biennio comune, dove le materie saranno uguali per ogni scuola ed occuperanno i 3/4 dell'orario scolastico: all'area comune, sempre nel biennio si aggiungeranno non più di due materie dell'indirizzo prescelto. Il triennio, invece, vedrà crescere le materie, d'indirizzo, al fine di raggiungere un livello di conoscenza sufficiente per l'inserimento nel mondo del lavoro ovvero per il proseguimento degli studi a livello universitario. Complessivamente il corso di studi, nella nuova secondaria superiore si articolerà in: discipline dell'area comune, discipline di indirizzo, pratica di laboratorio, discipline ed attività elettive.
È evidente che, mentre le discipline dell'area comune tendono a creare una formazione di base, quelle di indirizzo tendono a penalizzare lo studente in un settore.
2) L'elevazione dell'obbligo scolastico a dieci anni, obiettivo molto discusso ma che resta positivo specie se collegato al ciclo breve di cui dopo parlerò, e specie se i due anni che si aggiungono all'obbligo non si trasformeranno in un'inutile perdita di tempo.
3) La coerenza fra l'indirizzo scelto e gli studi universitari: poiché l'indirizzo scelto è modificabile, nel biennio, attraverso la frequenza di corsi integrativi e nel triennio, attraverso il superamento di prove integrative, la coerenza sopra detta mi pare giustificabile anche per non smarrire in Ateneo le conoscenze. sia pur parziali, acquisite alle medie superiori. Occorre per altro sottolineare che per evitare in Università una mortalità eccessiva, soprattutto nei primi anni, si deve esigere un rapporto di intensa collaborazione fra Università e medie Superiori e fra Ateneo e distretto, cui potrebbe essere affidato il compito di orientare gli studenti nella difficile scelta universitaria.
4) L'introduzione del «ciclo breve»: si tratta di un livello intermedio di istruzione superiore che si vorrebbe introdurre in via sperimentale, finalizzato all'acquisizione di una maturazione culturale e professionale sufficienti o comunque ritenute indispensabili, per conseguire, in tempi brevi, le qualifiche previste dalla legge n. 845 del 1978. In sostanza uno studente, frequentando il ciclo breve di due anni, potrebbe, acquisendo una qualifica, già inserirsi nel mondo del lavoro comunque, una preparazione di base migliore dell'attuale.
5) L'introduzione infine di attività elettive che potranno essere richieste ancge da studenti in collaborazione con gruppi di docenti.
6) Vi è da sottolineare poi l'ampia delega che il testo di riforma affida al Governo che dovrà decidere, sentiti vari pareri: sui programmi, sulle ore da destinare a ciascuna materia, sulla disciplina dell'esame di maturità e sugli accessi in Università. Si potrebbe concludere questa parte di analisi sottolineando, ancora una volta, la necessità che il confronto culturale sulla riforma e l'impegno di parlamentari, docenti, studenti, non si fermi alla data di approvazione di questo sospirato testo legislativo. Attivarsi come MGDC sui temi decisivi affidati alla delega governativa è una responsabilità di tutti noi: non vorrei infatti che ad una legge quadro, in sé portatrice di elementi positivi, si affiancasse una gestione della medesima basata su vecchi contenuti.
Una valutazione complessiva
Su alcuni punti il lavoro del Parlamento appare poco felice: vi sono perplessità soprattutto sotto il profilo della attuazione completa delle linee di fondo della riforma. Con la Commissione Nazionale Scuola e Università del giovanile, cercheremo di offrire una sintesi delle nostre riflessioni al riguardo: mi pare importante, per il momento, esprimere una valutazione complessiva positiva.
– La separazione fra cultura umanistica e tecnico-scientifica appare il primo problema cui la riforma tenta di rispondere; è vero che gli indirizzi cercano di specializzare lo studente ma i primi due anni di area comune permetteranno di formare in modo più completo la personalità di tutti gli studente accresceranno le loro capacità critiche.
Forse le esigenze del mercato produttivo ed in particolare delle piccole e medie industrie, escono un po' deluse: ci si potrebbe infatti chiedere se i modelli di professionalità che la nuova scuola potrà fornire, siano compatibili con le domande del mondo produttivo; la risposta non può che essere articolata: ma preliminarmente ci si deve chiedere se la scuola deve recepire acriticamente le istanze del mondo produttivo; mi pare che il rapporto tra scuola ed industria deve restare invece dialettico cioè aperto a reciproche attenzioni.
– La scuola inoltre accanto alla acquisizione di nozioni, che sono indispensabili, deve aiutare i giovani a formarsi una coscienza critica per essere nel futuro lavoro e nella società consapevoli cittadini. In sintesi quindi si può dire che la nuova scuola fornirà una serie di conoscenze tecniche, utili al mercato del lavoro, pur non rispondendo mai a tutte le attese che quel mondo, spesso in modo contraddittorio, esprime.
Vi è ancora da sottolineare, come la revisione settennale dei programmi, permetta di adeguare continuamente la scuola alla società civile, finalmente rifiutando l'idea di una riforma globale e non verificabile.
Una serie di preoccupazioni
La futura riforma dell'istruzione superiore genera inevitabilmente una serie di preoccupazioni e di incognite:
- un primo rischio, già evidenziato, è che una riforma che oggettivamente è innovativa per la nuova struttura che delinea, non lo sia poi a livello di base, cioè trovi impreparati il corpo docente, le strutture pubbliche e gli stessi studenti.
- un secondo rischio è che ci si attenda dalla riforma una risoluzione globale dei problemi dell'istruzione superiore in termini brevi o addirittura brevissimi; ciò non potrà avvenire per vari motivi ed in particolare: per i tempi di attuazione della riforma che sono luoghi, per l'adeguamento delle strutture scolastiche ma, soprattutto, perché dopo vari anni di concezione scolastica ancorata al modello gentiliano è impensabile ritenere che siano possibili cambiamenti in tempi brevi.
- un terzo rischio è che si creda in mere operazioni di ingegneria scolastica più che nella revisione di programmi, di metodi, nell'aggiornamento dei docenti, nell'adeguamento di libri di testo: occorre allora un vero supplemento di riflessione culturale e di serio impegno di tutto il mondo scolastico.
- Ma il vero rischio è che la riforma non si faccia per niente che si possa credere che, in fin dei conti, la crisi delle medie superiori è cronica e non più reversibile: il rischio è che si diffonda nel mondo scolastico un senso di frustrazione e di incertezza che deriva, essenzialmente, dall'incapacità di tradurre in Legge esigenze ormai maturate e non più eludibili.
Conclusioni
Sul senso di sfiducia diffuso tra gli operatori della media superiore debbono riflettere, in particolar modo, i partiti ed i nostri parlamentari.
Al MGDC spetta di stimolare il partito su questo tema come su molti altri altrettanto urgenti; sta alle realtà di base tornare tra i giovani con meno slogan, con maggiori riflessioni e proposte e soprattutto con più fantasia.
Carta dei diritti dello studente
Il Movimento Studenti di Azione Cattolica, che da tempo è presente nella scuola secondaria con finalità educative, curando di far interagire diritti e doveri, perchè la scuola sia più se stessa, ba curato la stesura della seguente carta dei diritti dello studente.
Essa non contiene pronunciamenti puramente teorici, ma nasce «dal basso», dalle attuali esigenze concrete e dal malessere diffuso degli studenti. È finalizzata al cambiamento e alla costruzione di una scuola che riconosca i ruoli delle varie componenti.
E da mediare nelle varie situazioni locali, stimolo al confronto, alla verifica e all'arricchimento perchè su tali temi si crei un movimento di opinione.
- Lo studente è persona da rispettare nella sua globalità ed unicità. Gli studenti e i docenti sono pari in dignità.
- L'educazione richiede ambienti sufficienti e sani e attrezzature didattiche per tutti i momenti della vita scolastica.
- Lo studente ha diritto a scegliere la scuola e non subirla.
- Lo studente ha diritto a partecipare alla definizione degli obiettivi educativi e alla gestione della scuola. Ha diritto inoltre a partecipare alla valutazione dei risultati del proprio processo educativo.
- Lo studente ha diritto ad un processo educativo che lo radichi nel proprio territorio, tenga conto del contesto sociale, renda la scuola un fattore di cambiamento della realtà circostante.
- Il processo educativo deve essere formulato a partire dalle lacune di base con un metodo centrato sull'apprendimento più che sull'insegnamento, che sviluppi il senso critico e la capacità creativa.
- Lo studente ha diritto ad una maturazione civile e politica ispirata ai valori costituzionali, per la quale la scuola ha un ruolo essenziale.
- Lo studente ha diritto ad una educazione che tenga conto dell'importanza della dimensione religiosa nella vita delle persone e riconosca la rilevanza del fatto religioso nella storia e nella cultura del nostro popolo.
- La scuola non deve essere esperienza totalizzante: lo studente ha diritto al rispetto di altri interessi e impegni extrascolastici.
- La scuola deve accogliere pienamente tra i suoi obiettivi la socializzazione tra gli studenti.




































