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Nuova Politica - ... e giustizia per tutti

Lo stato di crisi della giustizia italiana è ormai evidente. I segnali di scompensi e inadeguatezze sono sempre più numerosi.

Il nuovo codice di procedura penale, in vigore dall'ottobre 1989, è nato per snellire i procedimenti giudiziari. Le difficoltà di applicazione del codice hanno riportato a galla molti problemi, dai buchi negli organici alle strutture carenti. Le polemiche si sprecano. Non passa neppure un anno dal varo, che il Presidente dell'Associazione Nazionale Magistrati (ANM) chiede una radicale riforma del nuovo codice.

Di fronte a un'organizzazione giudiziaria al limite del collasso, il primo allarmante appello proviene dal Ministero di Grazia e Giustizia, all'inizio del 1990. Servono 7000 rinforzi. Mancano segretari, stenografi, autisti, ma soprattutto giudici, in particolare nelle zone a rischio, dove la criminalità organizzata non fa troppi complimenti nel decimare i garanti della giustizia.

La paralisi è documentata in un dossier di cinquecento pagine inviato dall'ANM a Cossiga.

La pubblica opinione è sempre più coinvolta. Le pagine dei quotidiani si riempiono di polemiche, tensioni e conflitti ali' interno del Consiglio Superiore della Magistratura.

Si parla addirittura di intrighi, in un clima di spionaggio, nel caso del "corvo" di Palermo. Conseguenza: il pool antimafia si sgretola. Si passa ad un durissimo scontro tra l'Alto Commissario per la lotta alla mafia, Sica, e il Procuratore generale di Roma, Mancuso: oggetto della tenzone le ingerenze di quest'ultimo nella sfera giudiziaria. Nell'agosto del '91 Sica lascia l'Antimafia, sostituito da Finocchiaro.

Agli annosi problemi di una giustizia "lumaca" si aggiunge la questione dell'imparzialità e dell'indipendenza della magistratura. Sono in aumento i giudici che entrano in politica, partecipano ad elezioni, diventano membri di consigli di amministrazione. Si parla con preoccupazione anche dei rapporti tra magistrati e massoneria.

Nel giugno '90, il capo dello Stato accusa il CSM di operare al di fuori della legittimità costituzionale e di essere contaminato da un eccesso di politicizzazione e di protagonismo. Sono in ballo la responsabilità disciplinare dei giudici, la questione della libertà di associazione per i magistrati, le competenze decisionali.

Ma i giudici si ribellano, si sentono presi di mira, delegittimati e abbandonati. Le lupare sono in agguato. Le procedure da sbrigare si accumulano sulle scrivanie. Un'altra vicenda contribuisce ad evidenziare i malanni dèlla nostra giustizia: è il caso Gladio. Le indagini del giudice Casson, le deposizioni alla Commissione stragi, Cossiga, i servizi segreti: un polverone.

All'inizio del 1991, si torna a parlare di organici. Per quanto riguarda i giudici, il numero ottimale sarebbe di 8409 unità. I posti vacanti sono circa 1300. Le previsioni non consolano: tenendo conto dei concorsi e delle scadenze per il conferimento delle funzioni di magistrato, solo un quarto dei vuoti sarà coperto, non prima della seconda metà del 1992. Bisogna poi tenere in considerazione l'alto rischio che comporta, specialmente per un giovane giudice, l'essere destinato a luoghi "caldi". Inoltre, tra l'inizio del 1991 e la prima metà del 1992, più di cento giudici andranno in pensione.

Martelli denuncia l'assenteismo dilagante negli uffici giudiziari calabresi: siamo nel maggio 1991, e i tragici episodi di Taurianova hanno l'effetto di un uragano. Il Presidente dell' Anm. Bertoni replica a Martelli, accusando di latitanza le istituzioni al Sud. Scoppia il caso dei "baby-giudici", gli uditori di fresca nomina spediti in prima linea a combattere la malavita organizzata: 45 in Sicilia, 31 in Calabria, 17 in Campania, 14 in Puglia.

Cossiga, particolarmente in vena, non risparmia i giovani magistrati. Galloni, vicepresidente del CSM, critica Cossiga per questa presa di posizione e si lamenta per il controllo del governo sui Pubblici ministeri. Per tutta risposta il Presidente della Repubblica silura Galloni. Da qui inizia un tira e molla al limite della decenza: congelamenti, dichiarazioni radiofoniche, esautorazioni, riconciliazioni. Il CSM e il Presidente della Corte Costituzionale, Gallo, si schierano con Galloni.

Il guardasigilli Martelli rilancia la proposta di riforma dei Pubblici Ministeri. Ma le proposte di riforma non bastano, se non vedono un'applicazione tempestiva, a curare le piaghe della giustizia. E' con questa motivazione di fondo che Raffaele Bertoni, alla fine del giugno '91, si dimette da Presidente dell'Associazione Nazionale Magistrati. Le profonde spaccature tra i giudici fanno naufragare numerosi tentativi di nominare il successore di Bertoni. Lo stesso problema si pone per la sostituzione, nel mese di luglio, di Ettore Gallo alla presidenza della Corte Costituzionale. Attriti tra magistrati, conflitti tra candidature di partito o di corrente, trattative tra segreterie politiche: la situazione dell'apparato giudiziario è di-evidente stallo. Se questa è l'indipendenza e l'autonomia di costituzionale memoria...

C'è chi sostiene che, con qualche riforma che riveda ruoli e funzioni, si possa guarire la giustizia italiana. Martelli e il Psi propongono la separazione tra inquirenti e giudicanti e l'assoggettamento del Pubblico ministero al governo. Proposte che – osteggiate in primis dai magistrati – rievocano vecchi fantasmi. Nel 1976 Licio Gelli scriveva "L' Anticostituzione", ovvero il "piano di rinascita democratica" secondo la loggia P2. Alla voce ordinamento giudiziario si legge: "Unità del Pubblico ministero. Responsabilità del Guardasigilli verso il Parlamento sull'opera del Pm. Separare le carriere inquirente e giudicante".

Scusi, dov'è la stanza dei bottoni?

Scriveva Max Weber – e non si tratta certo della sua intuizione più geniale – che il potere "è la possibilità di imporre la propria volontà al comportamento di altre persone".

Lo studio dell'oggetto misterioso "potere", delle sue regole, della sua conquista e gestione ha appassionato più di un ingegno nel corso dei secoli: da Machiavelli – che ne analizzò scientificamente l'accezione politica – a John Kenneth Galbraith che addirittura ci ha scritto sopra un divertente volumetto, "Anatomia del potere", individuando i tre tipi fondamentali di potere (punitivo, remunerativo, condizionatorio), le tre fonti principali (personalità, proprietà ed organizzazione) e sicuramente qualcosa di più di queste note striminzite.

Nelle pagine successive proviamo a presentare alcune facce, certo non tutte, del potere "costituito" della società odierna: si tratta delle manifestazioni visibili e meno visibili ( ad esempio le logge massoniche o i servizi segreti) che comunque la società percepisce e riconosce.

Ma per mettere le mani avanti rispetto alle manchevolezze di questa ricognizione, è opportuno puntualizzare due aspetti del "potere" odierno.

La prima tesi – utile da spiegare a chi utilizza la tesi contraria come comodo alibi ad un disimpegno personale in politica – è che la "stanza dei bottoni" come tale non esiste.

Le metodologie più aggiornate di educazione alla politica spiegano assai accuratamente che la politica è, sempre di più, un insieme di regole e procedure con le quali si disciplinano i modi per convincere un terza sulla propria opinione, per adottare una decisione; niente di più, niente di meno di quanto accade quando un gruppo di amici deve decidere come spendere il sabato sera, un'assemblea di condominio deve scegliere se rifare le fosse biologiche dell'edificio, un'assemblea sinodale deve approvare – con o senza emendamenti – un documento. Cambiano i soggetti della discussione, cambiano gli argomenti di cui si discute, ma la riunione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite o una modesta Assemblea di una Associazione si assomigliano per molti aspetti. Il potere, dunque, secondo questa prima nostra tesi, è una dimensione molto più diffusa e meno inaccessibile di quanto possa sembrare. Ciò legittima gli sforzi di qualsiasi singolo cittadino a comprendere meglio l'insieme di regole della sua gestione per potervi partecipare, ma sprona anche ciascuno di noi ad essere più esigente nel controllo e nella verifica sulle decisioni prese da questo o quel livello istituzionale. Senza comode scuse per nessuno.

La seconda tesi – riferita più puntualmente alla sfera del potere politico – è che, a discapito di una opinione comune, nemmeno infondata, che disegna la politica come muraglia invadente e soffocante verso la società civile, il potere politico sia divenuto oramai superfiuo e residuale rispetto alle grandi questioni della vita di ciascuno di noi. Passato fortunatamente il tempo in cui la politica lottava per le garanzie minime dell'individuocontro gli abusi indiscriminati delle tirannie, oggi le questioni relative alla sconfitta dei nuovi mali, alla frontiera della genetica e della biologia non si decidono nè a Montecitorio, nè a Palazzo Chigi, ma laddove la scienza e la ricerca si sposano con il capitale. Un messaggio che suona più o meno così: dove oggi c'è innovazione, là non vi è politica.

Vero o non vero, sono queste le due controindicazioni all'uso che suggeriamo prima di addentrarci nel mondo delle lobbies, delle logge, degli 007 e dei poteri alternativi.

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