Il grande bluff di Bettino
«O Quirinale o morte»! Bettino Craxi da Milano, novello Garibaldi dell'Italia che cambia ha deciso: la Grande Riforma s'ha da fare. Ma quali riforme istituzionali sono in gioco per il Presidente del Consiglio che più a lungo durò? Quella della pubblica amministrazione, quella delle pensioni o quella dei mille e mille ministeri, uffici, enti inutili? No, tutto è molto più «personalizzato» e, aggiungiamo noi, in contraddizione anche con ciò che il gruppo Parlamentare socialista ha fatto e detto durante i lavori della Commissione Bozzi.
L'attuale Presidente del Consiglio propone infatti l'elezione diretta del Capo dello Stato da parte dei cittadini senza specificare, tra l'altro, come si ha intenzione di rapportare questo cambiamento fondamentale al resto dei vertici istituzionali del Paese. La figura del Presidente della Repubblica, nel nostro attuale ordinamento costituzionale rappresenta, insieme alle altre istituzioni dell'unità nazionale, quale per esempio la Corte Costituzionale, un punto di equilibrio che fa da contrappeso alla presenza, costante e forte, per intensità di valori e per storia, delle varie fazioni partitiche. Una scelta ovvia, considerando le forti differenze ideologiche presenti nel periodo della Costituente e che solo ora si sono attenuate, dando però spazio a divisioni che molto spesso nascono da ragioni ben peggiori, quali lottizzazioni ed interessi corporativi.
In realtà, lo sappiamo tutti, Il Presidente della Repubblica italiano non è mai stato uno spettatore distratto rispetto alla vita politica contingente del Paese. Mai però si era immaginato, nel passato, di dare spazio normativo ad un Capo dello Stato in grado di scendere in pieno nell'agone politico. E in verità tale era rimasto anche il parere della Commissione Bozzi per le riforme istituzionali. Unica voce contraria, ma era prevedibile, quella del Movimento Sociale Italiano, favorevole ad una elezione diretta che sia suggello di una vera e propria «Secqnda repubblica».
Dunque, il Presidente del Consiglio Craxi si trova in non buona compagnia, anche se più volte nell'ultima relazione al Comitato Centrale socialista ha avuto parola 'adatte' anche per i potenziali elettori che provengono dai quei lidi politici. Sconfessando l'operato dei suoi stessi commissari, da Salvo Andò al senatore Giugni, Bettino Craxi sembra ignorare per intero il lavoro della Commissione per le Riforme Istituzionali, ennesimo esempio del rispetto che nutre per il Parlamento e le sue prerogative.
E dire che la «Bicamerale» aveva fatto un buon lavoro, tra l'altro concorde, circa le prerogative del Presidente della Repubblica. Si era innanzitutto stabilita la non rielegibilità (come richiesto con un «messaggio» dal Presidente Segni e con un disegno di legge del 1963 dal Governo Leone), precisando che essa si riferisce alla «non rieleggibilità immediata».
Circa il «semestre bianco», periodo finale del settennio durante il quale è vietato al Capo dello Stato prendere iniziative tra le quali lo scioglimento delle Camere, non si è optato per la sua pura e semplice abolizione, ma per una soluzione intermedia per cui tale facoltà può essere esercitata «solo su parere conforme dei Presidenti delle Camere». Interessante poi il campo della normativa riguardante la materia dell'impedimento, di cui il «caso Segni» è stata la testimonianza più eclatante.
Mentre per l'impedimento temporaneo la soluzione è quella naturale della delega al supplente, per l'impedimento permanente si richiede un pronunciamento concorde dei massimi organi costituzionali dello Stato (Presidenti della Camera dei Deputati, del Senato, della Corte Costituzionale e del Consiglio dei Ministri), onde evitare i rischi di una deposizione «fraudolenta». Le scelte della Commissione Bozzi, avallate anche dal voto del Psi, vanno dunque in tutt'altra direzione rispetto alla proposta Craxi. Nè è pensabile, è bene chiarirlo, che l'elezione diretta di un Capo dello Stato prescinderebbe dalla maggioranza politica che lo proponga o da una eventuale mediazione partitica.
La conseguenza ovvia non potrebbe essere che la ridefinizione di tutto il quadro istituzionale, e in maniera alternativa non solo rispetto alla «bicamerale» ma anche rispetto alle tradizioni costituzionali italiane, a meno che non sia proprio questo quello che si vuole, ma il Movimento Sociale è stato certamente più chiaro nel saper indicare questa via.























