La riforma della pubblica amministrazione
C'è un'esperienza almeno che accomuna gli italiani: al Sud come al Nord, i professori universitari come gli operai dell'industria, tutti, prima o poi, hanno dovuto confrontarsi e scontrarsi con le kafkiane inefficienze della pubblica amministrazione.
Quante volte dopo un'estenuante fila allo sportello ci si è sentiti rispondere "non so", "il collega che se ne occupa non c'è", "provi a ripassare la settimana prossima".
Attraverso il vetro l'impiegato guarda annoiato; è una persona come tante ma al di là del bancone assume un aspetto buio e impenetrabile, la faccia più immediatamente percepibile dello Stato. Le eccezioni non mancano, ovviamente, ma la sostanza non cambia. Rivolgersi alla pubblica amministrazione è il più delle volte come partecipare ad un gioco a premi di cui non si conoscono bene le regole; tutto viene affidato alla fortuna: se va bene il documento è pronto, la pratica evasa, altrimenti ci si può sentir dire: "Ritenta, sarai più fortunato".
Una piccola breccia si è però aperta in questo muro di estraneità ed incomunicabilità.
Poco più di un anno fa, il 7 agosto del 1990, il Parlamento italiano ha approvato la legge 241 sulla trasparenza del procedimento amministrativo e il diritto di accesso agli atti della pubblica amministrazione. Una legge che promette trasparenza, partecipazione ed efficienza, la cui attuazione è però in forte ritardo. Qualche tentativo di applicazione da parte degli enti locali, ma mancano ancora i regolamenti di attuazione che dovevano essere approvati diversi mesi fa dal Governo.
Nonostante le prevedibili difficoltà di attuazione ve- diamo le principali novità introdotte dalla legge 241 con la con consapevolezza che dovrebbero diventare oggetto di una seria e salutare battaglia politica.
Niente più attese senza fine: per ogni procedimento verranno stabiliti termini certi, in caso contrario le procedure non potranno durare più di trenta giorni.
Finite anche le corse fra un ufficio e l'altro alla ricerca di chi si sta occupando della pratica, perché d'ora in poi per ognuna di esse sarà nominato un responsabile; e se l'attività coinvolge più amministrazioni, queste si riuniranno in "conferenze di servizi" in cui concordare la via da seguire e scambiarsi le eventuali autorizzazioni necessarie. La pubblica amministrazione dovrà inoltre motivare ogni suo atto e informare dell'inizio del procedimento chiunque ne sia interessato. "Qualunque soggetto, portatore di interessi pubblici o privati, nonché' i portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o in comitati, cui possa derivare un pregiudizio dal provvedimento, hanno facoltà di intervenire nel procedimento" recita l'articolo 9. E ancora, "chiunque vi abbia interesse" potrà consultare gratuitamente i documenti amministrativi, e ottenerne una copia, rimborsando solamente il costo di riproduzione.
È probabilmente sufficiente questa breve sintesi per rendersi conto che la nuova normativa, se realmente applicata, potrebbe avere una portata eccezionale.
Mentre oggi la rapidità nel rispondere alle richieste dei cittadini è affidata alla cortesia degli impiegati, con le nuove disposizioni diverrà un loro dovere e, conseguentemente, un diritto dei cittadini, da far valere anche di fronte al giudice.
Ma c'è di più. Se le buone intenzioni raccolte nella legge 241 dovessero tradursi in fatti, vedremmo crollare uno dei pilastri su cui poggia gran parte della nostra macchina pubblica: la raccomandazione. Oggi è uno dei requisiti essenziali per dare inizio a qualsiasi procedimento, al pari della marca da bollo e della firma posta in calce ad una richiesta. È entrata a far parte delle procedure amministrative, ma soprattutto, si è imposta nella cultura della gente. E la colpa è certo dei politici e dei funzionari, ma anche di quei cittadini che fanno la fila allo sportello, che accettano di vedere i loro diritti ridotti a favori, spesso ricambiati.
Se l'amministrazione pubblica iniziasse a funzionare senza interventi paralleli, allora la raccomandazione e tutto il sistema clientelare perderebbero ogni ragione di esistenza. Insomma, sarebbe una vera rivoluzione.
Costituzione
Articolo 97
l pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione.
Nell'ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari.
Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge.



















