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Partiti, istituzioni e potere

Riforma elettorale cercasi

Nuova Politica - Riforma elettorale cercasi pagina 32
Nuova Politica - Riforma elettorale cercasi

È sicuramente il tema più gettonato degli ultimi anni.

La riforma elettorale è, di certo, la "madre di tutte le riforme", se non altro da un punto di vista logico. Con questa super-regola, infatti, si scelgono i rappresentanti politici ad ogni livello che saranno chiamati a decidere su tutte le questioni di merito dell'attività politica, comprese le altre regole del gioco. Avrebbe senso – lo ha provocatoriamente affermato anche Cossiga – un Parlamento che, delegittimato nella regola che lo ha determinato, decide come riformare le regole con cui si discute, si adottano le leggi, si amministra la giustizia e la Pubblica Amministrazione ? Ecco perché la Democrazia Cristiana attribuisce a questa riforma il distintivo di priorìtà all'interno del più vasto dibattito istituzionale.

Non fu casuale che, all'uscita dal secondo conflitto mondiale e da un ventennio di dittatura, l'Assemblea Costituente del nostro Paese decise di adottare un sistema elettorale perfettamente proporzionale. Ci si andava a contare dopo una lunga stagione di buio, l'Italia era profondamente divisa tra culture politiche contrapposte e non era dunque opportuno lasciare alcuna idea politica non rappresentata nel primo Parlamento repubblicano.

Quanto alla "governabilità" provvedeva il gioco delle alleanze che De Gasperi, per primo, pur non avendone matematicamente il bisogno, aprì sentendo il bisogno di consolidare l'area di legittimazione delle neonate istituzioni democratiche.

Se ci si pensa bene, tutto il gioco politico tra i partiti nei primi 30 anni della nostra storia recente è storia di alleanze progressivamente diverse e più ampie, con la Democrazia Cristiana a far da ostetrica ai partiti via via approdati al riconoscimento del carattere democratico delle nostre istituzioni.

Dal centrismo di De Gasperi caratterizzato dalla solida alleanza con i partiti laici, si arriva al centro-sinistra dei primi anni 60 quando la frattura fra i socialisti di Pietro Nenni ed un PCI ancora ambiguo divenne irricucibile.

Dopo il patto politico non scritto, che frenava le ambizioni governative del PCI riconoscendogli però un diritto-dovere di amministrare alcune aree del Paese, sancito con l'istituzione delle Regioni a statuto ordinario nel 1970, si giunse alla stagione della solidarietà nazionale durante la quale una coalizione del 90% affrontò la stagione del terrorismo.

Da quel giorno, tutti i partiti sono, in sè, legittimati a governare e solo le diverse opzioni politiche dei partiti definiscono una maggioranza invece di un'altra.

Ma con la stagione delle coalizioni a tutto campo, è iniziata anche la stagione della non-governabilità, sia nazionale che locale. Al Governo si susseguono compagini obbligate a stare assieme dalla matematica, ma rissose al proprio interno; negli Enti Locali di ogni livello, vigono spietate le leggi dei due, tre, quattro forni diversi. Con buona pace dei cittadini amministrati che prima affidano una delega in bianco col proprio voto, poi subiscono giri di valzer politici tra i partiti con ovvie conseguenze sul piano dell'efficacia amministrativa e dell'individuazione delle responsabilità, sempre scaricate sul partito avversario. Ma soprattutto con un'Italia degli enti locali che veste l'abito politico di un Arlecchino: il 31 agosto 1990, gli oltre 8000 comuni d'Italia erano e sono gestiti da ben 249 tipi di coalizione diversa;

9 pentapartiti nei Comuni con più di 5000 abitanti, 200 giunte PCI-DC, 597 fra PSI e PCI, 658 fra DC e PSI, 173 "govemissimi" DC-PSI-PCI, 1996 Comuni costruiti attorno alla Dc senza Psi e Pci, 439 costruiti attorno al PCI senza PSI e DS, 229 con ruolo centrale del PSI senza DC e PCI.

Ecco come è nata, grazie anche all'esperienza referendaria della Fuci, delle Acli e di Mario Segni, la legittima aspirazione ad una legge elettorale diversa che i partiti disegnano ciascuno seguendo specifiche convenienze, fra loro inconciliabili. Rinviando ad altre parti di questo catalogo l'analisi dei sistemi elettorali stranieri e le proposte di grande riforma dei singoli partiti, non si può però non constatare che ad un dibattito politico ricchissimo di varianti e possibilità, sia seguìta un'attività parlamentare ben più modesta. Come dire: si parla molto sui giornali, ma si presentano ben poche proposte di legge (solo 14 in questa X Legislatura).

Con l'aiuto di un utilissimo testo pubblicato da Carlo Fusaro, andiamo a dipanare la matassa delle proposte avanzate in varia forma dai principali rappresentanti del mondo politico italiano (vedi tabella).

Le proposte di riforma

AMATO (PSI)

Riduzione dei collegi; utilizzo del quoziente puro con aumento dei resti (a vantaggio dei partiti medi), ripartizione dei resti per i partiti che abbiano ·superato un certo quorum ed elezione del I 0% dei deputati in un collegio unico nazionale.

MACCANICO (PRI)

Sistema proporzionale con premio per tutte le liste che superino un certo quorum (20,25%). Sposato anche da Antonio Cariglia.

ANDREOTTI (DC)

Indicazione delle possibili coalizioni, con o senza premio, dubbi sulla possibilità di far durare l'accordo un'intera legislaura, sbarramento al 3%, piccola quota di seggi da assegnare in collegio unico nazionale.

BARBERA (PCI)

Adozione del sistema tedesco senza clausola di sbarramento nel 1984. Elabora poi nel 1990 un sistema complesso misto fra uninominale e proporzionale con premio. 7/1O da eleggersi con l'uninominale, 2/10 con riparto proporzionale, 1/10 ai candidati collegati al premier vincente che i cittadini dovrebbero scegliere contestualmente.

BASLINI (PLI)

Maggioritario a due turni con accesso·at,secondo turno senza quorum.

BODRATO (DC)

Adozione del sistema spagnolo.

DEMITA/ RUFFILLI (DC)

Apparentamento con premio moderato (10% dei seggi) ripartito in 38 seggi alla colaizione vincente, 28 alla perdente.

ELIA (DC)

Riduzione dei collegi senza quorum di sbarramento.

LEGA (DC)

Una sorta di maggioritario come sanzione. Immagina, infatti, un proporzionale con apparentamento senza premio ed un abbassamento del quorum per il Senato, ma lascia due mesi per formare il governo ed introduce la sfiducia costruttiva. In caso di inottemperanza, si andrebbe allo scioglimento della Camera e ali'adozione di un sistema simile a quello di Ruffilli.

PASQUINO (Sin.Ind.)

Riduzione dei parlamentari, aumento dei collegi e riduzione delle dimensioni; apparentamento fra primo e secondo turno con premi al primo ed al secondo (al primo solo se sopra il 45%).

SEGNI (DC)

Uninominale a due turni con ballottaggio.

ZANONE (PLI)

Sistema misto su base tedesca: 380 deputati da eleggere con uninominale secco, 250 con la proporzionale detraendo i seggi già conquistati con l'uninominale.

Una riforma grande, anzi grandissima
Il nostro amico Roberto

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