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Referendum elettorali: perché sì

Nuova Politica - Referendum elettorali: perché sì pagina 12
Nuova Politica - Referendum elettorali: perché sì

Molti e sempre più evidenti sono i sintomi di un distacco crescente tra la società civile e le istituzioni; c'è contraddittorietà tra i bi confusi della gente e la capacità della politica di rispondere, con una sintesi eticamente motivata, a queste esigenze.

La nostra sensibilità politica ci deve invece dare la capacità di rispondere con un sistema istituzionale di regole che attraverso una nuova stagione costituente ampli gli spazi di libertà presenti nel nostro paese, si ponga come obiettivo il rafforzamento della solidarietà sociale, svincoli la politica dai condizionamenti che oggi è costretta a subire da lobbies legate agli interessi forti presenti nella nostra società.

In questa ottica il tema della modifica del sistema elettorale è sicuramente determinante per invertire questa involuzione della vita democratica nel nostro paese. Certo i sistemi elettorali non risolvono da soli la crisi della politica in Italia, ma se analizziamo quale sia il loro ruolo ci accorgiamo che possono certamente contribuire a rafforzare od a indebolire certi processi.

Sono due le funzioni principali dei sistemi elettorali nelle democrazie di sampo occidentale, la prima che emerge dall 'etimologia stessa del termine è l'"eligere", lo scegliere chi, attraverso libere competizioni elettorali, dovrà governare la nazione. Il secondo, ma non per questo meno importante ruolo, è il garantire una rappresentanza nelle istituzioni democratiche alle varie espressioni politiche presenti nella società.

Scelta dei governanti e rappresentatività sono dunque le principali funzioni a cui attengono i vari sistemi elettorali e la maggiore o minore importanza che il legislatore attribuisce ad una di queste due funzioni fa si che ne adotti uno dei tanti possibili, dal proporzionale puro al presidenziale.

Il nostro paese, che uscito dalla seconda guerra mondiale e da un ventennio di regime autoritario si affacciava alla democrazia, adottò la proporzionale al fine di esaltare al massimo la rappresentatività delle camere e per stemperare i forti conflitti sociali allora presenti.

La difesa della proporzionale fatta da Sturzo e dai popolari aveva allora come alto fine l'inserimento delle masse nella vita democratica del nostro paese e di esaltare così il ruolo dei così detti partiti popolari. Questi valori non hanno oggi certo perso di importanza per noi, ma sicuramente non hanno più quel ruolo che avevano quaranta anni fa.

Con l'esperienza della solidarietà nazionle si è concluso quel processo di allargamento dell'area democratica che, assieme ai fatti dello scorso anno accaduti nei paesi dell'est europeo e la successiva mutazione tuttora in corso nel Pci, rende almeno teoricamente possibile nel nostro paese una democrazia delle alternanze, pur mantenendo immutati i caratteri di fondo della nostra repubblica.

In secondo luogo la trasformazione delle dinamiche sociali e lo sviluppo dell'economia del nostro paese ha messo in crisi quella triade, fatta di rappresentatività, governabilità e responsabilità, che è alla base di ogni democrazia moderna. Il primato del cittadino o meglio il cittadino come arbitro nella elaborazione di Roberto Ruffilli voleva significare questo: un legame tra corpo elettorale e istituzioni basato sulla rappresentatività, capacità di governo e responsabilità dei pubblici amministratori. La proporzionale pura pur con i suoi indubbi meriti storici non è più in grado di garantire questo.

Il dibattito sulle riforme elettorali si è però incamminato su di un vicolo cieco, veti incrociati, un uso partigiano delle riforme elettorali, la stessa commissione Bozzi istituita al fine di evitare questi rischi non ha ancora visto uno sbocco legislativo ai suoi lavori.

Tutto questo ci ha spinto a fare una proposta e ad ipotizzare una possibile soluzione.

La proposta di sistema elettorale che i giovani dc intendono avanzare si basa su alcune garanzie di fondo: il bisogno di difendere comunque la rappresentatività delle istituzioni elettive; non ci convincono a questo proposito le soluzioni uninominalistiche o presidenzialistiche proposte da alcuni settori favorevoli alla riforma elettorale. La seconda delle garanzie che deve assicurare il sistema elettorale riformato è quella della governabilità del paese, dal voto dei cittadini deve emergere in maniera univoca chi nel corso della legislatura deve governare. L'ultima delle esigenze che noi vogliamo assicurata è quella della stretta correlazione tra programma di governo e potere di scelta del cittadino esercitato attraverso il voto. La responsabilità politica delle coalizioni di governo non può valere solo nei confronti del Parlamento o peggio delle segreterie dei partiti, essa deve essere consegnata al corpo elettorale; ogni nuova coalizione di governo che si formi nel corso della legislatura deve essere necessariamente legittimata da nuove elezioni politiche.

Il movimento giovanile, raccogliendo l'invito di una parte importante del mondo cattolico costituita dalla Fuci e dalle Acli, ha aderito all'unanimità al comitato promotore dei referendum elettorali, per evidenziare, non solo la condivisione della strada tracciata dal quesito referendario che scrive la parola fine per la proporzionale pura, ma principalmente perché ritiene che l'inerzia legislativa delle Camere sulla riforma elettorale non si superi se non attraverso quello strumento di democrazia diretta che è il referendum.

La provocazione politica costituita dal referendum elettorale ha a nostro avviso il compito di riportare nella sua sede naturale e cioè in Parlamento il dibattito che stava ormai diventando materia per trattati di diritto costituzionale piuttosto che volano di una più ampia riforma istituzionale per il nostro paese.

Alcuni risultati sembrano a tutt'oggi raggiunti, i partiti messi alle strette dal superamento delle 500.000 firme necessarie per l'eventuale svolgimento del referendum, si stanno di nuovo attivando. La Democrazia cristiana con la proposta Scotti-Gitti si è fatta carico in maniera a nostro avviso soddisfacente della necessità di proporre una sua riforma elettorale, così come aveva già, fatto il Pci rispolverando almeno a grandi linee la vecchia ipotesi Pasquino-Ruffilli.

Solo il Psi ha reagito in maniera scomposta al quesito referendario denunciandone addirittura l'illegittimità costituzionale; viene spontaneo a questo punto ricordare ai nostri alleati di governo che non solo hanno già utilizzato l'arma del referendum per costringere il Parlamento a legiferare fuori dagli accordi di governo, come nel caso del referendum sulla responsabilità civile dei giudici; ma, Pontida a parte, essi stessi, con lungimiranza agli inizi degli anni ottanta, posero la questione delle riforme elettorali come momento culminante di un processo riformatore per il nostro paese. In conclusione mi pare importante sottolineare un aspetto poco presente nel dibattito sulle riforme istituzionali, esiste una stretta correlazione tra etica e regole, chi ipotizza una rifondazione della politica nel nostro paese, partendo da un approccio umanistico non può non sottovalutare come oggi, la proporzionale pura e la conseguente partitocrazia stiano togliendo centralità all'uomo per attribuirla ai grandi interessi economici o a logge più o meno coperte. Il velo opaco che si viene a creare con il nostro attuale sistema elettorale tra eletti ed elettori favorisce il degenerare della politica nel nostro paese.

I dubbi e le perplessità, che pure noi abbiamo ma come autorevoli amici hanno sollevato sull'opportunità di utilizzo del referendum in questa materia e con questi fini, possono essere superati non con il silenzio, come alcuni settori del nostro partito sembrano intenzionati a perseguire, ma aprendo una nuova stagione costituente che il Movimento giovanile vuole il più possibile partecipata e responsabile.

La crisi della politica non si cura con i referendum
Una riforma elettorale contro la frammentazione
Massimo Chiusolo

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