Ci interessa l'uomo, anche in divisa
Dopo aver dedicato il numero dello scorso ottobre al tema dell'obiezione di coscienza al servizio militare, opportunamente ora Nuova Politica parla dell'obbligo militare di leva. Questa duplice attenzione, così ravvicinata nel tempo, rispetto a problematiche che impongono ai singoli scelte diametralmente opposte potrebbe lasciare qualcheduno confuso, altri sconcertati tanto da chiederci: «Ma i giovani dc sono per l'obiezione di coscienza al servizio militare, oppure pensano sia giusto, sia un dovere per tutti assolvere all'obbligo militare di leva costituzionalmente sancito?».
In realtà questa duplice attenzione di Nuova Politica non intende risolvere il quesito.
Obiezione di coscienza e servizio di leva
Il numero di ottobre è servito per ribadire una volta di più la nostra volontà, per un nuovo ed effettivo riconoscimento legislativo del servizio civile sostitutivo del servizio militare di leva capace di migliorare la legge del 1972.
Quello voleva inoltre essere un modo per continuare una battaglia ideale e politica – il rispetto delle convinzioni ultime di ognuno, la ricerca di una «possibile mediazione tra pacifismo etico e razionalità politica» – da sempre testimoniate dai giovani dc.
La scelta di promuovere delle iniziative – ultimo il convegno nazionale di Reggio Emilia – su questo tema ba qualificato l'attività del Movimento Giovanile dopo
Maiori ed è un'azione da continuare perché sicuramente portatrice di valori e aspirazioni alti e condivisibili.
Ma difendere la libertà di coscienza del singolo di fronte al servizio militare non implica la condanna o il disconoscimento di questo ultimo.
La stessa Chiesa italiana, che al convegno di Loreto con Don B. Forte ha riconosciuto il servizio civile quale «scelta esemplare e preferenziale» per un cristiano, legittima l'esistenza di entrambe.
Mons. Bellomi, Vescovo di Trieste, primo firmatario di un documento sottoscritto da 2.400 laici e religiosi triveneti, diffuso in occasione dell'ultima giornata mondiale per la pace, che tanto clamore ha destato per il proposito ivi contenuto di «fare guerra alla guerra», spiegando l'esatto intendimento di quel testo ricorda come «la proposta di optare per l'obiezione di coscienza non si pone in contrasto con l'Esercito Italiano e con legittima difesa in armi del proprio paese».
Il presente numero di Nuova Politica, il senso politico che a ciò diamo come Movimento Giovanile non può dunque essere considerato quale incoerenza politica rispetto al numero su l'obiezione di coscienza.
Non si approfondiscono infatti gli articoli che seguono i temi della pace vera e dei mezzi adeguati per conquistarla qui ed ora in questo mondo.
Parlare del servizio miliare di leva e di ciò che di esso, per come è svolto oggi, non accettiamo significa invece affrontare concretamente un problema che riguarda in Italia annualmente più di mezzo milione di persone, per lo più giovani.
Affrontare concretamente i problemi della gente ed è innegabile che per tanti giovani, a volte per le loro stesse famiglie, l'assolvimento dell'obbligo militare costituisca un problema, è un altro degli obiettivi che ci siamo dati come Movimento Giovanile per ridare senso alla politica.
La specificità del nostro movimento di giovani impegnati in politica vogliamo sia anche questa: la capacità di ideare soluzioni ai problemi della gente avendo quale riferimento i grandi ideali a cui diciamo di richiamarci.
Persona - Comunità esercito
Ecco perché ora parliamo del servizio militare.
Vi è principio stabilito nella Carta Costituzionale: «La difesa della patria è sacro dovere del cittadino. Il servizio militare è obbligatorio...».
Noi pretendiamo che l'assolvimento di tale obbligo, dai più ancora subito, sia effettivamente svolto nel pieno rispetto e tutela della persona, della sua dignità, delle sue convinzioni.
In armonia con l'evoluzione che lostesso concetto di «difesa della patria» ha subito con l'allargamento delle relazioni e delle interdipendenze tra le nazioni e l'economia della Terra; la costituzione della Comunità Europea, la fine delle tensioni internazionali almeno nella forma conosciuta nell'immediato secondo dopoguerra, il ripudio generale della guerra maturato nel nostro popolo.
Noi quindi contestiamo l'attuale servizio militare non certo perché, travolti dal mito di Rambo, aspiriamo ad un esercito di invincibili guerrieri.
A noi interessa l'uomo, anche quando deve indossare la divisa.
E ci interessa il servizio che può rendere alla comunità.
Chiediamo un servizio di leva che sia effettivo momento di crescita personale, culturale e civica.
Momento non punitivo, non massificante, non alienante, non inutile per se stessi e per il paese, non dannoso, addirittura deviante come a volteaccade per chi nelle caserme incontra la droga.
Oggi al contrario la «naia» significa per molti tutto ciò.
Essa diviene un anno dissipato inutilmente in caserme anonime od inospitali dove impera il formalismo ipocrita delle apparenze e delle regole (da rispettare per i soldati, e irrise o usate a piacimento dai superiori).
Ancora più grave risulta poi il fatto che spesso «ilsenso delloStato», della appartenenza ad una comunità, per cui in definitiva si chiede l'assolvimento dell'obbligo, siano giorno dopo giorno distrutti da un sistema che per sua stessa ragione d'esistere dovrebbe educare a ciò.
Una esperienza a cui dare senso
I dati presentati nell'ottobre scorso nella annuale relazione del Ministero della Difesa informano che nel 1984 sono state inflitte ai militari di leva 268.000 punizioni di vario grado (nel 79 ad esempio risultavano 115.000), vi sono state 1.096 condanne per diserzione, 400 per mancanza alla chiamata alle armi.
Di 477 militari deceduti, sempre nell'84, ben 29 si sono suicidati.
Sono dati indicativi di un reale stato tra i militari di disagio, disaffezione morale, mancanza di motivazioni, con conseguente indisciplina. E quei 477 morti (un'enormità!) indicano l'insicurezza, inaccettabile in cui il servizio viene svolto, A poco sono evidentemente serviti anche i comitati di rappresentanza introdotti nelle caserme con la «Legge di principi» del 1978.
Noi condividiamo, lo abbiamo già detto in altre occasioni l'attuale proposta di riforma del servizio militare, Non crediamo servano gli aggiustamenti parziali proposti tanto per rendere più sopportabili i dodici o diciotto mesi previsti.
Le notevoli risorse che lo Stato destina alle Forze Annate (beni immobili valutati in 100 mila miliardi, 70 mila miliardi annuali per il loro mantenimento) devono essere impiegate non solo per unrazionale edeffettivoaddestramento militare ma anche quale occasione per arricchire le conoscenze, lecapacità dei giovani di leva, per offrire un reale e costante servizio al paese, non solo di soccorso dopo nelle purtroppo frequenti calamità, ma ad esempio nella prevenzione delle stesse. Irripetibile occasione che lo Stato ha dopo le scuole dell'obbligo di venire a diretto contatto con tanti giovani, a loro volta a contatto con numerosi altri coetanei portatori di esperienze e storie tra di loro diverse, deve essere usata per fare maturare nel singolo quei grandi valori civili e umani che rendono vera, e sensibile verso il prossimo e solidale una comunità.
Ed è anche in una comunità solidale fatta capace di difendersi da tutte le cause di violenza, di emarginazione, di disagio sociale, che può nascere la vera pace.

























