Per non tornare indietro
Una delle esperienze più interessanti emerse negli ultimi anni nel nostro paese e nell'universo giovanile è senza dubbio l'obiezione di coscienza al servizio militare e il conseguente servizio civile.
In realtà, «interessante» è aggettivo che può riferirsi all'atteggiamento dell'opinione pubblica in generale: più o meno tutti infatti sanno, ormai, che è possibile questa alternativa al servizio militare, che ci sono polemiche latenti o espresse tra movimenti e associazioni da un lato, soprattutto d'ispirazione cristiana, e il Ministero della Difesa e altre istituzioni dall'altro, e che lo stesso Presidente della Repubblica Cossiga ha di recente preso posizione su questa questione in modo chiaro e coraggioso.
A ben guardare, invece, la realtà dell'obiezione di coscienza presenta uno spessore ben diverso, e questo per una serie di caratteristiche: in panicolare mi sembra possa definirsi una scelta politica «di frontiera», sia come atto singolo sia come ipotesi legislativa. È fin troppo noto, infatti, l'insieme di problemie contraddizioni cui dà luogo il difficile compito della mediazione tra realismo e utopia della pace e della guerra, il conciliare non violenza e legittima difesa, il realizzare un costume e un vivere sociale che saldi l'esigenza della difesa sociale con l'aspirazione dell'uomo a una pace profonda e «attiva», disposta anche a fare a meno di cene sicurezze.
Questi problemi, già presenti a livellodi opinione pubblica generale (chi può negare, infatti, che la cultura della pace abbia assunto in questi anni dei connotati e uno spirito diverso?), vengono naturalmente amplificati qualora vengano posti alla coscienza cristiana, e tanto più alla coscienza di giovani cattolici, come noi, impegnati in politica. E allora, l'obiezione di coscienza sarà una scelta «di frontiera» perché si pone indubbiamente in zona di frontiera chi cerca di risolvere in modo «alto» il problema della mediazione tra pacifismo eticoe razionalità politica; equesto vale ancor di più per chi è ben cosciente che il «di piÙ}> di rischio nucleare che incombe oggi sulla nostra storia non può essere affrontato senza un «di più» di rischio morale: un supplemento di terrore non può non richiedere, oltre a un'attenta valutazione di tutti i dati della situazione, anche un supplemento di testimonianza.
Proprio per questo sono convinto che esista, accanto ad una «funzione profetica», anche una «funzione politica» dell'obiezione di coscienza: questo anche in risposta a coloro che considerano certe scelte valide sul piano della testimonianza etica, ma non suscettibili di «fare» la vera storia. E «funzione politica» può voler dire diverse cose, tutte riconducibili comunque all'idea di una riforma della politica, ad una «nuova politica», a qualcosa che può essere definito «l'altra faccia della (consueta e deludente) politica»: infatti, se è vero che la politica di questa stagione di crisi significa spesso una vera e propria crisi della politica; se è vero che il credito e la credibilità riscossi dalla scienza (ma soprattutto dalla prassi) del bene comune sono senz'altro messe in discussione, e spesso delegittimate; se sembra un po' a tutti (compresi coloro che operano in politica) che l'esito della politica sia, nella migliore delle ipotesi, la transazione nella peggiore, la pratica compromissoria e conflittuale; in particolare, se nel perimetro della politica non sembra esservi spazio per parole come utopia, sper.anza, non violenza, fiducia reciproca, ma solo per le declinazioni della realpolitik (dissuasione, deterrenza, sfiducia istituzionalizzata); ebbene, se è vero tutto ciò, allora davvero l'obiezione di coscienza (certo,con opportune garanzie legislative per verificare la reale intenzione degli obiettori) può essere uno strumento di analisi e di intervento importante per ricostruire la politica nel suo complesso, cioè per costruire la «nuova politica».
Questa «funzione politica» dell'obiezione di coscienza dicevo, può voler dire diverse cose: può intendersi come «funzione trasgressiva» (ricordate lo slogan di Maiori?), come esempio tra i più importanti di quel codice nuovo e un servizio per un mondo diverso della prassi politica; senza dubbio può trattarsi di una «funzione anticipatrice»,di una sorta di radar che consenta di captare i segni dei nostri tempi prima e meglio di quanto sia consentito dalle sole lenti della «razionalità politica», agendo da traino di questa e non ai margini di essa; infine, credo possa parlarsi di «funzione politica» dell'obiezione di coscienza anche nel senso di «funzione politica» dell'obiezione di coscienza anche nel senso di «funzione ispirativa» della politica, seè vero, come dice Pietro Scoppola, che in futuro potrà essere più credibile e feconda una «cultura dei comportamenti» più che una «cultura del progetto, e cioè una cultura fatta di tante azioni e mediazioni verificate nell'unica ispirazione più che un'unica teorizzazione onnicomprensiva (e quindi tendenzialmente rigida).
A questo punto, potrebbero farsi diverse osservazioni: lo stato senza dubbio non soddisfacente dell'attuazionedella legge 772 (molto spesso freddezza e negligenza, a volte perfino ostilità espressa, sono gli atteggiamenti delle autorità militari e amministrative), la scarsa sensibilità di gran parte della classe politica (anche democristiana) e i ritardi nel vano della riforma legislativa, le ambiguità di certe fasce politiche e giovanili (laici e sinistra), i meriti di tante associazioni nel promuovere un dibattito nella società, l'intervento coraggioso di alcune istituzioni, prima fra tutte la recente iniziativa del presidente Cossiga. Inoltre, si dovrebbe ricordare anche la «preferenzialità» accordata alla scelta dell'obiezione di coscienza (pur nel pieno e sincero rispetto di un esercito come il nostro, al servizio di una nazione pacifica e democratica) da partedella Chiesa italiana a Loreto: secondo don Bruno Forte e secondo la stessa CEI «la comunità cristiana non può non promuovere come scelta esemplare e preferenziale l'obiezione di coscienza e servizio civile». Un modo per dire che per la coscienza del credente il servizio militare e quello civile non-violento non sono sullo stesso piano e non hanno lo stesso valore, pur nel riconoscimento della legittimità di entrambi.
Ma non è questo il compito di queste righe che sonoe vogliono essere semplicemente introduttive: questo tema merita uno spazio e una profondità adeguati. A me premeva solo mettere in evidenza come la scelta dell'obiezione di coscienza possa ben essere un caso emblematico, in questi tempi in cui appare così difficile individuare in politica lo spartiacque tra utopia e mediazione, tra profezia e razionalità. In fondo, quando la regola della politica è quella di basso profilo che tutti conosciamo, l'obiezione di coscienza non può che essere l'eccezione di questo scenario; ma se l'eccezione riesce ad acquisire un ruolo trainante, allora lo stesso scenario può mutare. e lo spirito originario dell'eccezione può diventare la regola dell'intera politica. di una «nuova politica».
Anche per questo, oggi come vent'anni fa (osteggiati allora dalle farse laiche e di sinistra), i giovani DC vogliono «fare propria questa scelta»; e anche per questo vogliamo, con questo speciale di «Nuova Politica», uscire allo scoperto su un terreno che ha davvero a che fare con la «nuova politica».

















