Megatrends: ignorarli, subirli, dominarli?». Era questo il leit-motiv della prima festa nazionale dei giovani dc, il «Giò 1», svoltosi a Bergamo tra il 25-29 settembre 1985.
Una manifestazione inedita dei giovani dc, con gli occhi rivolti al futuro, con lo sguardo non fisso solo sulla realtà italiana. I «megatrends» infatti erano (sono) le «dieci nuove tendenze che trasformeranno la nostra vita» almeno secondo il sociologo statunitense John Naisbitt che con un libro con questo titolo è riuscito a rimanere in testa alla classifica dei «best-sellers» nordamericani per molti mesi. I giovani dc nel predisporre la loro prima festa nazionale, dunque, non hanno tentato di giocare sul tranquillo, di utilizzare il «già visto», le risorse conosciute, ma hanno tentato di avventurarsi sul nuovo, sapendo di essere «la generazione del terzo millennio». Tutto ciò nasceva da una riflessione partita l'anno prima nel campo-scuola di Rosolina Mare, la sensazione, cioè che a parlare del «futuro prossimo venturo» sempre più sono sociologi, giornalisti e gli «adulti» in genere, mentre alle giovani generazioni non rimane che tenersi in un cantuccio attendendo risposte dall'oracolo. In una società che già di per sé tende ad emarginare le categorie non-produttive, che dilata la forbice della decisionalità e della partecipazione ad essa per cui sempre più partecipare non assicura capacità di scelta se non a ristrette elites ed a gruppi di pressione e di potere, riflettere sulle tendenze del futuro, è sembrato ai giovani dc «l'occasione per tornare a dialogare non solo con il partito, non solo con gli altri movimenti giovanili ma sopratutto con la società, con il "paese reale" con le generazioni attuali. Bergano '85 dunque è nata non per caso, ma per una scelta politica ben precisa, quella di .
giocarsi il futuro con le proprie mani, guardando al nuovo senza preconcetti, ma anche senza alcuna concessione al mito. Altri, anche nel mondo cattolico, così variegato hanno scelto, e scelsero in quella stessa estate di volgersi al passato, ma il MGDC da sempre ha ritenuto di dover confrontare la propria tradizione con il futuro che ci aspetta ed il quotidiano con cui si vive e non di vivere il presente con categorie strettamente legate, in modo indissolubile, a fasi storiche che da tempo sono superate.
Il superamento della «politica delle feste»
Ma il movimento giovanile dc non ha cercato di fare una festa tanto per essere presente anch'esso sulla «pubblica piazza». Ha analizza- to i modi con cui si erano svolte le altre feste negli anni passati. Ha preso spunto da una riflessione aperta da Forcella ed Asor Rosa sulle pagine di Repubblica a fine agosto e poi ha deciso di fare in modo che lo stile di lavoro del GIO' 1 assomigliasse a quello di un corso di
formazione politica, più che a quello di un'accozzaglia di attività sparse e confuse. Questa è stata la riflessione che ha portato ad organizzare il lavoro in sessioni, mattutine e pomeridiane, di cui venivano sviscerati da diverse angolature problemi che probabilmente erano sottesi ad ognuna di queste sessioni, prese singolarmente. Non convegni, dunque, dove mettere assieme solo nomi altisonanti con il rischio della ripetizione e dello stereotipato, ma una serie di ospiti chiamati a dare un contributo limitato nel tempo e nello spazio, una sorta di botta e risposta collettivo, con uno stile meno accademico e più giornalistico. Il tutto presentato da una serie di schede filmate realizzate da una troupe in precedenza su ogni singolo tema.
Questa delle strutture tecniche è stata anche essa una delle carte vincenti che hanno consolidato il successo della festa di Bergamo, perché i video, le schepe di presentazione, le interviste filmate a coloro che per motivi di lavoro o per impegni improwisi non ebbero la possibilità di partecipare (è il caso del Ministro degli Affari Esteri Giulio Andreotti e del fisico statunitense Teller), sono state utilizzate non come «feticcio» né come elemento di spettacolarizzazione della politica, bensì come strumentazione necessaria per una politica completa e non contingente. Uno stile rinnovato di ricerca per tutto il sistema politico dei partiti, che in futuro probabilmente non ammetterà più una «politica delle feste» come quella tradizionale che i partiti politici italiani hanno tenuto negli anni scorsi, ma richiederà un impegno di ripensamento, di rimeditazione, di riflessione concreta... in una parola, una prassi politica senza sbavature, dilettantismi, pressapochismo.
«I giovani nel ciclone dei megatrends» però non era una traccia che guardava solo al futuro ma si svolgeva anche attorno alla situazione presente, specificatamente del 1985, anno dedicato dalle Nazioni Unite alla gioventù è rimasto, oggi possiamo dirlo, ad un anno di distanza, una cattedrale nel deserto delle buone intenzioni politiche. Non è un caso che il movimento giovanile dc, che per tutto l'anno aveva partecipato alle riunioni del comitato creato appositamente dalla Presidenza del Consiglio e presieduto dal sottosegretario agli Esteri, Susanna Agnelli, in polemica per lo scarso interesse dimostrato dal Governo e dalle grandi organizzazioni internazionali aveva deciso di intitolare la prima sessione «Anno internazionale della gioventù: promesse da marinaio?».
Renzo Lusetti, fu il primo responsabile nazionale dei movimenti giovanili di partito o delle associazioni di carattere giovanile a denunciare infatti il modo incolore con cui si era operato. Nel discorso di apertura di «GIO' 1» Lusetti ricordò che durante l'anno era stato creato dalla Presidenza del Consiglio un comitato per l'anno internazionale della gioventù che sin dall'inizio si era dimostrato inutile e vacuo, principalmente per il numero degli aventi diritto al voto ed alla parola. Era un comitato composto da oltre 60 persone designate da ministeri ed enti vari, insomma un coacervo di burocrazia e belle maniere coordinate, si fa per dire, dal sottosegretario agli Esteri, Susanna Agnelli e a cui, «incredibile dictu» avevano accesso solo 6 (diconsi sei) rappresentanti del mondo giovanile quasi a sancire una irresponsabilità della gioventù italiana a rappresentarsi ed ad autodeterminarsi.
Le riunioni poche e formali, si risolsero in breve in discussioni sul sesso degli angeli nel migliore dei casi o sulla distribuzione di fondi per convegni ed incontri sul mondo giovanile nel peggiore dei casi. In realtà poi, dovendo distribuire pochissimi fondi (pare meno di cento milioni di lire), si trattò più che altro di distribuire sovvenzioni a pochi enti o associazioni, quasi mai di carattere giovanile e per convegni sul mondo delle nuove generazioni che avrebbero potuto benissimo svolgersi in altro periodo o in un altro anno, a conferma della denuncia di Lusetti e di altri dirigenti dei movimenti giovanili italiani di aver fornito sovvenzioni a mostre e convegni che erano pronti in precedenza già con attività di_ questa o quella associazione e non come contributo specifico per l'Anno Internazionale della Gioventù proclamato dalle Nazioni Unite. E per quanto concerne l'Italia poi, Lusetti, sempre nel discorso d'apertura, dopo aver ricordato l'impegno del movimento giovanile dc per il rilancio del Cigri (il Comitato italiano giovanile per le relazioni internazionali), e non solo per i problemi dei rapporti con l'estero, ma anche come organo di raccordo tra l'associazionismo giovanile per i problemi interni del Paese, osservò come sembravano sempre più (e tu tacile profeta) promesse da marinaio quelle che ogni anno si rinnovavano nei confronti dei giovani in Italia. Niente riforma della scuola secondaria, niente riforma degli ordinamenti universitari, niente preparazione post-scuola, avviamento alla professione zero, attesa per la legge sull'occupazione giovanile nel mezzogiorno, anticamera fissa ed istituzionale ormai per un piano del lavoro per i giovani. Promesse da marinaio dunque, senza dubbio. Cosa rimaneva da fare allora ad un movimento giovanile di partito, per di più di un partito di Governo? Sembra strano ma un movimento giovanile di partito, secondo Lussetti e la dirigenza del movimento giovanile dc, non deve solo agitarsi per rispondere a questa incuria nei confronti delle generazioni future, ma deve soprattutto autoformarsi, studiare, conoscere meglio e poi porsi al servizio non solo di sé stesso, o del partito a cui ci si riferisce, ma di tutti i giovani qualunque sia la loro tessera o la loro provenienza e fare battaglie comuni con quelle categorie emarginate allo stesso modo da una società consumista che, le molte sessioni di lavoro di Bergamo lo hanno dimostrato, tende ad emarginare non solo i giovani, ma tutte le categorie sociali improduttive (seèondo quale logica poi?), per cui anche gli anziani, le donne, gli handicappati, i deboli in genere. Per ciò le sessioni di lavoro di Bergamo '85 riguardarono dopo questa introduzione-denuncia di Renzo Lusetti i veri nodi politici del mondo giovanile ma non solo di questo, della società stessa, ed in modo anche autocritico. Così al confronto a viso aperto tra movimenti giovanili ed associazioni cattoliche «il Diavolo e l'acqua santa» ha fatto seguito «Viva le donne» (ovvero del maschilismo dc) una analisi impietosa della scarsa o «particolare» attenzione verso il mondo delle donne da parte del partito della Democrazia Cristiana, iscritti e vertice.
La terza sessione fu dedicata invece ad un tema più «alla moda», l'identità dei giovani analizzata specie nell'estate 1985 da sociologi e filosofi, ma mai dai protagonisti. Per ridare voce proprio a loro, i giovani, si parlò di «edonismo reaganiano, yuppies, paninari, rocchettari...». Un tentativo dunque non di parte, come era nelle premesse del GIO' 1. Al MGDC non interessava infatti ipotizzare il «tipico dc» o il «giovane dc doc», ma capire quali categorie veramente sono possibili e se sono possibili nel nostro Paese, al di là delle reminiscenze continue di questo o quel settimanale che non si sa mai bene se lancia o subisce una moda, invece che, come il diritto di cronaca imporrebbe, la fa oggetto di analisi e di racconto. Il tutto suffragato dalle parole degli esperti dello lard che solo un paio di anni fa presentarono in un libro edito dalla Franco Angeli, un primo studio sui giovani in Italia, con un carattere minimo (finalmente!) di opinione e una grande quantità di schede e di interviste a campione e quindi con un metro di scientificità. «Cosa faremo da grandi?» tu un'altra domanda chiave per le sessioni di lavoro, perché inevitabilmente oggi il lavoro per i giovani (che non c'è) diviene il cardine su cui impiantare tutto il resto del proprio divenire in questa società. A cosa serve tanta libertà senza avere poi la possibilità concreta di esercitarla? Quali possibili pressioni sono possibili per avere piani di impegno delle istituzioni in questo campo? Sia chiaro impegni non assistenziali, ma di promozione.
Ed infine la Pace. La grande utopia, o la possibile realtà solo che la si voglia, di tutte le giovani generazioni minacciate da nuovi armamenti, guerre dimenticate e la distruzione possibile del genere umano. Quasi a lanciare un ponte tra il GIO' 1 ed il GIO' Boat il primo festival nazionale dei giovani dc si concluse proprio con queste sessioni di lavoro sulla pace, con una relazione stupenda di Mons. Lori Capovilla, con i giovani dc in piedi ad applaudire Gabriel Valdes, gridando «Cile libero!» per dimostrare che la pace va anche costruita e non solo attesa.
Un ponte, davvero, per salire sull'Achille Lauro: una grande avventura di pace e di riflessione, che comincia ora.









