Anno internazionale della gioventù: promesse da marinaio?
Il 1985 è stato proclamato dalle Nazioni Unite, l'anno internazionale della gioventù, e come tale dedicato ai problemi, alle speranze, alle ansie dei giovani di tutto il mondo. In ogni paese è stato nominato un comitato nazionale per le iniziative per l'anno della gioventù, ed in Italia esso è stato posto direttamente alle dipendenze della Presidenza del Consiglio, presieduto dal sottosegretario agli Esteri, on. Susanna Agnelli.
In campo internazionale, la divisione in blocchi dei paesi non ha permesso di convocare un incontro unitario, ma per associazioni giovanili come quelle italiane, che hanno partecipato quasi senza pregiudizi al festival sia di Kingston che di Mosca, probabilmente ciò ha avuto solo effetti benefici, portandole a confronto con realtà diverse, talvolta poco conosciute.
Dove è il problema allora, si chiederà giustamente qualcuno? Il problema è molto semplice se si guarda al di là della mera ufficialità: i due festival internazionali hanno riscontrato limiti concreti nei cattivi rapporti di politica estera tra molti Stati, e le questioni preliminari hanno bloccato una discussione franca e concreta sui reali problemi della gioventù nel mondo.
Certo, i contatti personali, nati sulla disponibilità italiana, e che ha visto protagonista il movimento giovanile dc sia in Giamaica che in Russia, hanno fatto molto, ma l'assenza di un forte centro propulsivo dei lavori ha confermato la triste realtà della caduta di ruolo delle Nazioni Unite.
E in Italia? Neanche in Italia sono buone le notizie di questo anno dedicato ai giovani. Il Comitato Nazionale ha dimostrato poca rilevanza sin dall'inizio quando si è visto assegnare passivamente solo ottanta milioni di lire per l'attività di tutto un anno! Tra l'altro la composizione del comitato, già criticabilissima per un numero pletorico di membri, ha visto prevalere alti burocrati, a scapito della presenza delle associazioni e federazioni giovanili nazionali.
Questi fondi sono stati poi assegnati a convegni nazionali sulla condizione dei giovani che già da tempo erano stati iscritti nel calendario, e che hanno anche il vizio di presentare ricerche sui giovani senza alcun coinvolgimento diretto di essi, ma anzi affidandosi solo ai pareri, autorevoli quanto si vuole, di sociologi e studiosi vari.
In breve, può un movimento giovanile di un partito popolare come è la Democrazia Cristiana non porsi concretamente i problemi della gioventù italiana? E può la Democrazia Cristiana avere verso i giovani un comportamento meno paternalistico o demagogico di quello di altre forze politiche e sociali?
Ce lo diranno Lusetti, a nome dei giovani dc, e Piccoli a nome del Partito.

































