Partecipazione dei giovani alla politica
I grandi processi di trasformazione a cui assistiamo, anche se si presentano con effetti contraddittori, sembrano di fatto irreversibili; occorre perciò fin d'ora non subirli passivamente ma indicare nuove soluzioni e pensare a prospettive per il domani proprio partendo dalle difficoltà e dalle provocazioni dell'oggi. Queste parole, tratte dal documento dei vescovi lombardi "Affrontare la crisi" (1983), disegnano attentamente le motivazioni e le speranze che devono spingere i giovani ad un impegno politico. Giovani che danno l'impressione di avere un certo disagio nei confronti della politica.
In generale nella nostra società e, in particolare, trattando di giovani emerge la contraddittorietà dell'attuale momento storico a livello politico: ci sono varie ed evidenti manifestazioni di disagio, di malessere strutturale dove in una sorta di disincanto del giovane nei confronti della società, egli non trova la possibilità di avere una consequenzialità tra sforzi e risultati. L' esperienze infatti che il giovane fa in molti casi nelle scuole superiori e, per certi versi, anche all'università, è questa coscienza del non
senso di molti percorsi scolastici i quali lo abilitavano e lo spingevano in una direzione professionalizzante, mentre di fatto il titolo di studio, in molti casi, non riesce ad aprire le porte ad una occupazione in linea con esso. Da qui il dato contraddittorio e paradossale: tanto più i mass media sono attenti a questa situazione giovanile, tanto più ci si meraviglia del fatto che questa situazione di disagio non sfocia mai in una protesta sociale o politica significativa. Bisogna allora parlare di convivenza con la crisi, tratto tipico della nostra società che sembra aver fatto della crisi un motivo del suo equilibrio.
Si parla – e sono dati ufficiali – di 2/3 milioni di giovani disoccupati; se questa è la situazione ci sarebbe da ipotizzare una generazione conflittuale portatrice di una domanda sociale dirompente. Come mai questo non avviene? La risposta più logica ed immediata è che questo non avviene perché il nostro sistema sociale è una realtà in cui si riesce ad attutire tutta una serie di conflitti per caratteristiche strutturali. Da questo punto di vista poi si deve aggiungere che non c'è una specifica partecipazione sociale-politica, anzi si va verso una situazione complessivamente di disinteresse anche se è difficile fare delle generalizzazioni. Però il dato anche in questo caso è contraddittorio e paradossale perché, se è vero che per certi versi non c'è partecipazione sociale e politica, è per altri versi vero che c'è una certa qual attenzione.
Ad esempio, se interroghiamo i giovani sulle problematiche della pace, del volontariato, dei diritti civili ecc. notiamo come la loro coscienza media evidenzi un alto tasso di riflessività.
A mio avviso si ricava quindi che non si può analizzare l'attuale realtà politica con categorie univoche, ma occorre assumere delle categorie interpretative della realtà differenziando e articolando posizioni ed atteggiamenti.
É quindi su queste basi che il giovane deve affrontare il proprio impegno politico se vuole trarre delle risposte concrete all'interno di una società complessa come è quella in cui viviamo.


































