In questi anni si è sviluppata in molte piccole e grandi città italiane un'attenzione a come le istituzioni comu- nali possono intervenire per migliorare la condizione giovanile.
L'esperienza dei tentativi condotti per uscire dalla logica dell'intervento estemporaneo ci sembra abbastanza significativa da poterla raccogliere, ed elaborare da questa una proposta che impegni i giovani dc eletti nei rinnovati Consigli.
Occorre anzitutto diffondere una cultura amministrativa che vede nelle politiche giovanili degli Enti locali non un "lusso" o un di più graziosamente concesso ad una categoria debole di cittadini, ma un vero e proprio dovere opportunità per le istituzioni locali di rispondere ad una serie di bisogni nuovi,"post-materiali". I compiti dei Comuni, con l'avvento dello Stato sociale, si sono ampliati mettendo spesso a nudo l'insufficienza delle strutture burocratiche ed una mentalità
anacronistica degli amministratori, votati ad una concezione che identifica il governare la città con la politica "dell'asfalto" e delle grandi opere. Le politiche giovanili sono dunque un banco di prova per una "novità" culturale che vogliamo proporre come stile di governo di una realtà complessa come quella che ci sta di fronte.
I giovani dc concentrano il loro impegno su:
- le politiche istituzionali;
- le politiche di bilancio;
- il progetto giovani;
- i forum e le consulte;
- le leggi regionali a sostegno delle politiche giovanili.
Politiche istituzionali
La prima proposta che ci sentiamo di fare è quella di invertire la mentalità diffusa per cui gli strumenti istituzionali si creano solo dopo il venire in essere delle politiche giovanili.
É sbagliato, insomma, ritenere che possono facilmente affermarsi i contenuti delle politiche giovanili senza un'attenzione nuova alle forme istituzionali. Questa consapevolezza proviene prima di tutto dalle esperienze maturate negli Assessorati alla gioventù ed in altre iniziative consimili.
Dove mancano queste forme istituzionali, l'intervento dei Comuni non decolla. L'innovazione del modo con il quale l'ente locale si propone come soggetto – non unico – delle politiche della gioventù aiuta a generare i contenuti di queste politiche. Siamo quindi favorevoli alla massima diffusione di queste "forme" istituzionali quali l'attribuzione di deleghe assessorili per i problemi dei giovani e la creazione di coordinamenti tra i diversi settori dell'amministrazione comunale interessati alle politiche: è un modo per rendere stabile e per percepire come doveroso l'intervento degli Enti locali in questo campo. Ma poniamo anche in guardia rispetto alle facili illusioni che la mera "finzione" di forme istituzionali innovative possa generare qualcosa in più di quel che c'era prima. Vogliamo denunciare il rischio di una involuzione in chiave demagogica di queste possibilità.
Molti comuni sono stati solo superficialmente suggestionati dalla possibilità di pensare una politica per i giovani, ma non vanno oltre la soglia di aggiungere un'etichetta di facciata alle competenze preesistenti e sostanzialmente immutate di un assessore comunale.
Si aggirano in Italia molti falsi Assessorati alla Gioventù, che non coordinano nessuna azione o che al massimo gestiscono una sommatoria di interventi scollegati, non un "Progetto Giovani" coerente e impostato su un fecondo metodo di programmazione.
Questo rischio si verifica soprattutto nei comuni più piccoli, dove difficilmente si presenta come una delega esclusiva di un assessorato – come accade nei centri più grandi – ma come attribuzione che si aggiunge ad altre competenze.
Poiché i giovani dc credono all'innovazione istituzionale delle politiche giovanili, denunceremo quei casi in cui alla dichiarazione di intenti che esse contengono non seguirà il contenuto, gli omaggi servili ad una moda superficialmente imitata.
Oltre la diffusione degli assessorati alla gioventù, il vero problema è di come farli funzionare, nel rapporto con le competenze degli altri Assessorati e l'organizzazione tecnica dell 'Amministrazione comunale.
La condizione giovanile, correttamente assunta, è un problema "pervasivo", non facilmente ingabbiabile nell'ambito rigido di una competenza assessorile.
Per evitare che vi sia – nonostante la delega specifica ad un assessore – la frantumazione dell'intervento del comune nei canali ordinari delle attività dei singoli settori (sport, servizi sociali, cultura) proponiamo di affiancare all'assessore ai problemi giovanili un "coordinamento interassessorile"che si riunisca ogni qualvolta c'è da creare sinergie su un'azione del comune rivolta al mondo giovanile.
Si tratta di realizzare un sistema di "doppia chiave" per cui sussista un obbligo di consultazione su tutte le iniziative rivolte ai giovani che non risultino nel "piano" gestito dall'assessorato competente. I giovani dc eletti utilizzeranno gli strumenti offerti dalla legge di riforma delle autonomie locali per rafforzare queste proposte.
In particolare cercheremo di inserire nello Statuto di cui ogni Comune dovrà autonomamente dotarsi, gli obblighi di concertazione e coordinamento delle politiche giovanili, per slegare dalle possibili cattive volontà politiche delle amministrazioni che si avvicendano.
Un capitolo di un'ideale "carta dei diritti dei giovani" può essere scritto anche costruendo il comune come interlocutore "Istituzionale".
Le politiche del bilancio
Innovare le forme istituzionali per le politiche giovanili, trovando contenuti inediti all'azione degli Enti locali, deve avere a nostro avviso un corrispondente nelle loro politiche di bilancio.
I giovani consiglieri comunali della Dc chiederanno che i bilanci degli Enti locali siano qualificati da una "voce" destinata specificatamente agli interventi speciali dei comuni a favore dei giovani, percentualmente non inferiori all' 1% delle spese correnti (escluse naturalmente tutte le spese per gli altri settori, come ad esempio lo sport, che pure interessano un'utenza giovane). Riteniamo questa una scelta politica rilevante, nel momento in cui i comuni accrescono le loro funzioni e sono investiti da una domanda sociale crescente alla quale non corrispondono risorse adeguate. Vogliamo creare un vincolo di destinazione per una certa quota della spesa pubblica per le politiche giovanili, come garanzia più forte della semplice volontà ad operare a "favore dei giovani", che solitamente si iscrive tra i rituali obbligati delle dichiarazioni programmatiche delle nuove giunte. Non dimentichiamo che in molte realtà locali i giovani sono una porzione "debole" della società, e come tali esposti a subire senza sensibili reazioni i meccanismi di potere che si instaurano all'interno delle giunte comunali. L'errata considerazione che le politiche giovanili siano un "lusso" per i comuni (facile alibi che nasconde il disimpegno voluto), fa sì che molto spesso agguerrite rappresentanze "decisioniste" saccheggino i bilanci a destinazione generica, senza che una lira sia stata spesa per interventi sulla condizione giovanile.
Istituire forme rigide di bilancio serve a rafforzare un interesse debole, quello dei giovani, mettendolo al riparo (o facendolo partecipare a titolo meno imperfetto) dalle regole non scritte dello "scambio politico".
Quello che proponiamo per i comuni italiani, è un bilancio per progetti. Se – oltre all'assegnazione di un congruo fondo ali'Assessorato alla Gioventù – ogni settore avrà una quota vincolata alle politiche giovanili, da spendere nel contesto di un "Progetto Giovani", incentiveremo un'alta maturità di elaborazione delle politiche.
Vogliamo, insomma, che i comuni concepiscano in maniera unitaria ed organica il proprio intervento e adeguino a questo metodo di programmazione le proprie capacità da spendere intelligentemente. Dobbiamo però renderci conto che il presupposto della nostra impostazione è l'effettiva destinazione di risorse per l'intervento a favore dei giovani. Oggi il tema della finanza locale è certamente uno dei nodi irrisolti del rapporto Stato-Autonomie. E sappiamo bene come il criterio della "spesa storica" che rimodellò i trasferimenti dallo Stato ai comuni abbia sostanzialmente penalizzato i centri del Meridione.
Questo squilibrio va eliminato anche per quanto incide sulle possibilità che i Comuni intervengano a favore dei giovani, con un impegno che certo è del Governo e del Parlamento, ma che non deve lasciare indifferenti le regioni.
Una “legge giovani” per ogni regione
L'esperienza di questi anni ci dimostra che se non si creano collaborazioni e sinergie con altri soggetti qualificati (la scuola,l'università, le Usll,le provincie, le regioni) i comuni, da soli, non ce la fanno.
Tuttavia, le regioni che hanno ritenuto doveroso intervenire con la legge sulle politiche giovanili rappresentano ancora una eccezione. I giovani dc proporranno in ogni regione una legge quadro che coordini e sostenga le politiche giovanili, che crei responsabilità identificabili e detti direttive agli esecutivi regionali.
L'indicazione di massima che offriamo alla valutazione delle singole esigenze regionali è quella di leggi che escludono un'azione di tipo centralistico, burocratico, simil-ministeriale.
Gli interlocutori, i referenti delle regioni devono essere i comuni, i loro consorzi di gestione dei progetti giovani, l'associazionismo giovanile, da riconoscere individuandone un modello non astratto, con caratteristiche che garantiscono un minimo di stabilità alle varie forme di aggregazione.
Non vediamo un ruolo delle regioni di tipo gestionale perché la dimensione "naturale" delle politiche giovanili è quella di una comunità che si riconosce e che identifica i suoi bisogni e i suoi problemi. Ed anche una programmazione regionale pedante, che volesse entrare nel dettaglio, che creasse vincoli rigidi, sarebbe un esercizio pretenzioso quanto alle finalità e scorretto nell'impostazione di un rapporto di collaborazione con le realtà locali rispettoso delle reciproche competenze. La sede di elaborazione delle politiche e di attuazione degli interventi e dei servizi rimane essenzialmente quella comunale.
Certo, c'è un problema di dimensione dell'intervento a favore dei giovani. Nei piccoli comuni che vivono più drammaticamente la crisi finanziaria degli enti locali e spesso sono costretti a poco più del!'ordinaria amministrazione, accade spesso che l'esiguo "bacino d'utenza" inibisca fortemente gli amministratori a proporsi iniziative in questo campo. Eppure sappiamo che proprio nei centri piccoli e piccolissimi si manifestano forme di disagio, noia e carenza di spazi per il tempo libero non meno gravi, anche se silenziosamente accettate. Se quindi ritenessimo valida l'equazione piccolo comune uguale inattuabilità delle politiche giovanili assisteremmo al paradosso inaccettabile di un fatale immobilismo nelle realtà in cui più gravi si presentano i termini della condizione giovanile.
É in queste realtà che vanno fatti gli sforzi più grandi ponendo alla prova l'impegno di una generazione di giovani amministratori che nei centri minori trova più spazio per un graduale avvicendamento del "personale politico". Bisogna vincere la sfida contro le risorse esigue e i bacini d'utenza troppo ristretti. Ma i nemici veri delle politiche giovanili nelle piccole comunità sono la mancanza di cultura della programmazione e l'ombra del campanile che "disturba" la collaborazione tra centri diversi. La strada che indicano i giovani dc è quella delle sinergie da cercare, del lavorare insieme, della costituzione di consorzi, della stipula di convenzioni e di accordi di programma (queste ultime opportunità offerte e caldeggiate dalla legge di riforma delle Autonomie locali). Cominciamo a pensare alle politiche giovanili come ad un "bene" da offrire alla comunità, che i comuni si attrezzano a gestire con forme istituzionali ad hoc, come già fanno per l'acqua, il territorio, i piani turistici, i trasporti, la sanità.
É soprattutto in vista di questa situazione che il sostegno delle regioni alle politiche giovanili dovrebbe svolgersi nell'offrire gli strumenti finanziari per consentire a tutti i comuni la possibilità di poter seriamente attuare una loro progettualità.
Un servizio utile da attivare in ogni realtà regionale è la costituzione di un "osservatorio delle politiche giovanili". Pensiamo, più che ad un organo di indirizzo generale e vincolante sul concreto da fare, comune per comune, ad un'agenzia che raccorda e censisce la realizzazione dei progetti, fornisce la consulenza per la fase di progettazione, promuove gli scambi necessari allo sviluppo delle diverse esperienze, sollecita la costituzione dei consorzi e la stipula delle convenzioni tra i comuni. Crediamo ad un concerto effettivo della azione della regione e dei comuni, realizzato da un organismo che veda al suo interno le principali presenze delle aggregazioni giovanili diffuse a livello regionale, con effettivi spazi di potere decisionale, non meramente consultivo. In ultima analisi, il compito delle regioni dovrebbe essere quello di offrire una leva finanziaria e di creare un quadro legislativo di riferimento per costruire una rete di "pari opportunità" alle comunità che si attrezzano a realizzare le politiche giovanili.
Sarebbe opportuno che le regioni legassero il loro intervento alla disponibilità dei comuni a dotarsi di forme istituzionali di coordinamento delle politiche giovanili (alla condizione che queste siano davvero tali, cioè ad un livello accettabile e adeguato di progettualità) a favorire le svariate forme di aggregazione e volontariato giovanile.
Quali contenuti alle politiche?
Se queste sono le condizioni per "organizzare la risposta" alle domande dei giovani, i contenuti delle politiche a loro vantaggio verranno da un'attenta analisi dei bisogni delle comunità locali. Non esistol_!_o "progetti giovani" da prendere a rigido modello e da esportare. Il metodo che i giovani dc propongono è quello di una accurata mappatura delle aggregazioni, delle soggettualità e dei bisogni giovanili di una realtà. Ci si accorgerà di quanto poco il mondo giovanile sia piatto e amorfo. Anzi, la ricchezza e la pluralità dell 'esperienze aggregative creeranno qualche problema di ricomposizione degli interessi e delle disponibilità.
Il loro contenuto di fondo che vorremmo attribuire alle politiche giovanili è anzitutto quello di essere interventi "a favore" e "con" i giovani e non solo eventi ad oggetto passivo i giovani. Dovrebbe essere ormai evidente il rifiuto da parte del mondo giovanile di ogni impostazione giacobina, imposta dall'alto e manipolatrice di valori che verranno invece accolti, rispettati e valorizzati: la socialità, la solidarietà, la crescita umana e culturale della persona, l'attenzione agli "ultimi".
Senza voler essere esaustivi, i filoni di intervento che individuiamo per le politiche giovanili sono quelli del tempo libero, degli spazi per le aggregazioni giovanili spontanee, per l'associazionismo storico e il volontariato; sono ancora i sistemi informativi capillari o polarizzati negli "informagiovani", il lavoro e la formazione professionale e imprenditoriale, la prevenzione e il recupero delle devianze e dell'emarginazione.
I giovani dc non condividono le realizzazioni mistificanti e burocratizzate che è dato in questo campo osservare nella realtà italiana: brutti esiti specie della cultura di governo comunista, che in fondo non crede alle possibilità espansive e di autogestione della società civile, e tenta di trasformare anche queste esperienze in forme occulte di controllo sociale.
É il caso dei "centri giovani" gestiti da solerti funzionari comunali con qualche asprezza pedagogica e rigidità ideologica di troppo: a volte vere e proprie anacronistiche riproduzioni delle vecchie case del popolo. Respingiamo inoltre ogni altro tentativo di millantare gli agitprop di partito come "operatori culturali".
Si tratta invece di approntare sedi e strutture in cui il tempo libero dei giovani non coincida con il tempo vuoto o col tempo del consumo, spazi di riunione attrezzati per le diverse attività: dagli incontri culturali alla lettura, dall'ascolto di musica alla sua "produzione" per le band giovanili che non sanno dove provare e registrare, sino alle videoteche e alle strutture dove le associazioni abbiano a disposizione una piccola tipografia da utilizzare a turno e gratuitamente per le loro pubblicazioni. La scelta che proponiamo ai comuni è la responsabilizzazione delle associazioni giovanili nelle gestioni delle strutture, e la garanzia degli accessi concreti ad una fascia di utenti effettivamente giovani. Altrimenti può accadere che chi usufruisce delle strutture siano più i trentenni urbani sicuri della loro condizione che i diciottenni intimiditi e distanti da un servizio che non sentono loro.
É da proporre a questo proposito uno spazio ulteriore per far entrare le scuole secondarie inferiori e l'università nel "Progetto giovani", dando una dimensione cittadina che integri e attualizzi le vecchie "attività parascolastiche" e collaborando con i distretti per l'orientamento scolastico e professionale.
Gli interventi possono evolvere in questo modo sino ad affrontare uno dei gap più avvertiti dalla sensibilità giovanile: quello dell'informazione. Il "sapere le cose" è la premessa per muoversi nel sociale, per conoscere le occasioni di lavoro, un'iniziativa culturale che interessa, un'occasione per impiegare intelligentemente il tempo libero.
L'utilizzazione di agili strutture informatiche per acquisire, elaborare e diffondere le informazioni, con terminali direttamente attingibili dagli utenti, può creare nuovi flussi di comunicazione interattiva, che vedono i giovani protagonisti dell'imput di notizie che coinvolgono il loro campo di interesse. La relativa facilità dei collegamenti in rete può così rendere possibili anche interventi innovativi nell'ambito delle politiche del diritto allo studio. Perché non cercare le opportune collaborazioni con l 'università per far giungere nelle realtà che non sono sedi di ateneo le notizie su servizi, piani di studio, sessioni di esame, accesso a distanza ai titoli disponibili nelle biblioteche?
La difficile rappresentanza
Esiste certamente un problema di rappresentanza politica per i giovani, più accentuato e più difficile di quanto lo sia per gli altri segmenti della società civile. Abbiamo richiamato precedentemente l'espulsione dei giovani dai fondamentali processi decisionali che si formano a livello locale.
In anni passati si è tentato di trasferire la tensione partecipativa del post '68 in contenitori istituzionali. Le prime "consulte giovanili" nascono così. Muoiono consumandosi come surrogati assembleari di una impossibile ma desiderata democrazia diretta.
I forum e le consulte delle esperienze locali degli anni '80 ridimensionano le attese. Si accontentano di fare da "ponte" tra giovani e istituzioni, in un tempo in cui ogni tramite per riaffezionare i giovani alla politica dovrebbe essere utilizzato. Partecipano, infatti, alle consulte solitamente le rappresentanze dei movimenti giovanili dei partiti e delle principali associazioni presenti nella città. É evidente il rischio che tali organismi presentino i difetti dei parlamentini fotocopiati, ripetendo gli schemi e le proporzioni dei consigli comunali che li hanno nominati. Non sempre accade o è accaduto così, ma quando il rapporto con la società giovanile è inesistente, la tentazione di risolvere il problema con la pratica "lottizzatrice" è molto forte. É chiaro che questa impostazione, che fa cadere dall'alto e che a volte sopraffà le esperienze vive del mondo giovanile, va rifiutata.
L'ideale sarebbe una sollecitudine dal basso, una richiesta forte a voler contare e ad essere considerati interlocutori dei comuni da parte delle associazioni giovanili politiche, culturali, musicali, sportive.
L'incontro tra un'istituzione che si apre e i "mondi vitali" delle realtà giovanili che riescono a realizzare una loro rappresentanza evita alle consulte il sapore di "gentile concessione" e al Consiglio comunale il ruolo di sovrano saggio, illuminato e tuttavia distante.
La nostra scelta a favore dell'istituzione di forum e delle consulte non va confusa con una concezione "separatista" della rappresentanza, come la riproposizione di "repubbliche dei giovani" giustapposte alle Istituzioni democratiche. I giovani dc rifiutano soprattutto la partecipazione senza potere, che immiserisce e svuota di senso l'impegno di·chi si avvicina per la prima volta alla politica. Questa vale come esperienza di maturazione civile solo se riesce a scrollarsi di dosso la deformazione giovanilistica con cui nasce, solo se riesce a superare se stessa rompendo gli argini ed entrando nella politica adulta. A diciotto anni una persona può esercitare il diritto di elettorato attivo e passivo, può cioè votare ed essere eletto nei consigli comunali e circoscrizionali. La consulta come forma istituzionale specifica della rappresentanza giovanile risulterà utile solo se non conduce a dimenticare questa possibilità, solo se non "allontana l'approdo", la via di uscita di un'infanzia artificiale.
La verità è che siamo costretti a proporre ancora•le consulenze e i forum, come strumenti ulteriori di rappresentanza giovanile, perché non è soddisfacente la partecipazione politica. Ecco che allora questi momenti, diventano acceleratori del protagonismo giovanile: almeno di quello dei giovani coinvolti nelle associazioni e nei movimenti che vi partecipano.
C'è poi un aspetto da non sottovalutare e che a nostro avviso scioglie ogni dubbio residuo sull'utilità delle consulte e dei forum, oltre la loro funzione di ponte fra l'ambiente sociale e giovanile e l'istituzione irraggiungibile. Esso riguarda il concetto di svolgersi dell'azione politica dei giovani nei comuni. Lo stile paternalistico di tanti interventi votati all'insuccesso è in gran parte frutto di un'impostazione che ingenuamente (molto spesso in buona fede) pretende di proporre per i giovani, ma non con i giovani.
Un progetto che nasca senza aver creato questa corrispondenza, difficilmente decolla.
Allora le consulte assumono il compito di coordinare la soggettualità potenzialmente e concretamente protagoniste del piano giovani, le associazioni, i movimenti, i gruppi informali che fanno marciare le politiche giovanili dei comuni. L'Ente locale, nelle condizioni ottimali, dovrebbe innescare un processo che si alimenta poi, da solo se è giusta l'idea che sta alla base del progetto e la comunità giovanile reagisce alle sole citazioni, è capace di assumersi responsabilità di gestioni.
I giovani offrono un nuovo stile: trasparenza e partecipazione
La legge di riforma delle autonomie locali prevede una serie di competenze nuove tra Giunta e Consiglio. A questo spettano solo gli atti più importanti della vita comunale, e compiti di indirizzo e controllo sulle attività generali dell'amministrazione. Le giunte comunali svolgeranno tutta l'attività esecutiva, oggi sottoposta a defaticanti lavori consiliari. É la fine di un sistema fortemente marcato dall'impronta giuridico-amministrativa di un Ente locale con pochi compiti ed espressione di gruppi elitari di cittadini.
Ma non basta recuperare livelli accettabili di efficienza alla macchina comunale per riavvicinare i cittadini alla "casa comune" delle istituzioni locali.
Spesso la loro disaffezione è dovuta ad un atteggiamento ostile della pubblica amministrazione che non raramente considera i cittadini come estranei, utenti curiosi e molesti di servizi e prestazioni graziosamente concessi, e non come titolari di diritti. Se aggiungiamo a questi comportamenti condannabili un'ordinamento che sembra per certi suoi aspetti favorire il culto della segretezza e l'accessibilità agli atti di governo delle città, si comprende come è sempre più necessario sviluppare nei nostri comuni logiche e stili di "trasparenza".
I giovani dc eletti proporranno all 'approvazione degli statuti di cui ogni comune dovrà dotarsi un regime di massima pubblicità degli atti dell'Amministrazione, anche attraverso le raccolte e bollettini da diffondere gratuitamente. É il primo passo da compiere per risollecitare la partecipazione e il giudizio democratico dei cittadini alla gestione della cosa pubblica, e porre con forza il problema della effettività dei loro diritti. É nostra convinzione che in ogni comune l'opinione pubblica e i singoli debbano avere un quadro realistico di tutti gli atti che riguardano la collettività.
Questa insistenza per il controllo democratico sulle spese degli enti locali ha sostanzialmente due ragioni. La prima è quella di combattere un atteggiamento di delega in bianco, la mentalità del "non disturbare il manovratore", l'esclusione del cittadino dai procedimenti che lo investono anche personalmente.
La seconda ragione è che gran parte della reazione negativa nei confronti della politica nasce da fenomeni di corruzione legati all'uso distorto del denaro pubblico. Qui non basta fermarsi alla invettiva o alla denuncia, attribuendo alla Magistratura un ruolo di "supplenza" politica che essa per prima rifiuta. Non identifichiamo la questione morale con la questione penale.
Riteniamo che la moralità della vita politica debba comprendere e andare oltre il "non rubare", ma attenga anche al profilo di efficacia delle sue azioni, alla oculatezza delle sue scelte, sempre da verificare con spirito critico. E su che altro dovrebbe esercitarsi un giudizio consapevole degli elettori.
Si tratta di intensificare gli sforzi per rendere davvero trasparente ogni atto del potere locale, e soprattutto quello dove gli amministratori operano una qualche scelta discrezionale. Non possiamo lasciare alla onestà personale dei singoli amministratori l'evitare che si verifichino commistioni tra affari e politica.
La richiesta di regole e moralità è diventata talmente forte che va trasformata in dato istituzionale dei comportamenti amministrativi.
Una forma di controllo efficace dei cittadini sulla spesa dei comuni, delle province e delle regioni proponiamo di realizzarla attraverso dei "terminali di bilancio".
Vogliamo rendere possibile – attravero una consultazione accessibile a tutti – sapere quando, come e per che cosa vengono impiegate le risorse pubbliche, in ogni loro movimentazione in tempo reale.
I giovani dc propongono che ogni regione istituisca una propria rete di "terminali di bilancio" attingibili dai cittadini di ogni comune, nelle sedi degli "informa giovani" e delle associazioni politiche, sindacali e culturali più rappresentative; e altrettanto proponiamo ad ogni ente locale per quanto attiene le proprie spese e le proprie decisioni. I giovani dc eletti nei rinnovati consigli comunali proporranno all'approvazione degli statuti norme di comportamento delle amministrazioni che rendano "trasparenti" le assegnazioni di appalti e incarichi di consulenza, con l'adeguamento, per i primi, alla legislazione comunitaria in materia.
Uno stile nuovo nella gestione degli appalti e delle forniture consente senza dubbio l'ingresso nel mercato di forze imprenditoriali nuove e della cooperazione giovanile, oggi intimidite e diffidenti verso un sistema labirintico ed intricato.
Spesso queste insidie procedurali nascondono la volontà di escludere alcuni imprenditori e di favorirne altri, inquinando la correttezza del rapporto tra i poteri locali e il sistema economico. Altre volte accade che vere e proprie lobbies di progettisti e consulenti, facendo leva sulla debolezza degli uffici degli enti locali e la scarsa diffusione di una cultura progettuale, si sostituiscano alle assemblee elette – e molto spesso anche alle giunte – nella elaborazione delle linee di sviluppo di parti importanti del Paese, esercitando un potere di condizionamento assolutamente estraneo alla normale dialettica democratica tra gli interessi, i bisogni e le risorse.
Decisamente da combattere appare poi il meccanismo perverso che si crea nei grossi appalti con la revisione dei prezzi in corso d'opera.
Questo provoca la grave disfunzione delle gare d'appalto "drogate" da imprese che concorrono al ribasso dei prezzi, sicure di poter successivamente adeguare le amministrazioni pubbliche a costi molto superiori di una o due volte quelli di partenza.
Così gli enti locali non sono quasi mai in grado di sapere quanto realmente un'opera pubblica peserà sulle loro finanze, e tra le gente si alimenta il sospetto che dietro le lentezze e le "incompiute" vi sia un gioco concordato tra politici e imprenditori.
I giovani dc ritengono questo un aspetto imprescindibile della "questione morale" che i nuovi consigli comunali e regionali devono affrontare per evitare la corrosione di credibilità alla quale sono esposti.
Crediamo che per garantire l'accesso di tutte le forze imprenditoriali alle gare per la realizzazione di opere pubbliche, debbano diffondersi con la massima tempestività e pubblicità i bandi di concorso, lasciando alle imprese un congruo margine di tempo per la presentazione di progetti ed offerte, eliminando i termini capestro che avvantaggiano solo i concorrenti preavvertiti dell'iniziativa pubblica.
In un'ottica di trasparenza e programmazione, proporremo che le giunte, alla approvazione di ogni bilancio sottopongano ai consigli l'elenco delle opere di cui si prevede l'affidamento e le modalità con cui intendono affidare i lavori, in modo che tutti gli operatori e la comunità conoscano per tempo l'entità e la qualità degli investimenti produttivi. Per rendere possibile il controllo delle realizzazioni e un giudizio sulle capacità di gestione degli amministratori, proporremo come norma di comportamento di tutti gli Assessorati interessati l'elenco delle imprese che hanno in corso di realizzazione le opere pubbliche, con l'indicazione esatta dell'importo dell'opera appaltata, della data originariamente fissata per l'ultimazione dei lavori, delle eventuali proroghe, delle varianti in corso d'opera eventualmente approvate. Di ogni sospensione dei lavori chiederemo la causa e la durata.
Analoghe forme di pubblicità proporremo sui criteri di scelta e la selezione concreta di tutti i consulenti esterni ai quali gli enti locali affidano progetti ed interventi che potrebbero svolgere con risorse umane e professionali proprie, anche in previsione della possibilità che gli statuti comunali prevedano che gli incarichi di responsabilità dirigenziale o di alta specializzazione vengano affidati tramite contratti di diritto privato.




































