La nostra richiesta: chiarezza
Ragionare in prospettiva risulta, oggi, sempre più difficile. Soprattutto una politica. La miopia che investe questa stagione della politica appare sempre più condizionala, nei confronti del sistema, dall'esito della consultazione elettorale del 12 maggio.
Gli operatori politici non sanno guardare oltre: la stessa elezione per il Presidente della Repubblica appare così lontana da rendersi impercettibile agli occhi anche di coloro che sono impegnati direttamente nelle istituzioni.
Tulli i partiti sono già entrati nell'arena politica delle elezioni amministrative, e così anche la DC si sta apprestando a compiere una campagna elettorale tanto importante quanto difficile, forse la più difficile della sua storia.
L'obiettivo prioritario è sen=a dubbio quello dell'acquisizione del consenso, ma ques1a volta entrano in gioco diversi altri fattori, quali gli effetti che potrebbero avere la proiezione immediata del risultato elettorale sulle prospettive del pentapartito, le conseguenze che deriverebbero da un eventuale sorpasso del PCI.
Ma abbiamo parlato di acquisizione e non di cattura del consenso e poiché la DC e il PCI sono due partili alternativi nella gestione del potere, il consenso che vogliamo acquisire si dovrà basare su una proposta di gestione alternativa, rispetto a quella del PCI, del governo locale.
Non possiamo quindi affrontare i comunisti sul piano ideologico, non staremmo al passo della storia; dobbiamo invece qualificare con i contenuti il nostro anticomunismo denunciando gli effetti del loro modo di governare. La corruzione di certi loro amministratori o di tecnici di «area» diventa un fatto di moralità politica, così come fa copertura tout court di tutti gli spazi della società civile laddove essi governano diviene un modo soffocante di gestire le istituzioni.
Ma qualificare l'anticomunismo vuol dire anche denunciare il carattere burocratico e pragmatico della concezione della politica del PCI.
Una politica, quella del PCI, priva di dimensione strategica e di riferimenti ideali, così come ha dimostrato con la sua recente proposta di «rivoluzione copernicana».
Da questo anticomunismo qualificato deriva il vero obiettivo elettorale della Democrazia Cristiana.
La chiave di lettura di questo appuntamento elettorale non può e non deve guardare solo al dato complessivo nazionale. Non contano le variazioni in percentuale in aumento o in diminuzione dei consensi calcolati sull'intero territorio nazionale; ciò che conta è creare una base di consenso su una proposta di governo della città che permetta alla DC, da una parte, di consolidare le sue posizioni e dall'altra di puntare ad una credibile alternativa di governo rispetto alle «mitiche» giunte rosse che hanno esaurito ormai, nel peggiore dei modi, il loro fascino che sapeva troppo di effimero.
Ma per far questo occorre rendere strategica l'attuale coalizione nel governo centrale.
Troppo spesso questo pentapartito dà l'impressione di fermarsi allo stato di necessità e di non andare oltre: occorre invece andare oltre. Si rende necessario cioè individuare una strategia complessiva di risanamento che dia spessore politico a questa alleanza tra la DC e i partiti di area socialista e di area laica.
Ma l'alleanza strategica di questa portata richiede lealtà da parte degli alleati (lealtà che non si è sempre manifestata}, alternanza alla guida del governo, coerenza nella formazione delle giunte locali, onestà e chiarezza per quanto riguarda l'elezione della Presidenza della Repubblica, pensando maggiormente all'esercizio di una funzione piuttosto che alla leadership del personaggio.
Questo con gli alleati di governo è un rapporto esigente, così come diviene esigente la necessità del dialogo con l'opposizione comunista.
La democrazia italiana non dovrà fondarsi su «aghi della bilancia», è la stessa coalizione di governo che divide la bilancia della democrazia sottoposta al giudizio (leggi «peso») degli elettori, e in esse perno centrale è la Democrazia Cristiana, che svolge un ruolo insostituibile per l'equilibrio di questa nostra democrazia.
Ma la DC dovrà tornare a meritare la sua «centralità», nel panorama politico italiano cioè la capacità di essere soggetto politico che esprime una progettualità di ampio respiro e la volontà di essere concretamente il «partito del paese»: la Democrazia Cristiana sarà il fulcro della democrazia nel nostro paese se saprà veramente interpellare e interpretare tutta la società.



































