Argomento difficile quello affrontato dalla terza e ultima sezione del catalogo della Festa.
Si tratta di spiegare la cultura sturziana delle autonomie senza confonderla con le contese di campanile, di affrontare il laccio della criminalità organizzata, la metamorfosi delle mille etnie e religioni, la crisi dei valori che alimenta la droga, la crisi della politica che produce la corruzione e le Leghe.
Mille sono gli elementi che ci portano a parlare di cento italie: mentre il deposito medio in conto corrente ad Aosta è di 38 milioni, la Calabria è l'ultima delle 115 regioni individuate dalla Comunità Europea; mentre la ricca Brianza organizza la rivolta fiscale di Bossi e alimenta le Leghe nelle città meglio amministrate di Italia, a Gela in Sicilia si muore per piombo come a Bogotà. Il reddito medio degli abitanti di Mantova nel 1989 è di 26 milioni di lire e spiccioli, quello di Agrigento – che chiude la classifica – è poco meno di 10 milioni ad abitante. Eppure, secondo lo Svimez, il Sud cresce ad un tasso superiore a quello del Nord dell'Italia: 3,1% nel 1990 contro il 2,1% del resto del Paese, crisi agricola a parte. Consuma anche di più: 2,7% contro il 2,2% del Nord. Ma questa ricchezza produce meno investimenti, meno occupazione (20% di disoccupazione al Sud contro il 7% del Nord). Un benessere senza sviluppo. E il Sud detiene ogni primato negativo sulla criminalità: il 76% degli omicidi del Paese è avvenuto in tre regioni meridionali. Gli italiani inondano il Comune di S. Luca in Aspromonte con lettere grondanti razzismo e vendetta. È vicino a questo paesino, infatti, che sono avvenuti molti degli ultimi scambi tra sequestratori e familiari delle vittime; è qui che si trova il posto telefonico pubblico (al bivio della strada per l'Aspromonte) che non ha mai subìto atti di vandalismo, frequenti nel resto del Mezzogiorno.
L'Istat conferma che tutto, dai consumi alle infrastrutture, dalla vendita dei giornali alt' attaccamento ai valori del matrimonio, è diverso fra il Nord e il Sud. Giorgio Bocca ha scritto su quest'argomento un libretto inquietante, sicuramente controproducente "La disunità d'Italia" enfatizzando una diversità quasi antropologica fra i due tipi di italiani. Di questo libro riportiamo solo due citazioni politiche che ci sembrano significative, la prima di Giorgio Ruffolo, la seconda di Rino Nicolosi. Afferma Ruffolo "Mai come negli ultimi 50 anni, l'obiettivo dell'unificazione economica e sociale di Italia è parso così amaramente lontano e frustrato. Nel Sud si chiede al Governo protezione. Nel Nord si chiede autonomia. Nei due casi il sistema politico è implicitamente giudicato incapace a governare". Fa eco Nicolosi "Sappiamo in molti che qui al Sud siamo ormai vicini al punto del non ritorno e che i nostri problemi irrisolti pongono, prima o poi, una questione di democrazia a tutto il Paese".
È questo quadro disarmonico che ha portato l'Onu a collocarci solo al 18° posto nella graduatoria mondiale della qualità della vita e solo al 21° in quella, forse più importante, della "democrazia reale", del rispetto di 40 diritti fondamentali di cui l'Italia ne assolve solo 29 (l'Iraq 0 su 40, Libia e Romania 1 su 40), superata anche da Portogallo, Costarica, Papuasia. Andiamo dunque ad esplorare quest'Italia divisa e lacerata, con la consapevolezza che solo valori di rinnovata unità nazionale possono, senza retorica, aiutarci a superare un periodo di straordinaria difficoltà, e che risposte demagogiche e scorciatoie politiche alimentano solo i disagi senza ipotizzare alcun rimedio.
Ancora una volta si ripropone la domanda: sono in grado i partiti – e la Democrazia Cristiana – di modificare i propri comportamenti, di inventare nuove regole e nuove sintesi per rilegittimare la propria presenza unificante in un Paese diviso?






























