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4ª sessione

Gli anni dell'incognita: disoccupazione giovanile e giustizia sociale

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Nuova Politica - Gli anni dell'incognita: disoccupazione giovanile e giustizia sociale

Dalla fine del secondo conflitto mondiale le prospettive per l'occupazione in Europa non sono mai state così funeree come in questo periodo.

Mentre con il passare del tempo, per un ricambio quasi biologico, le industrie create nei secoli XIX e XX vanno chiudendo per l'esaurimento totale o parziale del loro settore produttivo, restano ancora al livello della prima infanzia quelle che dovranno assicurare dopo il Duemila l'occupazione ad una enorme massa di giovani. E che almeno l'età scolare avrebbero dovuto raggiungerla da diverso tempo. Il risultato: una ventina di milioni di disoccupati, quasi il 13 percento della forza lavoro complessiva nella sola Europa Occidentale. Senza contare che la cifra record di sette milioni di posti di lavoro creati dall'inizio degli anni '80 dalla economia statunitense (senza voler entrare nel merito dei pregi o meno della reagonomics) è un traguardo ben lontano dalle possibilità delle varie economie nazionali europee, che complessivamente di nuovi posti di lavoro ne hanno creati molto meno. In Francia, ad esempio, il tasso di disoccupazione ha continuato peraltro a crescere anche a giugno e luglio. La crisi del sistema economico intuito da Keynes fa del fenomeno un dilemma non più unicamente congiunturale, ma strutturale.

Lord Keynes aveva di fronte il terribile esempio della crisi del 1929, e dei suoi effetti sulle economie, ma non solo su quelle, in Europa, Ed aveva concluso che, una volta raggiunto l'equilibrio del sistema economico e con esso il solo parziale impiego del fattore lavoro, era sempre meglio per la comunità che lo Stato si incaricasse di far chiudere dai disoccupati tutte le banconote nelle sue casse in altrettante bottiglie da seppellire e disseppellire in continuazione piuttosto che lasciare che i giovani non avessero una occupazione.

Ora quel modello, anch'esso perché in economia non esiste nulla di eterno, si è esaurito. E le possibilità di recuperarlo sono minime. Se non altro perché la società dell'ultimo scorcio del ventesimo secolo è ben diversa da quella del primo dopoguerra o degli anni '50. In Italia, ma anche in Germania Federale ed in altri paesi, la disoccupazione giovanile è soprattutto intellettuale. Non sono i tecnici specializzati che hanno bisogno di un impiego, ma i diplomati ed i laureati. Il che complica ulteriormente le cose: nessuno di loro sembra disposto a costruire piramidi. Sono proprio le piramidi, ha affermato una volta in un convegno Sylos Labini, che non vanno. Pe due motivi, entrambi strettamente legati al cambiamento della società italiana ed occidentale degli ultimi venti anni. Il primo è che dietro alla prodigalità del welfare state si nascondono anche giochi politici che non fanno l'interesse della comunità. Il secondo è che costruire piramidi sarebbe, per la maggior parte dei giovani, frustrante. Il vero fine del sistema economico, e la cosa è stata ricordata in due diverse occasioni dalla conferenza episcopale statunitense allo stesso presidente Reagan, non è la creazione di ricchezza fine a se stessa o per una sola parte della popolazione. Il suo fine è l'aumento della ricchezza per favorire una maggiore giustizia sociale.

Il 29 maggio dello scorso anno, la sera più nera nella storia del calcio, 39 persone perdono la vita allo stadio Heysel di Bruxelles. Sono la quasi totalità tifosi italiani, aggrediti poco prima dell'inizio della finale della coppa dei campioni tra Juventus e Liverpool dai tifosi della squadra inglese. Gli assassini, ubriachi già prima di entrare nello stadio, provengono tutti da una delle zone più depresse della già di per sé depressa economia del Regno Unito. L'Economist li definì allora i «pronipoti di Oliver Twist».

Vale a dire discendenti di quella Inghilterra povera ed ignorante che Dickens descriveva già alla metà del secolo scorso. Ma una spiegazione del genere non è soddisfacente.

Se quel gruppo di violenti avesse avuto un futuro non così incerto come invece è quello di buona parte della gioventù di Liverpool e del Merseyside, probabilmente quella strage non sarebbe avvenuta.

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