La testimonianza della pace: quando il sogno di un uomo è il sogno dell'uomo
«Vi dico, amici, che sebbene siano di fronte a noi le difficoltà di oggi e di domani, io ho ancora un sogno. Si tratta di un sogno che ha le sue profonde radici nel sogno americano. Il mio sogno è che un giorno questa nazione cresca e viva secondo il vero significato della affermazione: "queste verità noi le riteniamo di per sé evidenti: tutti gli uomini sono stati creati l'uno uguale all'altro". Il mio sogno è che un giorno sulle rosse colline della Georgia i figli degli antichi schiavi ed i figli degli antichi padroni siano capaci di sedere insieme al tavolo della fratellanza.
Il mio sogno è che un giorno anche lo stato del Mississippi, uno stato che soffre sotto la cappa dell'ingiustizia e dell'oppressione, si trasformi in un'oasi di libertà e giustizia. Il mio sogno è che i miei quattro bambini vivano un giorno in una nazione dove non saranno giudicati dal colore della pelle, ma dalle loro qualità.
Io ho un sogno. Il mio sogno è che un giorno in Alabama – con i suoi razzisti, con il suo governatore dalla bocca piena di parole come divieto ed annullamento, proprio in Alabama i bambini e le bambine negre possano prendersi per mano con i bambini e le bambine bianche come fratelli e sorelle.
lo ho un sogno. Ed il mio sogno è che un giorno "si riempiano le valli e si abbassino le montagne. Che le asperità vengano appianate" e "la gloria del Signore si riveli".
Questa è la nostra speranza.
Ma c'è qualcosa che io devo dire alla mia gente. Nel processo di appropiazione dei nostri pieni diritti non ci dobbiamo rendere colpevoli di atti ingiusti. Non cerchiamo di soddisfare la nostra sete di libertà bevendo dalla coppa della amarezza e dell'odio.
Il nostro dovere è di condurre sempre la nostra lotta sul piano della dignità e della disciplina. Non dobbiamo permettere che la nostra protesta creativa degeneri in violenza fisica.
Sempre di più dobbiamo salire le alte montagne dell'opporre la forza morale alla forza fisica(...). Per molti dei nostri fratelli bianchi, come sta a testimoniare la loro presenza oggi in questo luogo, è giunto il momento di capire che il loro destino è legato al nostro. E che la loro libertà è indissolubilmente legata alla nostra. Noi non possiamo marciare da soli. E mentre parliamo, dobbiamo promettere che continueremo a marciare. Noi non possiamo tornare indietro».
Dal discorso pronunciato da Martin Luther King
il 28 agosto 1963
sulla scalinata del Lincoln Memorial a Washington
di fronte ad una folla di 250.000 persone
«La non violenza è la legge degli uomini. La violenza è la legge dei bruti.
Il mio amore non è esclusivo. Non posso amare i musulmani o gli indù, ed odiare gli inglesi.
Quando sento cantare "Gloria a Dio e pace sulla terra" mi domando dove oggi sia resa gloria a Dio e dove sia la pace sulla terra. Finché la pace sarà una fame insaziata e finché non avremo sradicato dalla nostra civiltà la violenza, il Cristo non sarà mai nato»
Mohandas Ghandi
Quando si parla di pace, e della lotta per essa, più che spendere tante parole occorre riflettere meglio su quello che è già stato detto.
Il nostro è il secolo in cui la pace è stata negata in maggiore misura rispetto agli altri. Ma anche quello in cui essa è stata maggiormente al centro delle speranze dell'uomo.
Il nostro è il secolo di Hitler, Stalin, Poi Pot. Ma è anche il secolo di Ghandi, di Martin Luther King, di Giovanni XXIII.
La pace e la non violenza sono «cose antiche come le montagne».




















































