Dal 1945 ad oggi, l'uomo ha vissuto nella cosiddetta "era atomica", un periodo in cui, per la prima volta nella storia, le armi avrebbero potuto essere strumento di eliminazione dell'umanità in quanto specie, determinando la distruzione dell'intero pianeta.
Un gigantesco arsenale, una polveriera di tensioni, un vasto raggio di problemi che, ancor oggi, minacciano le condizioni di vivibilità della terra, ma che hanno trovato anche nuove speranze di pace. La politica, ancora una volta, è stata la grande protagonista: ha visto sì la diffusione di innumerevoli conflitti locali e regionali ma ha anche lavorato duramente negli spazi del dialogo, della mediazione, della trattativa per scongiurare, senza rinunziare ai principi della democrazia e dello sviluppo, l'olocausto nucleare.
E allora, mentre l'Europa si appresta a vivere una nuova esaltante stagione, a cui questa Festa dei giovani dc è dedicata, vediamo di ripercorrere a grandi falcate la storia a corrente alternata della tensione/distensione fra i due grandi blocchi politico-militari dell'Est e dell'Ovest di cui tutti, oggi, auspicano il superamento per una nuova stagione del governo mondiale dei problemi di questa epoca.
Gli anni della guerra fredda
Il periodo 1945-57 è caratterizzato dalla supremazia americana dell'arma atomica, il quadriennio 45-49 addirittura dal suo monopolio assoluto.
Dalla prima esplosione sperimentale ad Alamogordo, il 16 luglio 1945, e dopo Hiroshima, gli americani si dotarono di un arsenale atomico portato dai bombardieri B 29 ed esplicitamente destinato a contrastare le eventuali espansioni sovietiche in Europa ed Asia.
La dottrina strategica che ispirò l' amministrazione americana fu la cosiddetta "dottrina Truman" del confronto militare con I'Urss, che succedeva a quella del "negoziato" praticata da Roosevelt a Yalta. La dottrina Truman ebbe il suo completamento nella teoria del "roll back" del segretario di Stato Poster Dulles, orientato a respingere il comunismo ovunque esso avanzasse.
In questo periodo gli americani minacciarono l'uso delle armi atomiche durante il blocco di Berlino del 1948, e poco mancò che due anni dopo, Truman, frustrato per i continui insuccessi nella guerriglia di Corea, risolvesse la guerra con le bombe nucleari.
Nel 1952 avvenne il primo esperimento con le bombe ad idrogeno (bombe H).Il passaggio dalla fissione nucleare alla fusione, da un lato permise un incremento di potenza misurabile non più in kiloton, ma in megaton (1 milione di tonnellate di tritolo), dall'altra conferì alle bombe maggior leggerezza e praticità, rendendo possibile così la creazione di armi nucleari di uso tattico e non solo strategico. Nuove minacce di uso atomico avvennero durante la crisi di Suez nel 1956 da parte dell'Urss, in caso di intervento americano a fianco di Gran Bretagna e Francia.
Il 1957 segna l'inizio della corsa al riarmo: il 4 ottobre, i sovietici avevano lanciato nello spazio lo Sputnik, il primo satellite artificiale, un corpo di 83 chili, dimostrando agli Usa di avere razzi intercontinentali in grado di portare pesi considerevoli dall'U rss verso qualsiasi parte del globo e rivoluzionando così il sistema di trasporto delle testate nucleari, fino ad allora fondato sulle bombe caricate su caccia-bombardieri.
L'opinione pubblica americana fu scioccata: il "missile gap" spinse Eisenhower prima, Kennedy poi, a colmare il ritardo tecnologico.L'Unione Sovietica adottava una teoria simile al "roll back" quella del "deterrente minimoz" in base alla quale avrebbe contrastato in modo nucleare le "guerre imperialiste".
Le relazioni internazionali conobbero il loro momento peggiore: minacce nucleari avvennero nella crisi degli stretti di Formosa nel '58, nella crisi di Berlino del '59, e nella crisi di Cuba del '62. La crisi dei 6 giorni di Cuba è stato finora l'unico caso in cui le superpotenze hanno minacciato l'uso atomico l'una contro l'altra in modo diretto.
Gli anni sessanta
Cuba fu anche il momento in cui Usa ed Urss compresero l'assurdità delle dottrine fondate sulla superiorità nucleare e sul principio che qualsiasi guerra, anche locale, si sarebbe inevitabilmente trasformata in guerra nucleare totale.
Venne così istituita nel 1963 la "red line", il telefono Mosca-Washington, usato per la prima volta nella "guerra dei 6 giorni" arabo-israeliana, quattro anni più tardi; venne siglato, sempre nel '63, il Trattato per la Proibizione degli Esperimenti nucleari nell'atmosfera e sott'acqua, cui però non aderirono Francia e Cina, lanciate sulla strada dell'autonomia atomica.
Gli anni 60 sono gli anni del matrimonio fra missili balistici e testate termonucleari che rendono sempre più inestricabile il problema dell'intercettazione difensiva: nasce in quegli anni, ad opera di Robert Mac Namara, la teoria "folle" (questo il significato inglese della sigla) del MAD (Mutua Distruzione Assicurata): per le superpotenze era cioè legittimo sviluppare una potenza nucleare in grado di devastare l'avversario, poiché questo avrebbe costituito un deterrente -1 'equilibrio del terrore – dal fame un primo uso, un primo colpo "first strike" – pena la distruzione per rappresaglia.
La sensazione di alcuni alleati di essere scoperti, sguarniti, da un'ipotesi che rendeva improbabile la distruzione del pianeta per un intervento americano a difesa di una guerra tutta europea alimentò progetti singoli come la "force de dissuasi on" francese, il piccolo arsenale atomico che avrebbe portato a miti consigli ogni proposito di invadere la Germania da Est.
Nel 1967, veniva mutata ancora la dottrina d'uso dell'atomo; nasceva la "risposta flessibile", la reazione cioè graduale, con un arsenale molto versatile, al tipo di attacco subìto, convenzionale, nucleare locale, nucleare globale.
Questa dottrina, a prima vista più pacifica e realista, nascondeva un'insidia: apriva la possibilità di guerre nucleari limitate, "accettabili", magari sul piano europeo, rendeva la guerra "vincibile". Si sviluppò così la progettazione di vettori a gittata intermedia, con cariche nucleari intermedie, ma dotate di grandissima precisione.
La trojka Breznev, Kossighyn, Podgorny accettava di buon grado la nuova dottrina ribattezzandola della "flessibilità prudente".
Gli ultimi due buoni risultati degli anni 60 furono il Trattato dello Spazio Esterno che proibiva la militarizzazione dello spazio extra-atmosferico ed il Trattato di Non Proliferazione del 5 agosto 68.
Quest'ultimo è stato ad oggi ratificato da 110 Stati, ma mancano ancora all'appello Egitto, Libia, Israele, Iraq, India, Pakistan, Brasile che, in virtù del delicato contesto
geopolitico in cui si trovano hanno voluto riservarsi l'eventualità di una opzione nu-cleare. Le recenti vicende irakene del super-cannone di Saddam Hussein ci insegnano purtroppo qualcosa.
Il decennio dei Salt
È del 1972 il primo accordo Usa-Urss sulle armi nucleari, il primo passo per il controllo dell'escalation: videro la luce il Salt 1 ed il trattato ABM sulle armi difensive. Mentre il secondo aveva durata illimitata, il primo era sottoposto a verifiche quinquennali, ribadendo così la volontà di proseguire il negoziato.
E puntualmente questo avvenne con l'inizio del negoziato del Salt 2; ma molti ostacoli stavano arrivando. Approfittando della debolezza interna di Nixon dopo lo scandalo Watergate e della confusione internazionale originata dalla guerra arabo-israeliana del Kippur e delle turbolenze del mercato del petrolio, l'Urss si gettò su una nuova strada che rischiava di mettere in crisi la dottrina MAD: la "mirvizzazione" dei missili. Avendo il Salt 1 stabilito un numero massimo di vettori, di missili da installare, era sufficiente in fondo – ed era l'uovo di Colombo – per violare il trattato – creare dei missili con un vettore-autobus che portasse contemporaneamente più testate le quali, al momento opportuno, si sarebbero sganciate per raggiungere indipendentemente i loro obiettivi.
Se un missile MIRV porta 10 testate, rispettando i limiti stabiliti dal Salt 1, si poteva avere un arsenale 10 volte superiore ali'avversario, rendendo possibile un primo colpo che distruggesse completamente il nemico.
Molte altre erano le zone grigie del trattato su cui vi fu discussione e polemica e questo spiega il clima di freddezza ed antipatia che circondò la nascita del Salt 2, il trattato negoziato per sette anni da tre diversi presidenti e firmato nel 79 fra Carter e Breznev.
Scriveva Kissinger a proposito della crisi della distensione "in 4 anni, abbiamo avuto truppe cubane in Angola, truppe cubane in Etiopia, due invasioni dello Zaire, un colpo di stato comunista in Afghanistan, un altro golpe co
munista nello Yemen meridionale, l'occupazione vietnamita della Cambogia, tutti attuati con armi sovietiche, con incorggiamento sovietico, con la protezione del veto sovietico al Consiglio di Sicurezza dell'ONU".
Il Salt 2 definisce, in un documento di mostruosa complessità, la parità più perfetta possibile fra i due arsenali, li confronta, li classifica, li soppesa; è ricco di memorandum, appendici, trattati paralleli fra i quali quelli sulle armi anti-sarellite, sulle forze convenzionali, sugli esperimenti nucleari, sui missili da crociera, la seconda grande novità tecnologica degli anni '70.
I missili da crociera, sulla base dei principi fisici già utilizzato per le V 1 tedesche della seconda guerra mondiale, non sono missili balistici (non hanno cioè una spinta propulsiva iniziale a cui segue la normale traiettoria impressa dalle leggi della balistica che li porta fuori dall'atmosfera e li fa ricadere in un secondo momento con un tipico tracciato a parabola) ma missili che, grazie ad un motore turboventilato, volano a 20-30 metri dal suolo seguendo una mappa memorizzata dei rilievi altimetrici alla velocità di 2500 km/h per circa 6-700 km di percorso; si tratta di ordigni, come si può immaginare, precisissimi e non intercettabili dai radar.
Per chiudere sul Salt 2, questo trattato, pur operante, non venne mai ratificato dal Congresso americano e dal Soviet russo, sia per motivi squisitamente interni, ma anche per fattori internazionali che caratterizzarono l'inizio del decennio successivo e la lenta agonia del breznevismo.
La crisi della distensione
Non c'è dubbio che la fine degli anni '70 venne marcata da due eventi significativi: la crisi iraniana con la caduta dello Scià e la cattura degli ostaggi americani e l'invasione dell'Afghanistan.
Si chiudeva negli Usa un ciclo "democratico" caratterizzato dalla presidenza Carter, tutta attenta al tema dei diritti umani nel mondo e dei servizi sociali al- 1'interno degli Usa, m11 poco adatta alla "confrontation" col peggior breznevismo, e si aprivano gli anni della stagione reaganiana.
Sull'altro fronte, per la prima volta, l'Unione Sovietica oltrepassava i limiti nefasti della dottrina della "sovranità limitata" già sperimentata in Ungheria e Cecoslovacchia, ed invadeva un Paese esterno al Patto di Varsavia vicino alle fonti petrolifere del Medio Oriente. Di lì a 12 mesi, l'Urss avrebbe anche "normalizzato" la Polonia.
Schiacciati fra i due poli, crescevano anche le inquietudini dei partners europei, preoccupati che il Salt 2 creasse un rapporto bipolare vincolante fra le superpotenze çhe salvaguardava i due territori ma abbandonava alle scorribande sovietiche il continente europeo per il quale, difficilmente, gli Usa avrebbero rischiato un conflitto nucleare. Per vincere lo stallo, gli alleati e gli Usa concordarono un piano di modernizzazione degli euromissili che avrebbe consentito di controbilanciare lo strapotere degli SS20 sovietici già dispiegati contro le capitali europee.
È un passaggio che va ricordato, poiché proprio qualche anno dopo, la protesta pacifista avrebbe reso difficoltosa l'installazione di quegli euromissili – sottolineiamolo ancora una volta – richiesti proprio dagli Stati europei.
La decisione di Carter del 12 dicembre 1979 avviò dunque il processo richiesto di modrnizzazione degli arsenali a medio raggio, 572 missili di cui 108 balistici Pershing e 464 missili da crociera Tomahawk 2.
Nonostante i problemi connessi alla ratifica del Salt 2, americani e sovietici ripresero a Ginevra il negoziato, stavolta su due tavoli separati: i negoziati Inf sugli euromissili, gli Start sulle armi strategiche. Mentre i negoziati Start ristagnavano (ed ancor oggi, proprio sulle armi strategiche si incontrano le maggiori difficoltà), i negoziati Inf ebbero un grande seguito da parte dell'opinione pubblica europea: dal 30 novembre 1981 al 23 novembre 1983, sovietici ed americani si incontrarono in sei sessioni di trattative.
Se da parte americana si propose la cosiddetta "opzione 0", cioè la rinuncia agli euromissili occidentali contro lo smantellamento degli SS20 già dispiegati, da parte sovietica si controbatteva con livelli di riduzione graduale che avrebbero congelato lo squilibrio esistente fra i due blocchi, lasciando gli europei insoddisfatti e sotto minaccia. Nel frattempo il movimento pacifista conobbe il suo momento di massimo sviluppo con le massicce proteste nelle capitali durante la visita in Europa di Reagan nel maggio 82.
Solo nella terza sessione si ebbe la sensazione di un accordo "storico" quando Ni tze e Kvitsinski, in un colloquio informale passato alla cronaca come "passeggiata nel bosco" concordarono livelli di riduzione drastici che lasciavano i due blocchi in perfetta parità; al rientro in patria, le proposte dei due negoziatori venivano seccamente respinte dai due rispettivi governi.
Il 15 novembre i primi missili da crociera arrivarono alla base di Greenham Common in Inghilterra; il 22 dello stesso mese, il Bunderstag tedesco approvava l'installazione dei Pershing 2 in Germania; il 23 i sovietici interrompevano le trattative, mentre a Gmund i primi 9 Pershing divenivano operativi.
Le guerre stellari
"Chiedo alle comunità scientifiche di tutto il mondo che hanno creato le armi nucleari di volgere le loro intelligenze alla creazione di qualcosa che le renda ora inutili ed obsolete". Con questa parole Ronald Reagan, il 23 marzo 1983, lanciava l'Iniziativa di Difesa Strategica, altrimenti nota come progetto delle "guerre stellari".
Dopo venti secoli, veniva ripreso il principio usato da Archimede nell'assedio di Siracusa dell'uso degli specchi ustori. Se allora si trattava con uno specchio di riflettere i raggi del sole fino a bruciare le vele nemiche, l'amministrazione americana intendeva utilizzare raggi laser ad alta energia sparati da terra e riflessi ed orientati in grandi specchi orbitanti attorno alla terra per bruciare i missili sovietici ancora nei loro silos o nella traiettoria iniziale.
Un progetto ciclopico dunque: 26 miliardi di dollari di ricerca scientifica stanziati in 5 anni, l'inizio di un tentativo di creare una nuova dottrina contrapposta al MAD, la dottrina MAS (Mutua sopravvivenza assicurata) schematizzata dal motto "non è meglio salvare delle vite che vendicare dei morti?"
Inutile dire oggi cosa sia rimasto di quel progetto. I grandi finanziamenti hanno accelerato potentemente la ricerca nei campi dell'ottica e delle nuove energie, ma del mirabolante meccanismo proposto allora non è rimasto niente.
Del resto troppi erano i "buchi" che il progetto lasciava: la possibilità teorica di funzionamento era del 90% (ed il I 0% dei missili scampati era sufficiente a distruggere il pianeta); lo scudo non intercettava i missili da crociera; i laser erano aggirabili con semplici accorgimenti come il far ruotare il missile su se stesso per non esporre mai lo stesso punto alla combustione.
Fatto sta che la corsa agli investimenti era troppo cara per il Cremlino, avviato sulla nuova strada tracciata da Gorbaciov; troppo forti erano le reazioni internazionali per un progetto che sacrificava somme strabilianti alla ricerca militare ultrasofisticata mentre 2/3 del pianeta aveva ed ha problemi di sopravvivenza.
Delle "guerre stellari" non parla più nessuno ed anche l'equilibrio del terrore sembr aver lasciato il campo alla politica del "condominio" fra le due superpotenze. Ma di Gorbaciov e dei secondi entusiasmanti anni 80, parliamo in un altra parte di questo catalogo.
La cronaca di 40 anni di negoziato teso ed aspro serviva a comprendere le difficoltà dei processi politici e la portata dei risultati raggiunti, nella consapevolezza che molto resta da fare ma anche che giusta era la posizione dei giovani dc quando, fra il realismo del riarmo ad oltranza e l'ingenuità del disarmo unilaterale avevano scelto la strada del negoziato, del confronto delle opinioni, della pazienza della storia che, come è stato dimostrato, ci ha fatto raggiungere risultati allora insperati.
Gli strumenti militari dei due blocchi politici
NATO
Il Trattato Nord-Atlantico di cui la NATO costituisce la struttura organizzativa è stato firmato a Washington il 4 aprile 1949 a seguito di una iniziativa congiunta di Paesi europei, Stati Uniti e Canada. Essa ha avuto indubbiamente origine dal timore di un nuovo ricorso alla forza in Europa in condizioni analoghe a quelle del colpo di Stato comunista a Praga nel 1948 e al blocco di Berlino del 1948-49.
La Nato è soggetta alla autorità politica dei governi dei Paesi membri, tutti rappresentati nel Consiglio Atlantico; nessuna forza militare può essere dislocata nel territorio di un altro Paese membro senza il suo consenso.
L'autorità militare più elevata è il Comitato Militare composto dai Capi di Stato maggiore dei Paesi membri che eleggono un Presidente.
Il meccanismo che fa scattare la solidarietà fra i membri dell'alleanza è disciplinato dall'art.5 del Trattato che dice fra l'altro: "...un attacco armato contro una o più di esse...sarà considerato quale attacco diretto contro tutte le parti se tale attacco dovesse verificarsi, ognuna di esse,
nell'esercizio del diritto di legittima difesa individuale o collettiva riconosciuto dall'art.51 dello Statuto delle Nazioni Unite, assisterà la parte o le parti così attaccate, intraprendendo immediatamente, individualmente e di concerto con le altre parti, l'azione che giudicherà necessaria, ivi compreso l'uso della forza armata".
Patto di Varsavia
Il Patto di Varsavia trae origine da una conferenza dei dirigenti del blocco comunista indetta nel dicembre 1954 dall'Urss.
L'11 maggio 1955 (sei giorni dopo l'accesso all'Alleanza Atlantica della Repubblica Federale di Germania) l'Urss organizzava a Varsavia una Conferenza. 3 giorni dopo veniva firmato il Patto.
Non è vetero anti-comunismo affermare che il PdV ha rappresentato lo strumento che l 'Urss ha creato per collocare le forze armate dei Paesi firmatari sotto il proprio controllo.
Ed infatti, in virtù degli accordi bilaterali che legano i contraenti, truppe sovietiche hanno stazionato nei Paesi chiave dell'Alleanza, gli organi politici del Patto hanno raramente funzionato mentre quelli militari sono sempre stati presieduti da sovietici.
Anche militarmente, mentre il carico della Nato è distribuito abbastanza equamente fra Stati Uniti ed alleati, il Patto di Varsavia vede una forte preponderanza delle truppe sovietiche su quelle alleate.
Non va certo ricordato che il Patto di Varsavia è stato utilizzato come ombrello giustificativo dall 'Urss per rispondere a presunti "attacchi controrivoluzionari" e per invadere conseguentemente, in base alla dottrina della "sovranità limitata" l'Ungheria nel '56 e la Cecoslovacchia nel '68.
La diversa natura delle due alleanze si riscontra, fra l'altro, nella storia stessa delle due organizzazioni: mentre la Nato non è mai stata soggetta a fenomeni di disgregazione, poiché forte era la motivazione politica che ne costituiva il fondamento, ed ha sviluppato nel corso degli anni numerosi programmi e progetti di cooperazione tecnologica, sviluppo economico e ricerca scientifica, il Patto di Varsavia ha subìto nel corso dell'ultimo anno un fenomeno rapidissimo di disgregazione politica man mano che i governi post-comunisti non riconoscevano più la legittimità delle motivazioni originarie del Patto.
Nel nuovo clima di cordialità e collaborazione che caratterizza i rapporti fra le due superpotenze, va sottolineato come i Paesi occidentali non abbiano mai sollecitato o incoraggiato processi di frammentazione del Patto di Varsavia, ma anzi, consapevoli della necessità di mantenere alta la fiducia fra i partners, abbiano addirittura invitato, per voce del Segretario Generale della Nato Manfred Woerner, il leader sovietico Gorbaciov al prossimo Consiglio Atlantico.
Le due organizzazioni militari sono dunque soggette a profondi cambiamenti in futuro: sembra profilarsi una lenta eutanasia del Patto di Varsavia ed una profonda modifica della Nato che potrebbe, in un futuro non prossimo ma sempre ragionevolmente lontano, divenire anche organismo internazionale di sicurezza di tutta la "nuova" Europa.
















































